Così naufraga il futuro dell’area mediterranea - QdS

Così naufraga il futuro dell’area mediterranea

redazione

Così naufraga il futuro dell’area mediterranea

Fabrizio Giuffrida  |
mercoledì 28 Giugno 2023

Sono più di seimila i minori non accompagnati sbarcati sulle coste italiane dall’inizio dell’anno. Bambini che faticano a inserirsi in un contesto che spesso li tratta con diffidenza

ROMA – L’ultima strage in ordine di tempo, avvenuta in Grecia lo scorso 13 giugno, ha riacceso i riflettori dell’Europa su una questione, quella legata ai migranti, che continua a rappresentare una gigantesca spina nel fianco dell’Unione. Un tema divisivo come pochi, che mostra tutte le differenze tra i Paesi Ue e molto spesso anche la scarsa solidarietà mostrata non soltanto nei confronti delle altre nazioni, ma anche verso i disperati che rischiano la vita per scappare dalla propria realtà in cerca di un futuro migliore.

I minori stranieri un’emergenza nell’emergenza

Tra i dati che periodicamente vengono snocciolati in tema di migranti (da inizio anno alla metà del mese di giugno gli arrivi registrati in Italia hanno toccato quota 55.662 contro i 22.917 dello stesso periodo del 2022) vengono spesso dimenticati quelli relativi ai minori stranieri non accompagnati, che ormai rappresentano un’emergenza nell’emergenza.

Per minori stranieri non accompagnati (Msna) si fa riferimento, sia in ambito europeo che nazionale al minore di anni diciotto, cittadino di Stati non appartenenti all’Unione europea o apolide, che si trova, per qualsiasi causa, nel territorio nazionale, privo di assistenza e rappresentanza legale da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili. Quelli sbarcati dall’inizio dell’anno al 12 giugno scorso sono stati 6.151 (contro i 14.044 dell’intero 2022) e hanno contribuito ad aumentare il carico su un sistema che non sembra essere in grado di rispondere alle tante e delicate esigenze di questi ragazzi.

Al 31 dicembre 2022 – come evidenziato all’interno del “Report di approfondimento sulla presenza dei minori stranieri non accompagnati in Italia”, pubblicato alla fine dello scorso anno dalla Direzione generale dell’Immigrazione e delle Politiche di integrazione del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali – è stata registrata in Italia la presenza di 20.089 minori stranieri non accompagnati, dato in forte aumento rispetto allo stesso periodo di rilevazione del 2021 (+64%) e del 2020 (+184%) soprattutto a causa della guerra in Ucraina.

Si tratta nella maggior parte di maschi tra i 17 (44,4%), 16 (24%) o dai 7 ai 14 anni (17,5%). Escludendo l’Ucraina, le nazioni più rappresentate sono state Egitto (4.899), Tunisia (1.800), Albania (1.347) e Pakistan (1.082), segno di come i flussi migratori nel Mediterraneo continuino ad alimentare in modo significativo questi numeri. Tra le regioni italiane, quelle che ne hanno accolti di più sono la Sicilia (3.923 minori, il 19,5% del totale), la Lombardia (2.880, il 14,3%), la Calabria (2.068, il 10,3%) e l’Emilia-Romagna (1.814, il 9%).

La gestione di questi ragazzi presenta non poche difficoltà

Il sistema di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati è definito dall’art. 19 del Dlgs 142/2015, così come modificato dalla Legge 47/2017. Nell’assetto attuale sono previsti due livelli di accoglienza: prima e seconda. Tra le strutture riservate alla prima accoglienza rientrano: le strutture governative di prima accoglienza ad alta specializzazione finanziate con risorse del Fondo asilo migrazione e integrazione 2014-2020 (Fami); le strutture ricettive temporanee attivate dai prefetti, i cosiddetti Centri accoglienza straordinaria minori; le strutture di prima accoglienza accreditate o autorizzate dai Comuni o dalle Regioni; le strutture a carattere emergenziale e provvisorio.

Nella seconda accoglienza rientrano, invece, le strutture afferenti al Sistema accoglienza e integrazione (Sai) finanziate con il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo (Fnpsa), le strutture di seconda accoglienza finanziate con risorse del Fami e tutte le strutture di secondo livello accreditate/autorizzate a livello regionale o comunale, la cui accoglienza è finanziata attraverso un contributo ai Comuni a valere sul Fondo nazionale per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati.

Ma quello che è previsto sulla carta non sempre trova corrispondenza nella realtà, come è stato scritto nero su bianco proprio nel già citato rapporto della Direzione generale dell’Immigrazione e delle Politiche di integrazione da una serie di associazioni da sempre in prima linea nel supporto ai Msna: “Il sistema di prima accoglienza delineato dalla Legge 47/2017 e dal Dlgs 142/2015 resta sostanzialmente irrealizzato, costituendo una delle parti della normativa rispetto alle quali la realtà è più lontana dalla lettera della legge. Il decreto del ministero dell’Interno che dovrebbe regolare le strutture governative di prima accoglienza per minori non accompagnati non è stato sinora emanato e la realtà del collocamento dei minori in struttura dopo l’arrivo non si basa nei fatti su un unico sistema, bensì su un insieme poco coordinato di tipologie diverse di luoghi di accoglienza, con effetti visibili di difficoltà gestionale a carico delle istituzioni e un impatto innegabile sulla prevedibilità e linearità del percorso di protezione e inclusione del minore. In mancanza dei centri governativi di prima accoglienza, questa fase risulta infatti coperta da diversi tipi di strutture: i più simili per standard alla previsione normativa, ossia i centri finanziati a valere sul Fondo asilo migrazione e integrazione e gestiti a livello centrale dal ministero dell’Interno; i centri di accoglienza straordinari istituiti dai prefetti (cosiddetti Cas minori) e gestiti dalle Prefetture; case famiglia e comunità socioeducative gestite dai singoli Comuni; strutture Sai che, diversamente dalla loro destinazione naturale, svolgono una funzione di prima accoglienza. Com’è evidente, si tratta di ordini di accoglienza separati, che fanno capo a istituzioni di diverso ambito e livello. Questo causa un difficoltoso e talvolta assente coordinamento, oltre che una sostanziale casualità rispetto alla prospettiva del/la minore di un’accoglienza più o meno rispondente agli standard previsti dalle norme”.

Le risorse finora utilizzate non bastano

Le associazioni hanno inoltre sottolineato come le risorse finora utilizzate, seppur ingenti, non bastino “per accogliere tutti i minori e, guardando ai dati, l’incidenza delle presenze in strutture di prima accoglienza è troppo alta, il che in molti casi le trasforma di fatto in centri a lungo termine, con ulteriori problemi di programmazione della gestione del collocamento e trasferimenti in tempi rapidi dei minori che arrivano”.

E poi c’è il problema legato alla qualità dell’assistenza offerta in questi centri: “Accanto a centri di prima accoglienza efficienti, a fruttuose collaborazioni tra istituzioni ed enti non profit che mettono i ragazzi e le ragazze al centro, si trovano situazioni che vedono minori collocati in modo del tutto inadeguato anche a causa dell’inosservanza degli standard qualitativi previsti per legge. Tra queste vi sono strutture prive di tali standard in cui permangono anche adulti (per esempio hotspot o alberghi), con un forte impatto sul benessere dei minorenni, sulla loro progettualità futura e sui loro diritti. In altre situazioni i minori, a causa della mancanza di posti in strutture d’accoglienza, vengono messi in lista d’attesa e restano del tutto privi di accoglienza o in sistemazioni precarie presso parenti o connazionali. Al forte aumento del numero di minori non accompagnati che arrivano in Italia non è infatti corrisposto un adeguato incremento del numero di posti disponibili in strutture per minori, registrandosi all’opposto una riduzione dei posti nei centri Fami”.

Crescono i Msna nel nostro Paese, diminuiscono le strutture per accoglierli e aumentano in modo esponenziale i problemi legati all’inclusione sociale, che si ripercuotono inevitabilmente sul futuro di questi giovani, di tutto il Paese e dell’area Mediterranea, da cui moltissimi ragazzi provengono.

Per questo le associazioni hanno chiesto “un definitivo cambio di passo, che vada a instaurare un reale sistema unico, centralizzato, coordinato e di rapida attivazione, tale da rispondere con efficacia e qualità alle esigenze specifiche di chi arriva, minorenne, solo, traumatizzato e vulnerabile, ma allo stesso tempo con importanti potenzialità, capacità e prospettive, sul territorio italiano. Territorio in cui, per legge ordinaria e Costituzione, un minore straniero non accompagnato è sempre, innanzitutto, e soprattutto un minore”.

A denunciare le criticità di un sistema che zoppica è stato nei giorni scorsi anche Matteo Biffoni, sindaco di Prato e delegato Anci (Associazione nazionale dei Comuni italiani) all’Immigrazione e alle Politiche per l’integrazione. Intervenendo al convegno organizzato da Save The Children dal titolo “Proteggere e sostenere i percorsi di crescita: quale accoglienza per i minori stranieri non accompagnati?” ha infatti dichiarato: “Sono necessari centri di prima accoglienza per i ragazzi in arrivo, con funzione di identificazione, accertamento dell’età e screening psico-sociosanitario, per poi inserire il minore, dopo poche settimane dall’arrivo, nei progetti del sistema di accoglienza e integrazione Sai”.

L’immigrazione – ha aggiunto il rappresentante dell’Anci – non è un tema che si governa in campagna elettorale, ma un fenomeno strutturale con cui dobbiamo confrontarci tutti. Soprattutto per quanto riguarda i minori stranieri non accompagnati, non lo si può lasciare solo ‘sulle spalle’ dei sindaci e dei Servizi sociali dei Comuni. Serve un sistema organizzato e strutturato per affrontare una sfida da cui passa il futuro dei ragazzi che arrivano in Italia e del nostro stesso Paese. Non si può pensare che per un Paese come l’Italia, tra le dieci potenze economiche mondiali sia un problema la gestione di poco più di ventimila minori stranieri non accompagnati che arrivano ogni anno. Siamo convinti che il governo abbia capito l’importanza di affrontare questo tema, anche se l’emendamento Anci al ‘Decreto Cutro’ per finanziare quattromila posti aggiuntivi della rete Sai per i minori non è stato accolto”.

“Tuttavia – ha spiegato Biffoni – malgrado le nostre aspettative di soluzione, i Comuni continuano a impegnarsi nel dare risposte a situazioni spesso complesse. Per esempio, il Comune di Cremona si è fatto carico dell’accoglienza di 470 minori, ben oltre i 100 legati a un progetto già approvato, e lo ha fatto ospitandoli persino in alcuni alberghi in Friuli. Mi chiedo come si possa seguire al meglio il loro inserimento a tanti chilometri di distanza dal Comune che accoglie”.

La soluzione strutturale può essere trovata

Secondo il delegato Anci all’Immigrazione, la soluzione strutturale può essere trovata: “Serve un sistema organizzato con centri di primissima accoglienza, anche per l’eventuale rintraccio di familiari, e inserimento nei progetti Sai dedicati ai Msna, che necessitano di essere ampliati per rispondere concretamente alle necessità di accoglienza. I fatti dimostrano che l’accoglienza ordinaria nei territori, primo passo verso una reale integrazione, funziona quasi sempre. Se problemi ci sono stati finora li abbiamo dovuti registrare nella cosiddetta ‘accoglienza’ straordinaria, che nasce appunto dall’emergenza e dalla carenza di un sistema organico”.

Da più parti, dunque, si spinge per potenziare un sistema zoppicante, ma che se adeguatamente rivisto potrebbe rappresentare una svolta per il futuro del nostro Paese e dei minori non accompagnati che annualmente varcano i suoi confini. Giovani da accogliere, proteggere e inserire nel tessuto sociale per una crescita di tutte le parti coinvolte che nell’inclusione può trovare una vera ragion d’essere.

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