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Giovanni Pizzo  |
lunedì 19 Dicembre 2022

Nel Mondiale costruito su schiavitù e assenza di diritti umani l'Argentina conquista la sua terza stella. Il commento.

Alla fine ha vinto il calcio. Un mondiale pessimo, per corruzione e schiavitù. Schiavitù dell’Europa, della FIFA al Dio denaro. Schiavitù del lavoro e morte per 6.500 lavoratori in dieci anni. Uno Stato, il Qatar, mancante di una “U” fondamentale, quella della Umanità.

Censure sui diritti basilari, che disturbano tutto ciò che non fosse Business, il Business più grande mai esistito, 220 miliardi di dollari, petrodollari.

Ma alla fine, nella finale c’erano, come nella guerra di Troia, due eroi contro, due “palloni d’oro”, Messi e (il futuro) Mbappè. La sempre sull’orlo di una crisi di nervi Argentina, e la ex multirazziale Francia.

La partita è stata avvincente, avrebbe detto il compianto Mario Sconcerti, da cardiopalma, soprattutto nel finale. Perché per i primi 80 minuti non c’è stata storia. C’era solo una squadra in campo, gli eredi dello Zio Diego, il suo emulo il grande Leo Messi, che aveva vinto tutto, tranne un mondiale.

E poi a sinistra c’era un Àngel, dal piede sinistro magico, lo juventino Di Maria, faccia magra e ossuta da indio campesino. Tocchi, veroniche, doppi passi, tunnel, triangoli, veli, un tango da Barrio Palermo con accompagnamento di fisarmonica di Astor Piazzolla.

Uno spettacolo con i volti di Enzo Fernandez, De Paul, Romero, Otamendi, Alvarez, gioco e squadra, tecnica e intensità, mentre Kempes, il vincitore del mondiale 1978, li guardava dalla tribuna e Maradona dal cielo. Poi in due minuti quel diable di Mbappè pareggia.

Gli argentini frastornati hanno venti minuti di amnesia. Pensiamo all’ansia prossima alla disperazione delle favelas di Buenos Aires, in cui il calcio è tutto. Si va ai supplementari, l’Argentina azzecca i cambi, dentro El Toro Lautaro Martinez, che dopo una palla gol, apre al secondo gol del Campeone Leo Messi. Un tripudio dei biancocelesti in massa all’Iconic Stadium di Doha.

E poi dopo pochi minuti, mentre in Argentina ormai esponevano le immaginette del Santo Patrono, la gelata del terzo gol di quella scheggia di origine camerunense del Paris St. Germain, che da solo si carica la Francia sulle spalle per l’esultanza di Macron in tribuna d’onore.

C’è da spezzarsi le reni ma l’Argentina tiene per quanto stanca il controllo dei nervi e tenta di chiudere la partita con El Toro. Fuori! Subito la legge del contrappasso, gol non fatto gol subito, scatterebbe implacabile ma il portiere argentino è in stato di grazia.

Si va alla lotteria dei rigori. Tirano per primi dopo l’antica monetina i Francesi. Mbappè, gol. Segue Messi. Il vecchio campione va sul dischetto, gli passa davanti tutta la sua vita da pulce da circo. Il fenomeno scaccia gli uccelli del malaugurio e calcia deciso, preciso, una rasoiata che manda la palla da un lato e il portiere, l’unico di “origine” gallica, dall’altro.

Poi si accende il funambolo Damian Martinez che fa sbagliare i rigoristi francesi. Vittoria per l’Argentina con il rigore finale di Montiel. I francesi sono abbattuti e i calciatori argentini piangono come vitelli della Pampa.

Tricampeones avrebbe detto Nando Martellini, dopo il mondiale di Kempes e Ardiles e quello di Maradona del 1986 in Messico. E in questa pazzesca, emozionante, la più bella finale dopo il peggior mondiale, la Mano de Dios si è sentita.

Cosi è se vi pare.

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