Italia al 3° posto mondiale per business tourism ma Sud e Sicilia lo snobbano - QdS

Italia al 3° posto mondiale per business tourism ma Sud e Sicilia lo snobbano

Vincenza Grimaudo

Italia al 3° posto mondiale per business tourism ma Sud e Sicilia lo snobbano

giovedì 01 Giugno 2023

Un giro d’affari in continua crescita che a livello nazionale, nel 2022, ha già superato i sei miliardi di euro. L’assessore al Turismo Elvira Amata illustra le strategie per potenziare il comparto

ROMA – L’Italia cresce con il suo turismo congressuale e legato agli affari. A trascinare il tricolore nelle classifiche mondiali degli Stati che puntano forte anche su questo segmento sono soprattutto Roma e Milano, appollaiate al 14° e 18° posto con 79 e 66 meeting rispettivamente nella classifica mondiale.

Una posizione più che onorevole che trascina forte l’intero Paese e che quindi in qualche modo potrebbe in realtà “drogare”, o camuffare, una statistica che non vede omogeneamente tutta l’Italia spingere sull’acceleratore. Insomma, anche in questo caso si può parlare di una nazione a due, forse anche tre, velocità.

Occorre infatti considerare che Roma e Milano da sole hanno fatto insieme nel 2022 ben 145 meeting sul totale di 9.022 organizzati in presenza, sulla base dei dati resi noti dall’Enit, l’Agenzia nazionale del turismo, che ha elaborato il rapporto dell’Icca, l’International congress and convention association. Queste due città hanno quindi sommato assieme quasi il 27,8 per cento del totale dei congressi organizzati in Italia.

Al di là di queste analisi, in un mondo che ha ripreso gli incontri in presenza con assoluta convinzione, dopo lo stop necessario a causa della pandemia da Covid 19, moltissimi hanno scelto l’Italia per trascorre qualche giorno di svago e lavoro insieme. Prima della penisola, gli Stati Uniti d’America, con 690 incontri, e la Spagna, con 528 meeting. A livello italiano, le altre città che entrano in classifica sono Bologna, con 45 incontri, e Firenze, con 31 meeting. Poi ancora Torino, con 28 incontri nel 2022, Napoli con 27 e Padova e Venezia con 19 eventi ciascuna.

Per quanto il totale sia incoraggiante, lo ripetiamo, la situazione italiana si presenta come estremamente disomogenea e concentrata in pochi grandi centri, mentre la Penisola è disseminata di realtà che potrebbero buttarsi nel settore in maniera soddisfacente. Soprattutto in questo momento di ripresa, considerato che, sempre stando ai dati Icca elaborati dall’Enit, circa l’85% dei meeting si sono svolti in presenza, 9.000 su un totale di oltre 10.500.

Inoltre, dopo la battuta d’arresto dovuta al Covid 19, il numero di viaggiatori internazionali in Italia per motivi di lavoro ha registrato una ripresa già nel 2021 sul 2020 (+17,4%) per poi proseguire nel 2022 con una crescita del 23,6% in più sull’anno precedente. Anche se i risultati sono ancora inferiori al 2019 di circa il 14,%, in totale, quasi 14 milioni di turisti business provenienti dall’estero sono arrivati in Italia, con 45,6 milioni di pernottamenti, e una spesa totale di 4,3 miliardi di euro nel 2021 e 6,4 miliardi di euro nel 2022, superando gli introiti pre-pandemia del 10,4%.

“I dati sulla ripresa dei viaggi d’affari sono un’ottima notizia – ha detto il ministro del Turismo Daniela Santanchè – perché oltre a far bene all’economia hanno un impatto positivo sull’ambiente e supportano il comparto a favorire strategie di destagionalizzazione dei flussi turistici portando anche benefici per le economie locali”.

Non si tratta solo di lavoro, infatti, ma di tempo, anche nei soggiorni di breve durata in cui è possibile far conoscere meglio i territori, i prodotti tipici e le tradizioni, regalando all’ospite business un’esperienza di quello che è conosciuto come Made in Italy. Un settore tutto da sfruttare, visto che, secondo le previsioni di Euromonitor, la spesa mondiale dei viaggiatori per lavoro, ma che non disdegnano di aggiungere svago e cultura, stimata in 200 miliardi di dollari nel 2022, dovrebbe arrivare entro il 2027 a circa 360 miliardi di dollari.

Trovare e rendere disponibili la giusta combinazione di strutture adatte agli incontri di lavoro e l’organizzazione di fiere in luoghi che permettano anche di svagarsi, vivere l’atmosfera italiana, fatta di vini, cibo e cultura, è una sfida per il futuro che deve essere raccolta anche da centri che non siano quelli canonici, come Roma e Milano. In tal modo, da un lato le aziende possono rendere i propri dipendenti più soddisfatti e creare fedeltà al posto di lavoro; dall’altro, per i dipendenti, i viaggi combinati risultano più convenienti perché in parte pagati dall’azienda e permettono di investire i propri fondi nella destinazione, apportando, così, maggiori introiti all’economia locale.

L’assessore Elvira Amata: “Può essere un volano per lo sviluppo della nostra Isola”

PALERMO – La Sicilia delude, continua inesorabilmente a deludere. Non solo in generale sul turismo, dove l’impressione è che anche quando si cresce comunque non lo si fa proporzionalmente alle proprie potenzialità. Ancora peggio si fa sotto l’aspetto del business tourism, dove non si sono mai visti neanche dei piccoli passettini in avanti.

L’indagine dell’Enit su dati Icca non è altro che l’ennesima conferma di un fallimento su tutta la linea. I numeri sono davvero irrisori per la Sicilia. Con appena nove meeting organizzati a testa tra Palermo e Catania, uniche province presenti in graduatoria nel ranking mondiale. Parliamo quindi di un “peso” del turismo congressuale di appena lo 0,001%, in pratica inesistente. E chiaramente non può andare meglio prendendo il solo ranking europeo, in cui dove la Sicilia occupa appena il 123° posto. Anche qui il peso è dello 0,0015%.

Verrebbe da dire storie di ordinarie delusioni per l’Isola, ma uno spiraglio ci pensa ad aprirlo l’assessore regionale al Turismo Elvira Amata, che in esclusiva al QdS annuncia che proprio su questo comparto il Governo retto da Renato Schifani ha lavorato proprio in questi giorni: “Stiamo proprio spingendo la nostra azione politica in questo ambito” conferma.

“Nei giorni scorsi – ha aggiunto Amata – andando ad aggiornare il Piano triennale del turismo, abbiamo incrementato questo segmento del turismo congressuale. Lo riteniamo un ambito che può diventare un volano per la Sicilia e per il turismo in Sicilia. C’è un mercato in cui bisogna entrare a gamba tesa e ne siamo consapevoli. È chiaro che bisogna intanto fare un monitoraggio rispetto alle strutture che ci sono nell’Isola e che hanno la possibilità di organizzare un meeting o un congresso. Questo perché chiaramente quando si parla di congressi ci vogliono spazi abbastanza grandi e adeguati. Quindi volevamo vedere anzitutto che possibilità ci sono per poter avviare questa azione di potenziamento”.

Bisogna però anche capire se ci sono le condizioni. Perché turismo congressuale vuol dire anche avere delle strutture ricettive in numero adeguato e anche di un certo livello. Almeno da tre stelle in sù. Da qui il già citato lavoro di ricognizione: “Chiaramente – sottolinea Amata – dobbiamo capire che ricettività alberghiera abbiamo per questo ambito e, nell’ottica della crescita, verificare anche le volontà degli imprenditori del settore di investire per ristrutturare e ampliare. Perché è innegabile che i dati oggi non ci danno quella ricaduta che invece si potrebbe avere, perché le potenzialità la Sicilia le ha. Quindi abbiamo pensato di fare questo monitoraggio per capire quante strutture ci sono”.

Ma già si pensa ai prossimi passi. “Poi sarà necessaria – spiega ancora l’assessore regionale al Turismo – un’azione di marketing e di comunicazione. Vogliamo implementare in questo senso, con un’analisi dello specifico settore quanto più analitica possibile, per rendere gli obiettivi della crescita più concreta, più realmente fattivi. Ecco perché abbiamo inserito questa specifica voce del turismo congressuale nel Piano triennale”.

Storicamente questo segmento è stato sempre molto marginale in Sicilia e questa volta il Covid e gli effetti dell’emergenza sanitaria non c’entrano nulla. Secondo i dati raccolti dall’Oice, l’Osservatorio italiano dei congressi e degli eventi, realizzato da Aseri (Alta scuola di economia e relazioni Internazionali) e promosso da Federcongressi&eventi, già prima della pandemia da Covid-19 la percentuale sia di sedi che di eventi in Sicilia era bassa, troppo bassa rispetto a ciò che potenzialmente il territorio può offrire. Si parla, infatti, rispetto al totale italiano, secondo i dati relativi al 2019, quindi in epoca pre Covid, di appena l’8,2% delle sedi nelle due isole maggiori (quindi Sicilia e Sardegna, ndr), e di appena il 6,6% degli eventi. Una percentuale irrisoria, se si pensa, invece, che ben il 52,9% delle sedi si trovava nelle regioni del Nord Italia, in cui si è invece tenuto il 57,6% degli eventi.

Tag:

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017