Cene, pranzi e merende - QdS

Cene, pranzi e merende

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Cene, pranzi e merende

Giovanni Pizzo  |
giovedì 27 Aprile 2023

"Il tempo e le condizioni per la costituzione di un’area politica moderata c’è, nonostante la legge elettorale che non aiuti affatto. La cena non è possibile, ma qualche 'merendina' sì".

Funzionano più le cene in politica? Quelle riunioni carbonare, rigorosamente a casa di qualcuno, perché al ristorante si viene sgamati dopo due secondi, con tanto di foto dei commensali fatte dai tavoli accanto e pubblicate. Pare, sussurrano, si legge, che ce ne sia stata una che ha messo insieme l’ala non meloniana di FI e Renzi, a casa di un anfitrione siciliano, il pluri presidente dell’ARS Gianfranco Miccichè. Al momento del caffè la leggenda dice che sia passato anche Cuffaro, che oggi è indispensabile come il prezzemolo.

La cena viene da un lato nettamente smentita dal padrone di casa, non per tirchieria – lui è insolitamente prodigo di agapi fraterne, a differenza di suoi colleghi dal braccetto corto -, ma per insussistenza di occasioni del contendere. Miccichè precisa che fino a quando Berlusconi può guidare FI lui non si muove, però lo spazio al centro c’è, ammette, ed è grande sotto il cielo dei moderati. I quali mal sopportano di morire sovranisti e con dosi massicce di olio di ricino da ingoiare.

Miccichè e Renzi andarono a cena già una volta, all’enoteca Pinchiorri e pagò Renzi. Nel senso che l’indomani la cena filtrò per opera di Miccichè, che fece capire che non c’era fidanzamento possibile. Erano altri tempi, la Ronzulli comandava, e FI non pensava di soccombere al vento meloniano. Oggi, dopo la debacle del tentativo di non eleggere La Russa, mala tempora currunt, tra ricoveri al San Raffaele, i Raffaele Fitto che fanno da testimonial di annessione in FdI, e la nuova tattica Fedele (Confalonieri) alla Meloni sempre e comunque.

Per Miccichè, l’ultimo dei Mohicani berlusconiani, El Cid Campeador del 61-0, resistente nella giungla giapponese di Sicilia al nuovo partito di Schifani, parlare con Renzi, il vero erede di Berlusconi, in quanto non suo delfino, non sarebbe apostasia. Ma giustamente mette l’accento sui tempi. Il Cavaliere è ancora in ospedale e sarebbe inopportuno, oltre che carognesco, e poi il tempo di qua all’europee è lungo. È un tempo più da lunga marcia che da scattisti. Lui comunque esclude rapporti con Calenda, pensando solo a un futuro dialogo solo con Italia Viva.

Nel frattempo Renzi ha raggiunto la soglia minima di senatori per essere gruppo autonomo al Senato con l’ingresso di Borghi, membro autorevole del PD che non si riconosce più nel nuovo corso. E quindi di Calenda, che ora chiede scusa per i toni da tregenda, se ne può fregare. Potrebbero arrivare altri anche dalla maggioranza che non si riconoscono nelle politiche meno liberali e non democratiche di alcuni più realisti della Regina? Chissà, il tempo solitamente consuma le leadership più che rafforzarle, l’inflazione non scende e il popolo si comincia a spazientire. Il tempo e le condizioni per la costituzione di un’area politica moderata c’è, nonostante la legge elettorale che non aiuti affatto.

Per ora la cena, forse, non è possibile, ma qualche merendina, qualche convegno, dibattito, interviste sono possibili. Un annusarsi tra non dissimili, che un domani potrebbero assomigliarsi.

Così è se vi pare.

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