I Comuni siciliani funzionano male

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I Comuni siciliani funzionano male

Michele Giuliano  |
sabato 06 Aprile 2024

Situazione critica nell’Isola, tra le regioni con la più scarsa efficienza. Hanno una bassa funzionalità organizzativa e spesso dipendono dai trasferimenti statali o regionali.

In Sicilia i Comuni funzionano male, hanno pochi dipendenti e dipendono ancora troppo dai trasferimenti statali e regionali. È un dato che mostra come ancora la pubblica amministrazione, nella sua forma più vicina ai cittadini, deve trovare la propria strada per diventare veramente efficiente e capace di fornire i servizi necessari al vivere comune. Per valutare la capacità lavorativa dei Comuni l’Istat ha predisposto un indicatore specifico, chiamato Ifo, Indicatore di funzionalità organizzativa, che si basa su una serie di elementi che riguardano l’adeguatezza del personale: variabili dimensionali, composizione anagrafica e professionale, livello di competenze formali, formazione e aggiornamento in servizio e stabilità lavorativa. Secondo l’ultima relazione Istat con focus sulle amministrazioni comunali, pubblicata nel 2024 e riferita ai dati del 2021, in Sicilia la situazione è catastrofica, tanto che la Sicilia si trova al primo posto tra le peggiori, con un valore di 83,3.

Il Sud è messo male, la situazione dei comuni siciliani

Sulla stessa falsariga la Calabria, a 83,5 e Campania a 91,2. La distanza è netta dalle regioni che presentano i risultati migliori, a partire dall’Emilia Romagna, a 103,4, continuando con il Friuli Venezia Giulia, a 103,9, fino alla Valle d’Aosta, a 104,7. Una condizione, quella siciliana, che purtroppo non lascia ben sperare, considerato che l’indicatore Ifo è andato via via peggiorando nel corso degli anni in buona parte dei territori siciliani. Il risultato va collegato alla diminuzione del personale in servizio che in Sicilia, dal 2017 al 2020 è sceso del 22,3%. Si tratta di una tendenza legata alle politiche di contenimento della spesa pubblica implementate dopo la crisi del 2008, che hanno prodotto un impatto diversificato nel settore pubblico, con effetti significativi in termini di composizione anagrafica e professionale degli organici. A ciò si va a legare anche l’elevato numero di pensionamenti avvenuti negli ultimi anni, che in buona parte non sono stati sostituiti. Ciò non toglie che in Sicilia il dato sia ben lontano dalla media nazionale, che si ferma al -8% in un triennio, mentre il Lazio è l’unica regione con una variazione di segno positivo.

Restrizioni del turn over

A livello nazionale le restrizioni sul turn over e sull’accesso alla pensione hanno prodotto un invecchiamento accentuato del personale dei Comuni. Nel 2021, solo l’1,9% ha meno di 30 anni e più di un quinto ne ha oltre 60. Molto alto nell’Isola anche il grado di dipendenza dalle amministrazioni centrali, in ragione di un ammontare maggiore dei trasferimenti in proporzione alle entrate correnti: insieme alla Puglia, viene superato il 20%; di contro Valle d’Aosta e Friuli Venezia Giulia registrano il dato più contenuto, pari a circa il 5% nel 2021.

Grado di autonomia

A livello di macroterritorio, il grado di autonomia risulta decrescente ovunque rispetto al 2017, tranne per i Comuni del Mezzogiorno in cui il valore è stabile. Un altro elemento fondamentale è poi il costo del personale e la rigidità della spesa, che misura il margine di manovra con cui il Comune può eventualmente intervenire per diminuire le spese di gestione. Le spese per il personale e per il rimborso di prestiti sono infatti spese rigide che il Comune difficilmente può ridurre nel breve termine. La Sicilia, anche in questo caso, si trova tra le regioni con la maggiore spesa e con una altissima rigidità. Si tratta comunque di una condizione abbastanza generalizzata: i bilanci comunali consentono margini di manovra esigui per programmare nuove assunzioni. Il personale incide molto sulle spese correnti, circa il 22,7% contro il 3,6% nei rimanenti enti locali.

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