La famiglia si occupa di abbigliamento. Secondo la Procura, che ha coordinato le indagini della Finanza, avrebbero concepito fallimenti pilotati accumulando debiti per quattro milioni e mezzo di euro con i fornitori e con il fisco
Tre appartenenti alla famiglia Mazzara, noti imprenditori palermitani nel settore dell’abbigliamento, sono stati arrestati dalla Guardia di finanza con l’accusa, a vario titolo, di bancarotta fraudolenta autoriciclaggio e reimpiego di capitali illeciti.
Per loro è scattata anche la misura interdittiva del divieto per 12 mesi di esercizio di attività d’impresa.
Il provvedimento agli arresti domiciliari è stato emesso dal gip del Tribunale di Palermo nei confronti di Vito Mazzara, 65 anni, Vincenzo Mazzara, 58 anni, e Marco Mazzara, 26 anni.
Le indagini coordinate dalla Procura della Repubblica palermitana hanno portato anche al sequestro preventivo delle quote societarie di due società e di un negozio di abbigliamento ancora attivo a Palermo.
Secondo le indagini condotte dagli investigatori del gruppo tutela mercato capitali del nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo gli imprenditori avrebbero creato un “sistema di società”, attorno a sette punti vendita a Palermo aperti nei quartieri Resuttana, San Lorenzo e Politeama, con un’unica regia che garantiva la continuazione aziendale, lo stesso oggetto sociale, soci e coincidenza di sedi operative ed asset aziendali.
Gli indagati, secondo quanto accertato dai finanzieri, avrebbero svuotato ciclicamente le società mediante cessione e affitti di rami d’azienda.
Queste entravano in crisi per insolvenza e fallivano, ma l’attività di vendita al dettaglio di abbigliamento continuava con una nuova compagine costituita.
I militari, guidati da Gianluca Angelini, comandante del nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo, hanno accertato che le tre società fallite dal 2015 al 2018 che hanno accumulato un passivo fallimentare per circa quattro milioni e mezzo di euro a danno dei fornitori e dell’Erario con il quale è stato accumulato un debito di due milioni.
Il sistema sarebbe stato replicato con due ulteriori società di recente costituzione, che hanno già accumulato altri cospicui debiti pari a oltre 400 mila euro, oggetto dell’attuale provvedimento di sequestro insieme all’unico punto vendita ancora attivo nel centro di Palermo.