La Corte costituzionale e le vaccinazioni - QdS

La Corte costituzionale e le vaccinazioni

redazione

La Corte costituzionale e le vaccinazioni

Giovanni Cattarino  |
venerdì 26 Maggio 2023

La Corte costituzionale ha ampliato la casistica degli indennizzi

La legge 25 febbraio 1992, n. 210 prevede che in caso di danni alla salute provocati da vaccinazioni obbligatorie il soggetto danneggiato possa richiedere un indennizzo entro tre anni da quando il danno si è manifestato. Con successive sentenze la Corte costituzionale ha ampliato la casistica degli indennizzi consentiti allargandola anche ai casi di vaccinazioni soltanto “consigliate”. Così è stato per i danni conseguenti alla vaccinazione antipolio insorti quando tale vaccinazione non era stata ancora resa obbligatoria (sent. n.27 del 1998), per i danni correlati alla vaccinazione contro l’epatite B (sent. n. 423 del 2000), contro l’influenza (sent. n. 268 del 2017), contro l’epatite A (sent. n. 118 del 2020).

La Corte ha ritenuto che la vaccinazione, intesa primariamente a tutelare colui che vi si sottopone, serve anche a preservare gli altri consociati dal contagio; pertanto la collettività che beneficia della profilassi vaccinale del singolo deve farsi carico, per un principio di solidarietà sociale, nella misura e con le modalità stabilite dal legislatore, di eventuali danni patiti da colui che si è vaccinato.

Il caso portato davanti alla Corte riguardava un danno conseguente alla vaccinazione contro morbillo, parotite e rosolia che la Corte aveva dichiarato indennizzabile con la sent. n. 107 del 2012. Il soggetto danneggiato aveva presentato la sua domanda dopo che la Corte costituzionale aveva stabilito l’indennizzabilità della menomazione subita causa vaccino, ma quando ormai erano trascorsi i tre anni, prescritti dalla legge, dalla conoscenza del danno. Il giudice ritenendo che la decadenza stabilita dalla norma avesse carattere “tombale” e quindi precludesse qualsiasi indennizzo, aveva sollevato questione di legittimità dell’art. 3, comma 1, della legge n. 210 del 1992, ritenendolo in conflitto con gli articoli 2 Cost. (“La Repubblica riconosce i diritti inviolabili”) e 32 Cost. (“La Repubblica tutela la salute come diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività”).

La Corte ha rilevato che, mentre dopo la sua decisione di indennizzare i danni causati dalla vaccinazione anti-polio anche relativi al periodo in cui tale vaccinazione non era obbligatoria (sent. n. 27 del 1998, sopracitata) il legislatore era intervenuto in attuazione della decisione con la legge n. 362 del 1999, fissando un termine di quattro anni dall’entrata in vigore della legge per la richiesta di indennizzo, nel caso di danni per la vaccinazione contro il morbillo, parotite e rosolia dichiarati indennizzabili con la sentenza n. 107 del 2012 un analogo intervento era mancato lasciando così il soggetto leso privo di tutela.

La Corte nella sent. n. 35 del 2023, consultabile su www.cortecostituzionale.it, ha ritenuto che il bilanciamento operato dal legislatore tra l’interesse del danneggiato ad un pronto ristoro e quello dell’Amministrazione ad una rapida definizione della vicenda risarcitoria trovasse il giusto equilibrio nel termine triennale previsto dalla norma impugnata. Tuttavia, osserva la Corte, tale termine non può decorrere dalla manifestazione del danno se in quel momento non ne era previsto il ristoro a carico dell’Erario. La Corte pronuncia quindi una sentenza c.d. “additiva” all’impugnato art. 3, comma 1, secondo periodo, stabilendo che il termine triennale per proporre la domanda di indennizzo decorre oltre che dalla conoscenza del danno anche “dalla conoscenza della sua indennizzabilità”.

Giovanni Cattarino
già Consigliere della Corte costituzionale e Capo Ufficio Stampa

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