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Catania la provincia siciliana più “cementificata” nel 2020

redazione

Catania la provincia siciliana più “cementificata” nel 2020

giovedì 29 Luglio 2021

Lo scorso anno sotto il Vulcano persi oltre 100 ettari di suolo, più del doppio dell’incremento registrato nel palermitano. A Catania consumati 34 ettari, quasi sei volte la Villa Bellini

CATANIA – Lo scorso anno in tutta la Sicilia sono stati consumati ben 400 ettari di suolo, un numero impressionante che piazza la nostra Isola al settimo posto tra le regioni per maggior incremento della cementificazione tra 2019 e 2020. Per intenderci sono riusciti a fare peggio la Lombardia, con +765 ettari, seguita da Veneto (+682 ettari), Puglia (+493 ettari), Piemonte (+439 ettari), Lazio (+431ettari) ed Emilia-Romagna (+425 ettari). Sono i numeri che emergono dall’ultimo rapporto del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, al quale ha contribuito anche l’Arpa Sicilia.

Andando però a leggere i dati provinciali emerge nettamente come a contribuire all’impermeabilizzazione dell’Isola abbia contribuito soprattutto la provincia di Catania, dove nel corso del 2020 sono stati consumati ben 106 ettari di territorio, un quarto del totale isolano, addirittura più del doppio del consumo di suolo registrato a Palermo (+48,9 ettari) e oltre il triplo di quanto “cementificato” nel messinese (+28,3 ettari).

Una crescita esponenziale che fa salire a oltre 28 mila gli ettari consumati ad oggi in provincia, quanto quelli del palermitano che però ha un’estensione ben superiore (3.574 km² contro 4.992). L’incremento più ampio si registra proprio nella Città dell’Elefante che da sola ha registrato lo scorso anno un consumo di suolo pari a 34 ettari (quasi sei volte la Villa Bellini), seguita da Mineo (+9 ettari), Paternò (+8,2), Castiglione di Sicilia (+7,5), Randazzo (+5,3). Solo in questi 5 comuni si concentra oltre la metà del suolo consumato sotto il Vulcano.

In percentuale, rispetto alla superficie comunale, il titolo di “Città del cemento” resta saldamente in mano a Gravina, dove risulta impermeabilizzato al 31 dicembre 2020 il 50,3% del territorio, seguono Sant’Agata Li Battiati con il 47,1%, Aci Bonaccorsi con il 41,7%, San Giovanni La Punta con il 41,1, Tremestieri Etneo e Mascalucia “ex aequo” con il 37,4, San Gregorio (34,5), Aci Catena (32,5), Aci Castello (32,3) Aci Sant’Antonio (28,7) e Catania appena fuori dalla top ten con 28,7 ettari “sbranati” dal cemento.

Quello del consumo di suolo è un problema strettamente legato al cambiamento climatico e al tema del surriscaldamento. L’Ispra ha dimostrato come nelle aree urbane la temperatura al suolo “assume spesso valori maggiori nei centri più compatti rispetto alle aree non impermeabilizzate, individuando il fenomeno denominato ‘isola di calore urbana’”.

“Essa – si legge nel rapporto – è dipendente dalla collocazione e dal raggruppamento delle aree costruite, dalla presenza di vegetazione e dalla circolazione dei venti. Ebbene, nelle città metropolitane, a livello nazionale, si registrano differenze di temperatura tra aree impermeabilizzate rispetto a quella non ‘artificializzate’ maggiori di 2°C, con massimi di oltre 6°C a Torino e circa 4°C a Firenze”.

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