Migranti, l'inferno dei campi in Libia, tre fermi a Messina. Patronaggio, "crimini contro l'Umanità" - QdS

Migranti, l’inferno dei campi in Libia, tre fermi a Messina. Patronaggio, “crimini contro l’Umanità”

redazione

Migranti, l’inferno dei campi in Libia, tre fermi a Messina. Patronaggio, “crimini contro l’Umanità”

lunedì 16 Settembre 2019

Il procuratore di Agrigento, "Agire, anche a livello internazionale, per la tutela dei più elementari diritti umani". Il racconto delle vittime: nel campo condizioni di vita terribili. Chi non pagava il riscatto veniva assassinato o venduto. Tutte le donne del campo ripetutamente violentate e gli uomini torturati con la corrente elettrica

La Dda di Palermo ha disposto il fermo, nell’hot-spot di Messina, di tre persone accusate di sequestro di persona, tratta di esseri umani e tortura, al termine di un’indagine avviata ad Agrigento dopo lo sbarco a Lampedusa di un gruppo di migranti e poi è stata trasmessa alla Dda di Palermo poiché gli indagati erano accusati anche di associazione a delinquere finalizzato alla tratta su cui indagano le procure distrettuali.

Accusati due egiziani e un guineano

Il fermo delle tre persone – Mohammed Condè, detto Suarez, originario della Guinea, di 27 anni, e gli egiziani Hameda Ahmed e Mahmoud Ashuia, di 26 e 24 anni – è stato eseguito dalla Squadra Mobile di Agrigento.

I tre sono accusati di associazione a delinquere finalizzata alla tratta di persone, alla violenza sessuale, alla tortura, all’omicidio e al sequestro di persona a scopo di estorsione.

Patronaggio, crimini contro l’Umanità, agire a livello internazionale

“L’indagine – ha detto il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio – ha dato la conferma delle inumane condizioni di vita all’interno dei capannoni di detenzione libici e la necessità di agire, anche a livello internazionale, per la tutela dei più elementari diritti umani e per la repressione di quei reati che, ogni giorno di più, si configurano come crimini contro l’Umanità”.

Il racconto delle vittime: torture e uccisioni

I tre fermati avrebbero trattenuto in un campo di prigionia libico decine di profughi pronti a partire per l’Italia.

I migranti hanno raccontato di essere stati torturati, picchiati e di aver visto morire compagni di prigionia.

I profughi che accusano i tre sono arrivati a Lampedusa il sette luglio scorso dopo essere stati soccorsi dalla nave della Ong Mediterranea. I fermati erano giunti in Italia qualche mese prima delle vittime.

Le vittime hanno riconosciuto i tre carcerieri dalle foto segnaletiche mostrate loro dalla polizia, che, dopo ogni sbarco, fa visionare ai profughi le immagini di migranti giunti in Italia in viaggi precedenti proprio alla ricerca di carcerieri o scafisti.

I tre gestivano un campo di prigionia per Ossama

I tre fermati gestivano per conto di una organizzazione criminale guidata da un tale Ossama – descritto come un uomo vestito con eleganti abiti civili e armato di pistole che vivrebbe tuttora in Libia -,un campo di prigionia a Zawyia, una ex base militare capace di contenere migliaia di persone, dove i profughi pronti a partire per l’Italia venivano tenuti sotto sequestro e rilasciati solo dopo il pagamento di un riscatto.

Condè aveva il compito di catturare, tenere prigionieri i profughi e chiedere ai familiari il riscatto. Solo dopo il pagamento le vittime potevano proseguire il loro viaggio.

Ahmed e Ashuia sarebbero gli altri due carcerieri: le vittime hanno raccontato anche di essere state torturate e malmenate da entrambi.

Nel campo condizioni di vita inumane e torture

“Le condizioni di vita – ha raccontato una delle vittime – erano inumane: ci davano da bere acqua di mare e, solo ogni tanto, del pane duro. Noi uomini venivamo picchiati e fotografati, per convincere i nostri parenti a pagare denaro in cambio della nostra liberazione. Ci davano un telefono per contattarli e dettare loro le modalità di pagamento”.

Era Condè a dare ai profughi il cellulare per chiamare a casa e chiedere il denaro. Solo chi pagava poteva mettersi in mare per raggiungere l’Italia.

Chi non pagava veniva ucciso o venduto

Chi non pagava veniva ucciso o venduto ad altri trafficanti di uomini e i testimoni hanno raccontato di aver assistito all’omicidio di decine di migranti.

“Durante la mia prigionia – ha raccontato uno dei testimoni – ho visto uccidere con colpi di pistola due migranti che avevano tentato di scappare”.

E chi non veniva ucciso moriva di stenti: “Ho visto – ha detto un’altra vittima – due fratelli della Guinea, morti delle ferite subite nel campo e mia sorella Nadege è morta lì per una malattia non curata lasciando due bambine di sette e dieci anni ancora detenute in Libia. Ho visto che molte donne venire violentate da Ossama e dai suoi seguaci”.

Tutte le donne del campo ripetutamente violentate

Le vittime hanno raccontato di essere state sottoposte ad atroci violenze fisiche o sessuali

“Tutte le donne che erano con noi – ha raccontato uno di loro – una volta alloggiate all’interno di un capannone venivano sistematicamente e ripetutamente violentate da due libici e tre nigeriani che gestivano la struttura. Eravamo chiusi a chiave”.

Gli uomini torturati con la corrente elettrica

“Tutti noi – ha raccontato un’altra vittima – eravamo divisi in gruppi per nazionalità e per sesso. Le donne erano messe tutte insieme, mentre noi uomini eravamo divisi per la nazione di appartenenza e tutti i giorni venivamo, a turno, picchiati brutalmente e torturati con la corrente dai nostri carcerieri”.

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