Aitho, la factory catanese “modello Olivetti” a caccia di talenti da trattenere o riportare in Sicilia - QdS

Aitho, la factory catanese “modello Olivetti” a caccia di talenti da trattenere o riportare in Sicilia

Antonio Leo

Aitho, la factory catanese “modello Olivetti” a caccia di talenti da trattenere o riportare in Sicilia

venerdì 21 Luglio 2023

L’azienda innovativa, che si sta affermando in Europa nel campo del “coding”, offre un bonus da tremila euro ai cervelli di rientro e punta sul benessere dei lavoratori

CATANIA – Tremila euro se torni in Sicilia. Altri tremila se segnali un talento che vive lontano dall’Isola. Non è un piano del Governo per contrastare lo spopolamento del Mezzogiorno o, vista da Sud, la cosiddetta fuga dei cervelli. È una delle mission di Aitho, la factory catanese guidata dai fratelli Pisasale che si sta affermando in Italia e in Europa nel campo del “coding”, ovvero lo sviluppo del codice che costituisce l’architettura di qualunque software. Una “sartoria digitale” di alta qualità dove tutto ruota intorno al bene più prezioso dell’azienda: il capitale umano. Lo sa bene Davide, 35 anni, il più piccolo dei fratelli, che intervistiamo per la seconda volta a sette anni di distanza da quell’estate 2016, quando, dopo un master in Business administration (Mba), aveva rinunciato a una favolosa assunzione negli Stati Uniti per inseguire il sogno di un’azienda capace di creare valore sul territorio siciliano. Ce l’ha fatta.

Davide Pisasale

Dalla terrazza panoramica, all’ultimo piano di un elegante palazzo che si affaccia sul mare, la vision dei Pisasale appare insolita alle nostre latitudini, abbacinante come la luce che copiosa arriva dalle vetrate con vista sul golfo di Catania. È qui il quartier generale di Aitho che brulica di giovani assunti prima ancora di finire la scuola o l’università. Sono loro il motore di un progetto partito da zero e che ha raggiunto nel giro di pochi anni un fatturato di 2 milioni e mezzo di euro con circa 50 dipendenti.

Aitho non vuole essere solo un’impresa “sostenibile”, che quindi raggiunge degli obiettivi per sottrazione (ad esempio, inquinando meno), ma intende andare oltre per diventare una realtà impattante in modo positivo nel luogo in cui opera. “Io mi definisco un olivettiano e l’azienda che abbiamo costituito con mio fratello Giambattista si muove nel solco dell’economia civile – ci spiega Davide -. Modelli di capitalismo tradizionale, come il taylorismo e il fordismo, basati su una crescita senza limiti, non sono più sostenibili. E non lo dico io, ma personalità come Larry Fink, il ceo di Black rock, il più grande fondo di investimenti al mondo: nel 2019, nella lettera annualmente inviata agli investitori, cominciò a parlare di ‘purpose’, ovvero dello scopo delle aziende che non può essere solo il profitto, e di grossi cambiamenti che avrebbero portato a forme di ‘capitalismo inclusivo’. Olivetti lo aveva già concretamente realizzato quasi un secolo prima”.

Tre i pilastri su cui si fonda la società e tutti mettono al centro le persone: retention (letteralmente ‘trattenere i lavoratori’), rientro dei talenti e sviluppo (che comprende anche la formazione, ovviamente) degli stessi. “Non basta dire assumi – continua Davide Pisasale -. Andiamo a prendere i ragazzi direttamente nelle università, nelle scuole e nelle coding school. Oltre il 95% del nostro personale viene da lì. Ne assumiamo circa due al mese, tutti a tempo indeterminato, e siamo sempre alla ricerca (soprattutto sviluppatori web, nda). Puntiamo molto sui rientri e per questo offriamo un bonus da 3 mila euro, oltre alla contrattazione classica, per chi decide di tornare in Sicilia. E altri 3 mila li destiniamo ai nostri dipendenti per ogni talento che ci suggeriscono e che viene assunto”. È questo l’impatto che Aitho vuole avere sul territorio: “Se vai prendere dei giovani che in questo momento non sono formati bene per accedere al mercato del lavoro, gli dai le competenze e li assumi, allora stai generando qualcosa di positivo nella società. Lo stesso si può dire se incentivi al rientro chi è dovuto andare via per mancanza di opportunità”.

Un impatto sociale che in questo caso coincide con il core-business dell’azienda. “Abbiamo dovuto lavorare tanto con i nostri clienti per fargli capire il valore che c’è dietro le nostre risorse: giovani che formiamo internamente. Questo modello diventa di business nel momento in cui il cliente lo paga. Oggi gran parte del nostro fatturato deriva dalla vendita dei team di sviluppatori che si dedicano a quel cliente. Una parte sono ‘junior’, giovani alle prime armi che impareranno sul campo il mestiere. Questi non li faccio pagare al cliente, sono un investimento per l’azienda che alla fine se li ritrova formati”.
Un modello che hanno sposato importanti banche e assicurazioni che oggi si affidano ad Aitho per lo sviluppo e la gestione dei loro software. “Noi vendiamo al cliente la nostra competenza in ambito Financial services – prosegue il ceo di Aitho -, il 50% del nostro fatturato è fatto fuori dall’Italia. Si tratta perlopiù di istituti bancari che hanno bisogno di un nuovo progetto di software e noi curiamo tutto, dall’architettura all’analisi, dall’implementazione alla manutenzione”.

In uno scenario mondiale altamente competitivo, per attrarre talenti ricercati in tutto il mondo, però, non basta offrirgli un posto di lavoro: occorre creare le condizioni giuste per farli esprimere al meglio. “Le persone che lavorano con noi sono veramente al centro del progetto: i senior, cioè i lavoratori con maggiore anzianità, fanno parte di un board dove vengono prese le decisioni più importanti. Inoltre stiamo trasformando l’azienda in una società benefit con un piano di ridistribuzione dell’equity ai dipendenti. Si tratta di equity shares: poniamo che hai l’1%, un domani avrai diritto a quella percentuale, ad esempio, per la distribuzione degli utili o in caso di vendita della società”.

Diritti e benefit che sono stati anche formalizzati. “Due anni fa abbiamo depositato al Ministero un contratto di secondo livello, riconosciuto a livello nazionale e stipulato con i rappresentanti dei lavoratori e con i sindacati. Dentro ci sono tutte le cose che i nostri dipendenti volevano: regolamentazione dello smart working, welfare aziendale fino a 750 euro l’anno, bonus crescita (se l’azienda cresce, tutti i dipendenti prendono fino al 10% della loro Ral di bonus ogni anno). Ancora, rimborsiamo le spese di viaggio per chi in gruppo vuole fare delle settimane di smart working fuori dalla Sicilia. Questo infatti rafforza i team e permette ai ragazzi di allargare gli orizzonti e ‘contaminarsi’ con nuove esperienze. Abbiamo anche una politica di outplacement: se tu vuoi lasciare l’azienda ti sosteniamo nel farlo. A noi non interessa trattenerti ad ogni costo. Detto questo, abbiamo una retention altissima: ci hanno lasciato solo tre persone in sei anni”.

È ovvio che tutto questo non sarebbe stato possibile senza la costruzione di solide relazioni nazionali e internazionali. “Non sono d’accordo con chi dice che bisogna andare al Nord Italia perché lì c’è la Serie A – afferma ancora Pisasale – Personalmente vivo la metà del mio tempo tra Milano e Torino: l’obiettivo di noi imprenditori siciliani deve essere quello di prendere ciò che ora è Serie A e portarlo qui”. Con una precisazione che Davide tiene a fare: “Parlo per il mio campo, quello dei software: la nostra regione non può diventare la factory a basso costo per il Nord Italia o per l’Europa. Non possiamo diventare la nuova India. Invece dobbiamo essere l’eccellenza che si muove su scenari internazionali, per questo occorre formare e portare qui, da fuori, le migliori competenze. In quest’ottica il nostro prossimo passo sarà aprire un ufficio negli Stati Uniti”.

La sfida ambiziosa di Aitho è insomma quella di spingersi oltre i confini italiani, pur restando con i piedi ben saldi in Sicilia. “Per noi è fondamentale la collaborazione con l’Università di Catania, con gli stakeholder e le istituzioni locali – conclude Pisasale -. Con l’ateneo abbiamo da poco sponsorizzato un dottorato sull’intelligenza artificiale, ma ogni anno investiamo in ricerca e sviluppo. Tutti i nostri utili finora sono stati investiti in questa direzione, anche per supportare altre realtà locali. Attualmente attorno a noi gravitano tre aziende più piccole con cui abbiamo stretto una partnership e questo genera tantissimo valore sul territorio. Se cresce l’ecosistema, cresciamo tutti”.

Oggi gli strumenti per “imitare” questo modello ci sono: le aziende che assumono nelle regioni svantaggiate del Sud hanno uno sgravio contributivo pari al 30% fino al 2025 (con un sistema di décalage fino al 2029). Inoltre gli incentivi Inps prevedono uno sgravio contributivo integrale (del 100%) in favore delle aziende che assumono a tempo indeterminato giovani under 36. L’agevolazione nelle regioni meridionali viene concessa per quattro anni entro un importo limite di 8 mila euro l’anno.

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