Bce, tasso in aumento per tagliare l’inflazione - QdS

Bce, tasso in aumento per tagliare l’inflazione

Carlo Alberto Tregua

Bce, tasso in aumento per tagliare l’inflazione

martedì 04 Luglio 2023

Combattere la tassa dei poveri

La presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, sa perfettamente che bisogna usare qualunque mezzo per sconfiggere l’inflazione, che, come molti sanno, è denominata la tassa dei poveri. Perché? Per il semplice motivo che tagliando il potere di acquisto dei redditi, soprattutto quelli più bassi, aumenta lo stato di bisogno di chi percepisce tali redditi.

Lagarde ha quindi annunciato che da questo mese il tasso europeo verrà aumentato e che gli aumenti non si fermeranno nel corso di tutto il secondo semestre del 2023, fino a quando la maledetta inflazione non metterà giudizio e rientrerà nel suo livello fisiologico del due per cento.

Fare rientrare l’inflazione è anche un interesse degli Stati molto indebitati come Grecia e Italia, perché gli interessi che essi pagano sul debito pubblico sovrano sono proporzionati alla stessa inflazione. Per fare un esempio italiano, il Btp Italia (inflazione) il 26 maggio scorso ha liquidato una cedola con l’interesse del 5,03, cioè dieci per cento in ragione di anno.

Ci rendiamo conto che l’aumento del tasso europeo in rapporto alla mancata diminuzione dell’inflazione è oneroso per le imprese, perché le banche aumentano il tasso sui prestiti che effettuano alle stesse. Ed è oneroso anche per tutti quei privati che hanno sottoscritto mutui a tasso variabile, che aumenta in rapporto a quello europeo.

Ovviamente, il maggiore onere per le provviste finanziarie delle imprese ricade sui prezzi finali di beni e servizi, sia all’ingrosso che al dettaglio, con la conseguenza di un aumento di tali prezzi.
Il percorso che abbiamo indicato è noto in macroeconomia e ne è nota pure la soluzione che sta adottando la Bce, quindi quelli che protestano e si lamentano contro tale percorso della stessa Banca centrale sono ignoranti o in malafede. Purtroppo, fra questi vi sono alcuni ministri che parlano per dare fiato alla bocca e non per competenza, perché se fossero competenti starebbero zitti.
Molti economisti prevedono che questo stato di cose non si allenterà per tutto il 2024, anche se è previsto l’inizio della discesa dell’inflazione durante il corso di quell’anno. Il 2025 dovrebbe essere l’anno della normalizzazione.

Cosa si può fare in questo quadro di riferimento? Le imprese possono giostrare fra i tanti istituti di credito che ci sono nel nostro Paese per ottenere le migliori condizioni, cioé quelle che fanno costare il denaro di cui hanno bisogno il meno possibile.
Lo stesso possono fare i privati che hanno necessità di prestiti o di mutui perché, per fortuna, la concorrenza che vi è fra gli istituti di credito consente una diminuzione del costo del denaro.
Quindi non bisogna impigrirsi, ma essere dinamici e consultare il massimo numero di banche perché c’è sempre qualcuna che pratica condizioni migliori delle altre.
Certo, le difese di imprese e cittadini/e di fronte all’aumento del costo del denaro sono limitate, tuttavia non bisogna demordere perché con una certa capacità si possono avere vantaggi anche lievi.
In questo quadro dobbiamo ricordare che le pensioni hanno avuto una seppur minima rivalutazione – non certo pari al tasso d’inflazione – mentre il trattamento di fine rapporto, pubblico e privato, è stato rivalutato quasi per intero.

I risparmiatori privati hanno la possibilità di pareggiare l’inflazione sui propri risparmi. Essi devono affidarsi a gestori onesti che li indirizzino verso prodotti in grado di confrontarsi con il tasso di inflazione. Ma senza essere esperti, noi possiamo consigliare ai/alle nostri/e cortesi lettori/trici che abbiano risparmi, di difenderli investendoli nei Buoni del Tesoro Poliennali (inflazione) 2024/2025, i quali, appunto, hanno il compito di pareggiare il danno che produce la stessa ai risparmi.

Ricordiamo che nel nostro Paese vi sono quasi duemila miliardi di depositi bancari che non vengono utilizzati. Sarebbe opportuno che i gestori finanziari cercassero di farli fruttare, sempre nell’intento di neutralizzare in tutto o in parte l’inflazione. Mentre alcuni di essi hanno l’interesse di attrarre tali risparmi verso prodotti che non sono idonei a questo obiettivo.
Attenzione, quindi, ad affidarsi a gestori onesti e capaci.

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