Nel pomeriggio videoconferenza con i vertici comunali e regionali per decidere il futuro di S. Marta, S, Bambino e V. Emanuele. Tanti cittadini chiedono più verde pubblico, ma si fanno strada anche altre proposte
CATANIA – Infuria il dibattito sul futuro delle aree ospedaliere dismesse – il Santa Marta, il Santo Bambino e il Vittorio Emanuele – in vista del tavolo di confronto che oggi pomeriggio, su iniziativa del sindaco Pogliese e dell’assessore ai Lavori pubblici Trantino, coinvolgerà in video conferenza sindacati, associazioni, ordini professionali e i più alti livelli istituzionali, a partire da quelli regionali con il presidente della Regione e l’assessore alla Salute, i catanesi Musumeci e Razza. Interverrà anche il rettore Priolo, il presidente del Consiglio comunale Castiglione e della Commissione urbanistica Zammataro, nonché il consulente dell’Amministrazione comunale per il Piano regolatore, il professore La Greca, che modererà l’incontro.
Sono già iniziati i lavori per demolire le strutture fatiscenti del Santa Marta, alla fine di via San Giuliano, dove una vera e propria levata di scudi si è alzata contro il progetto dell’architetto Giuseppe Scannella: a molti non è piaciuta l’idea di alzare delle colonne perché ostruirebbero nuovamente la vista dell’edificio storico, di stampo vaccariniano, che “emergerà” alla fine dei lavori di demolizione.
Da più parti, come già accaduto per la “bellissima piazza” vista mare spuntata all’improvviso al posto dell’orribile ex Palazzo delle Poste, si chiede di sfruttare l’occasione per aumentare il verde presente in città. Un’esigenza fortissima considerato, come scriviamo nell’inchiesta di oggi a pagina 7, che a Catania – tra le città più inquinate d’Italia secondo il rapporto Mal’Aria di Legambiente – ogni cittadino dispone di soli 16 metri quadrati di piante e arbusti contro, per esempio, i quasi 34 di Cuneo (dati Istat alla mano).
Eppure l’istanza ambientalista non è l’unica a farsi strada negli ultimi giorni. “Tra le proposte che nel dibattito sulla riqualificazione dell’ex ospedale Santa Marta di Catania, stanno prendendo corpo, manca quasi del tutto l’edilizia sociale”, afferma il Sunia che ha “già chiesto un confronto sull’argomento all’amministrazione comunale”, ritenendo che anche nel capoluogo etneo “vada seguito l’esempio di altre città italiane ed europee che hanno ripopolato e rivitalizzato i centri urbani desertificati inserendo quote di edilizia sociale, spesso nei contenitori pubblici dismessi”.
“Per Catania – osserva il sindacato – potrebbe essere l’occasione per partecipare al bando di prossima scadenza del Mit finanziato con 854 milioni di euro per il ‘Programma innovativo nazionale per la qualità dell’abitare’. Non si può parlare di rigenerazione di quell’area, strategica – spiega la segretaria del Sunia Giusi Milazzo – senza considerare che vi insistono gli edifici degli ex ospedali Vittorio Emanuele e Santo Bambino. La progettazione di interventi sulla città e di rifunzionalizzazione dei grandi contenitori dismessi, deve basarsi sui bisogni della popolazione e sul fatto che la chiusura dei nosocomi ha comportato, in tempi brevissimi, lo spopolamento di una zona che si è marginalizzata”. Per il Sunia “l’idea di realizzare edilizia popolare solo nelle periferie già dense di edifici residenziali pubblici, è sbagliata”, mentre “ricostituire invece comunità nei quartieri, potrebbe ridare nuovo senso in questi anni di pandemia”.
Ma un’altra proposta è stata avanzata nelle ultime ore: quella di una vasta “galassia” di associazioni cittadine che chiedono di trasformare i vecchi ospedali in nuovi hub socio-culturali, con un progetto coesivo che guardi al futuro. Questa soluzione è stata prospettata da 15 enti che chiedono “alla Regione e al Comune l’istituzione di un tavolo di lavoro permanente affinché il futuro di questi spazi venga ripensato attraverso una progettualità condivisa”.
“Abbiamo partecipato e assistito ad incontri, sopralluoghi e convegni sul futuro di questi grandi contenitori svuotati delle aree centrali di Catania” e “insieme ad altri ci siamo chiesti cosa accadrà nell’immediato venendo meno le precedenti funzioni, e cosa accadrà in futuro qualora quegli enormi spazi rimanessero inutilizzati o cambiassero radicalmente destinazione d’uso”, si legge nel documento che ha come primi firmatari Compagnia delle Opere Sicilia, Officine Culturali, Darshan, Gammazita, Isola Quassùd, Associazione Musicale Etnea, Badia Lost and Found Società Cooperativa, CittàInsieme, Comitato Popolare Antico Corso, Compagnia Marionettistica F.lli Napoli, Cooperativa Sociale di Comunità Trame di Quartiere, Farm Cultural Park, Nino Bellia, Teatro Impulso, Whole Urban Regeneration e che resta aperto ad eventuali ulteriori adesioni.
“Questa città – si legge nel documento – vive contraddizioni laceranti ed esclusioni sociali profonde ed estese, che la crisi sanitaria del 2020 ha solo accentuato. Per conto nostro, che ci occupiamo da tempo di partecipazione culturale, un impiego pianificato di azioni culturali inclusive e abilitanti, capaci di creare aggregazione, consapevolezza e risposta ai bisogni educativi e ricreativi, può contribuire ad un piano generale di welfare ormai necessario. Solo azioni di welfare, sia istituzionale che comunitario, possono ambire a mitigare e contrastare tali contraddizioni, nelle forme delle povertà economiche, delle povertà educative, delle diseguaglianze”.
Il dibattito è solo all’inizio. La conference call verrà trasmessa oggi pomeriggio sulla pagina Facebook Istituzionale – Comune di Catania – e nella pagina specializzata – Urbamet – curata dalla Direzione Comunale Urbanistica.