Abracadabra, voilà otto miliardi - QdS

Abracadabra, voilà otto miliardi

Carlo Alberto Tregua

Abracadabra, voilà otto miliardi

giovedì 24 Febbraio 2022

Governo, bollette e auto

Con un colpo di magia il Governo ha trovato, nelle pieghe del bilancio dello Stato, otto miliardi per finanziare l’acquisto di auto e soprattutto per abbassare gli oneri di vario genere sull’energia, in modo da attenuare gli aumenti dei prezzi finali dei consumi.
Un gesto positivo perché bisogna evitare che la materia prima, come l’energia, intacchi i conti economici delle industrie, degli artigiani e di altri, nonché le tasche dei consumatori.

La cosa più positiva in questo gesto governativo è il fatto che tale riduzione di entrate per circa sette miliardi relativa all’energia, da un canto, e l’aumento delle uscite per l’automotive per circa un miliardo, dall’altro, non è stata fatta aumentando il debito già enorme, bensì ricavandola dai capitoli del bilancio dello Stato, già approvato con la legge 234 del 31 dicembre 2021.
Tuttavia, dobbiamo precisare che non si tratta di un gioco di prestigio, ma di un’accorta manovra che gli esperti sanno fare stornando somme immobilizzate dai vari capitoli di spesa.


L’occasione è ghiotta per spendere qualche parola sulla politica economica del Governo, che ha già dichiarato, per bocca del suo ministro dell’Economia, Daniele Franco, che non intende più effettuare gli scostamenti, vale a dire non intende più firmare cambiali a carico delle future generazioni.
Nonostante ciò, ben operando all’interno del bilancio stesso, il Governo è in condizione di fare dei risparmi e quindi recuperare quei miliardi necessari per gli investimenti, che non possono essere supportati solo dal Pnrr. Vi è infatti il Fondo di sviluppo e coesione (Fsc) a carico dello Stato ed altri fondi come quelli per le Zes (Zone economiche speciali) per il Piano per il Sud ed altri che hanno bisogno di risorse.

Da quanto precede, si deduce con chiarezza che non c’è carenza di numerario, bensì carenza di competenze necessarie a redigere, realizzare ed eseguire progetti di varia natura. Fra questi, di primaria importanza sono quelli relativi alle infrastrutture, soprattutto al Sud, nonché gli altri necessari per le infrastrutture immateriali, come quelle delle reti digitali, dei software e di quant’altro serva a rendere progredita la nostra Repubblica.

I partiti che reggono questo Governo – tutti tranne Fratelli d’Italia – hanno cominciato la campagna elettorale dodici mesi prima delle elezioni del 2023 e perciò tendono trabocchetti anche ai loro colleghi della coalizione.
Siccome non possono farlo in seno al Consiglio dei ministri – dove tutti i componenti sono allineati e coperti, applaudono il Presidente del Consiglio e approvano all’unanimità – lo fanno nei meandri delle Commissioni parlamentari, facendo approvare emendamenti contrari ai disegni di legge approvati dallo stesso Consiglio dei ministri.

È un modo vile e puerile di comportarsi, tanto che anche a un uomo calmo e con un fermo controllo dei nervi come Mario Draghi, è saltata la mosca al naso e in modo freddo ha mandato l’aut aut a questi scorretti soggetti, dicendo con chiarezza che se non vengono rispettati i disegni di legge governativi in sede parlamentare, lui se ne andrà lasciandoli tutti in braghe di tela.
Draghi ha spiegato che terrà dritta al centro la barra della navigazione del Governo, senza indugi o falsificazioni.


La bagarre partitocratica c’è anche perché oltre un terzo degli attuali parlamentari (945) sa che non tornerà più in Parlamento, con la conseguente fine della ricca mangiatoia, e sa, dunque, che potrebbe tornare a fare il/la disoccupato/a com’era prima di essere eletto/a in Parlamento. Non è che gli altri due terzi siano più tranquilli perché uno spostamento dell’elettorato da quello del 4 marzo 2018 comporterà variazioni notevolissime a favore o a sfavore di questo o quel partito.

La conseguenza di questa situazione è che gli impegni assunti dai leader spesso non vengono rispettati dai “peones”, i quali pensano più alla loro casacca che non all’interesse generale.
In altri termini, Draghi costituisce un punto di riferimento ineludibile e insostituibile, per cui tutti costoro – di riffa o di raffa – dovranno rassegnarsi a seguire l’indirizzo governativo perché se dovessero continuare così, andrebbero dritti allo scioglimento immediato delle Camere, che a loro non conviene.

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