Covid, infermiere di Palermo vaccinato con doppia dose grave, "Ora risposte" - QdS

Covid, infermiere di Palermo vaccinato con doppia dose grave, “Ora risposte”

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Covid, infermiere di Palermo vaccinato con doppia dose grave, “Ora risposte”

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lunedì 27 Settembre 2021

L'uomo, di 43 anni, ha completato il ciclo vaccinale ben 8 mesi fa. Si è ammalato, ha contagiato i suoi familiari e si è pure aggravato. Adesso lotta per farcela.

Un infermiere di 43 anni, vaccinato con doppia dose, è ricoverato in terapia intensiva in gravissime condizioni a causa del Covid.

A darne notizia è Antonio De Palma, presidente nazionale del sindacato Nursing Up: “In queste ore, come ci riferiscono i nostri referenti, l’uomo, originario di Palermo, sarebbe in fin di vita per una gravissima forma di polmonite. È stato trasferito sabato scorso dalla Terapia intensiva dell’ospedale Cervello di Palermo, all’Istituto Mediterraneo trapianti per essere sottoposto a respirazione extracorporea (Ecmo), ultima possibilità per salvargli la vita”.

Ciclo vaccinale completo, da 8 mesi

“Come tanti colleghi, otto mesi fa aveva completato il ciclo vaccinale. Chiediamo a questo punto seri e dettagliati approfondimenti. E non accettiamo, in alcun modo, che tutto ciò finisca nel calderone, ‘timbrato’ come un fatto normale e sfortunato, che rientra nella della mera casistica di quel 5% di inefficacia del vaccino anti-Covid. Ribadiamo – continua De Palma nella nota – la nostra richiesta pubblica al Ministero della Salute, affinché delle motivazioni dei tanti contagi tra gli operatori sanitari sia data contezza attraverso studi ed approfondimenti specifici. Non riteniamo bastevoli meri e variegati pareri, ancorché meritevoli della massima attenzione quando resi da autorevoli personalità del mondo scientifico: i nostri infermieri chiedono posizioni ufficiali sostenute da evidenze scientifiche”.

I dubbi sull’efficacia dei vaccini contro le varianti

“Chiediamo di conoscere quali sono i livelli di copertura immunitaria del vaccino rispetto alla variante DELTA – si legge ancora -. Chi ci assicura che siano gli stessi della variante originaria ALFA? Siamo certi si tratti ancora del 95%, oppure l’efficacia si è ridotta?”.

“L’82% degli operatori infettati sono infermieri”

Secondo il sindacalista, “Governo e Regioni si sono trincerate troppo spesso dietro quella piccola percentuale (circa il 5%) di persone che sarebbero refrattarie al vaccino, dimenticando che siamo alle prese con vite umane, prima ancora che con professionisti della sanità. Il contributo che abbiamo pagato, in termini di decessi e di contagi, noi infermieri italiani, è pesantissimo. E i dati INAIL ribadiscono in modo schiacciante che l’82% degli operatori che si sono infettati sono infermieri”.

Il Covid sembrerebbe colpire soprattutto gli infermieri e non tutti gli operatori sanitari: “Al primo posto, per quanto riguarda la categoria di lavoratori che ha riportato negli ultimi mesi il maggior numero di vittime sul luogo si lavoro, ci siamo ancora noi! Intanto aumentano i focolai in ospedale. Sabato scorso al Cervello di Palermo è stato chiuso il reparto di Nefrologia e dialisi. Ci raccontano anche di un altro focolaio in una RSA laziale con numerosi operatori contagiati. Tutto questo non può lasciarci insensibili. Possono garantire, le Regioni e le aziende sanitarie ed ospedaliere, che in casi come questi l’infermiere sia tutelato da screening di massa continuativi? A che punto è l’attività di misurazione del livello anticorpale degli operatori sanitari già vaccinati in ospedali come quello palermitano?”.

I dubbi sulle misure di prevenzione

I dubbi di De Palma, poi, si rivolgono direttamente alle misure di contenimento: “Ci possono soprattutto assicurare che è stato fatto tutto il possibile, in termini di prevenzione, affinché il 43enne non si ammalasse? È forse solo un caso che si sono contagiati anche i suoi familiari tra cui il padre anziano? Non è giusto, non è opportuno, giustificare tutto con quel 5% di range di potenziale non efficacia del vaccino, troppo facile! Un infermiere diabetico che decide volontariamente di vaccinarsi, che agisce con professionalità e coscienza – conclude -, dovrebbe sentirsi sicuro in merito al suo livello di protezione, soprattutto perché la sua salute è già precaria”.

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