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Pino Grimaldi

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sabato 16 Dicembre 2023

Nelle due ultime settimane i giornali italiani di qualsivoglia impregnazione politica, verosimilmente in mancanza di altro che potesse attrarre l’attenzione culturale dei loro effettivi o presunti lettori, hanno sbrodolato – si consenta il termine – lenzuolate di inutilità socio, politico economico-internazionale, notizie e commenti ad hoc da far sì che quello che era un rito, illo tempore, per la più parte di quanti volevano leggere e confrontarsi con il nero su bianco e non solo con la voce aulenti delle televisioni, impegnati o meno che fossero in attività nelle quali la notizia è “ tutto”, impiegavano almeno un paio d’ore per andare a cercare il quid che interessandoli ripagava prezzo e tempo speso per avere un idea di ciò che accadeva nel mondo.

Ora invece sono tutte le varie edizioni dei fogli con titolo del Belpaese a dedicarsi a quello che appare (ma lo è davvero?) essere il problema per antonomasia della politica italiana. Dove ovviamente “govern’s news” tengono oltre alla prima anche qualche altra pagina nel nuovo stile giornalistico che vuole i quotidiani almeno di cinquanta pagine; ma che ciò fatto si liberano in voli fluttuanti a descrivere quello che in tanti dicono essere il problema della vita partitica italiana.

Onestamente anche la mediazione televisiva fa del suo peggio per star dietro a questa “nouvelle” modalità comunicativa che porta inesorabilmente a disattendere la più parte dei media ed a rifugiarsi nell’ascolto della musica che può anche non essere il meglio per ciascuno ma alla fine non tradisce alcuno.

E il “C&C” è l’unico argomento – ormai le guerre appartengono a loro stesse – che pone perplessità e dunque diviene oggetto di più o meno onesta conversazione, ciascuno cercando – dopo avere capito ciascuno dei due come pensi di immaginare una formazione politica nuova dove la parola centro sia l’indicativo imprescindibile e ove almeno una ventina di parlamentari, e poco importa da dove provenienti, strutturino un partito, un movimento, un diamoci da fare perseguendo il loro pensiero, dar luogo a una formazione partitica parlamentare stabile a miglior sorti dell’Italia oggi infondo non male, ma che non entusiasma.

Ma i due, che maschi sono, politicanti anche, ma dal carattere incomprensibile e di idee a cangievolezza a volte financo apprezzabile, l’un contro l’altro armati impediscono sostanzialità concreta capace di dare un frutto qualunque esso sia, ma accettato perché buono e succoso. Sono Carlo Calenda e Giuseppe Conte. titolati per certo verso a parlar anche di immaginazione politica ma disordinati, egocentrici ed incapaci di accogliere altre idee da fondere con le loro.

Due personaggi per i quali vi sono state ondate di empatia politica e dei quali se qualche partito serio avesse seguito le indicazioni, se ne sarebbe avuta una positività costruttiva non disdicevole. Purtroppo i due non sono fatti per andare d’accordo manco sulla scelta della frutta a fine pasto e anche piccoli particolari hanno profittato per dimostrare che loro avevano ragione e gli altri no.

Riusciranno i due gentiluomini (parrebbe!) entro fine anno a dare un contributo serio? Sapere attendere è una virtù: quando non se ne abusa.

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