Dalla concorrenza alle politiche Ue, le cause della rivolta

Dalla concorrenza alle politiche Ue, le cause della rivolta dei trattori

Biagio Tinghino

Dalla concorrenza alle politiche Ue, le cause della rivolta dei trattori

Biagio Tinghino  |
sabato 03 Febbraio 2024

Parla Giovanni La Via, ordinario di Economia ed estimo rurale all’Unict: “Eco-schemi follia in tempi di crisi”. “Pac programmata in uno scenario mondiale diverso”

Dopo Bruxelles, gli agricoltori, bloccano le frontiere. Presidi stradali nelle Fiandre e in Vallonia, ostruzioni al valico tra Belgio e Olanda. Ancora sono tantissimi i cortei e blocchi in tutta Italia con modalità differenti da città a città. Nel weekend annunciate proteste in tutta Italia, da nord a sud, in particolare ai caselli autostradali dove sono attesi centinaia di trattori. Gli agricoltori continuano a protestare contro le politiche comunitarie. A detta loro sia il caro-gasolio che le politiche green avrebbero come unico risultato il depotenziamento della competitività dei produttori italiani e dei maggiori Paesi produttori europei.

Per capire le ragioni di questo malcontento, abbiamo sentito il parere di Giovanni La Via, professore ordinario di Economia ed estimo rurale del Dipartimento Agricoltura, Alimentazione e Ambiente dell’Università di Catania, intervistato in esclusiva per il Quotidiano di Sicilia.

Risorse Pac quasi dimezzate

“Le proteste nei diversi Paesi europei nascono ed hanno origini diverse – ha detto La Via -. Il mondo agricolo sta vivendo enormi difficoltà, sicuramente date dal prezzo e dal costo dei fattori produttivi, dalla riduzione del sostegno per la politica agricola comune, dalla concorrenza internazionale, dalle condizioni ambientali, e dalla siccità che sta colpendo il nostro territorio. Le ragioni di fondo sono diverse. Ma quali sono i temi sui quali molte piattaforme sono comuni? La Pac, in primis, fino alla fine del secolo scorso, destinava il 60% delle risorse del bilancio comunitario a iniziative ambientali, oggi invece destina poco meno del 35%. Le nuove politiche hanno sottratto delle risorse che sono state distribuite con criteri diversi. Chi riceveva dei premi più alti per ettaro ha visto, progressivamente, ridursi questi premi. Chi invece li riceveva più bassi, li ha visti leggermente aumentare. In ogni caso, in questo lasso di tempo, il valore della moneta è diminuito”.

In sintonia con il Green Deal europeo, la Pac ha destinato il 30% delle risorse a iniziative ambientali riducendo il budget dei sussidi agli agricoltori e ha introdotto restrizioni su alcune pratiche, come l’uso di prodotti fitosanitari e fertilizzanti dannosi per l’ambiente e la qualità del cibo, che secondo gli agricoltori hanno provocato un innalzamento dei costi di produzione.

Pac obsoleta

“Ma il vero problema di fondo è la distribuzione di queste risorse – ha continuato il docente -. Perché? Per capirci meglio, un ettaro di seminativo a mais del nord è diverso da uno del sud, stessa cosa per un ettaro di agrumeto. C’è anche da dire che i parametri non sono di semplice comprensione per i produttori agricoli. La Pac è stata programmata nel 2019 quando lo scenario mondiale era completamente diverso. Allora si parlava di una Pac a tutela dell’ambiente, ma poi c’è stata la pandemia da Covid-19, la guerra in Ucraina, il blocco delle importazioni dalla Russia. È inspiegabile come non si possano coltivare tutte le superfici”.

Eco-schemi follia in tempo di crisi

“Anche gli Eco-schemi sono una follia in tempo di crisi – ha sottolineato La Via -. È difficile sacrificare delle risorse per delle politiche ambientali se sono frutto di elucubrazioni comunitarie, difficili da spiegare. Il gasolio è sicuramente una componente importante per chi protesta, anche se negli ultimi mesi il prezzo non è cresciuto, ma se le attribuzioni di gasolio agevolato per i produttori tendono a diminuire, l’agricoltore la vive come una penalizzazione”.

Reintroduzione Irpef negativa

“Ma la vera penalizzazione è la reintroduzione dell’Irpef sui redditi agricoli – ha continuato La Via -. Il Governo italiano, negli ultimi tre anni, aveva mantenuto una defiscalizzazione della gestione dei terreni agricoli. Questa norma non è stata prorogata e perciò gli agricoltori dovranno pagare le tasse sui redditi agricoli. Ma il catasto non è aggiornato! Ci sono degli agrumicoltori che dovranno versare delle tariffe spropositate rispetto al reddito reale, pagando rispetto a un numero presunto che è stato calcolato, magari parecchi anni prima. Senza un catasto aggiornato questa imposizione diventa iniqua”.

Incubo siccità

“Gli allevatori italiani sono in crisi per la mancanza di foraggio dovuta alla siccità e il prossimo anno la situazione sarà peggiore – ha aggiunto il professore -. C’è chi protesta perché vede dei laghi pieni di acqua ma inutilizzabili, come quello di Lentini. In altre parti invece gli invasi sono vuoti. Continuando di questo passo finiremo nelle stesse condizioni di Barcellona. In tutta la Catalogna è stato annunciato lo stato di emergenza, imponendo una drastica riduzione ai consumi di acqua. Se nel nostro Paese, durante i prossimi mesi, non dovesse piovere si rischierebbe di dover affrontare una stagione primaverile-estiva disastrosa per il mondo agricolo”.

Politica agricola da ripensare

“La politica agricola va completamente ripensata – ha continuato La Via -. Dobbiamo giustificare a chi paga le tasse in Europa il perché debba destinare il 40% delle risorse europee all’agricoltura che contribuisce all’aumento delle emissioni di gas serra. Ma l’agricoltura stessa è anche la prima che tutela l’ambiente perché ogni agricoltore, con le attività fotosintetiche che compie il suo campo, che sia un bosco, che sia una coltura arborea, blocca la CO2 che tutti i cittadini producono. Gli agricoltori svolgono un ruolo positivo per tutta la collettività non solo in termini di produzione di cibo ma in termini di miglioramento delle condizioni ambientali. Per cui l’agricoltore, per lo sforzo che compie, deve essere ristorato sulla base della quantità di carbonio che immobilizza. Ma per far ciò bisogna cambiare profondamente la Politica agricola comune. Non si devono dare soldi agli agricoltori che non coltivano, ma dare soldi agli agricoltori che contribuiscono alla lotta al cambiamento climatico”.

Tutelare i consumatori

I Paesi terzi agiscono nelle loro coltivazioni spesso in stato di quasi assoluta libertà rispetto ai limiti dei residui ammessi in Europa. “Noi dobbiamo tutelare i nostri consumatori e le condizioni alle quali sottoponiamo i nostri produttori devono essere identiche agli altri – ha concluso Giovanni La Via -. Se i nostri produttori non possono utilizzare certi prodotti chimici, non devono poterli utilizzare nemmeno chi ha intenzione di venire a vendere sul nostro mercato. Ci devono essere delle parità di condizioni per competere ad armi pari. Tutti gli agricoltori devono competere con le stesse regole”.

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