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Cuffaro Quo vadis?

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Cuffaro Quo vadis?

Giovanni Pizzo  |
venerdì 17 Febbraio 2023

Con Cuffaro candidato in tre provincie la sua lista avrebbe forse battuto quelle più forti del centrodestra, diventando probabilmente il primo partito dell’isola.

Salvatore Cuffaro, al secolo Totò, secondo solo al Principe De Curtis, è definitivamente riabilitato.

In sintesi è candidabile. La notizia è intellegibile per chiunque, amici e nemici, simpatizzanti, tanti, antipatizzanti, tanti pure loro. Cuffaro è l’antico Giano, stelle e polvere, della Sicilia, facce di una medaglia che gira e si alterna al cospetto di Kronos. Salvatore Cuffaro detto Totò, alias Vasa Vasa, che fortuna e sfortuna gli portò, personifica la storia di una delle principali parabole, le sintesi con cui si esprime il Vangelo, di una terra dolce e amara.

Lui è l’ultimo dei moichani democristiani della prima repubblica, il primo dei post democristiani della seconda, ed oggi, dopo un lungo periodo passato tra processi, carcere e riabilitazioni, il neo democristiano della terza.

Con la sua Democrazia Cristiana Nuova, è riuscito a passare indenne le forche caudine dello sbarramento delle regionali, quando nessuno ci credeva. È riuscito nell’impresa che non è riuscita a Calenda, per esempio, e ha conteso il piazzamento con la lega di Salvini. Ed ha combattuto le regionali con le mani legate dietro la schiena, senza notabili e ras del voto, e soprattutto senza di lui. Con Cuffaro candidato in tre provincie la sua lista avrebbe forse battuto quelle più forti del centrodestra, diventando probabilmente il primo partito dell’isola.

Questo è il recondito messaggio della completa riabilitazione ai pubblici uffici di oggi. Probabilmente questa chiave di lettura a Cuffaro, l’entrare in campo direttamente, non conviene. Aizzerebbe folle di antipatizzanti seriali, che in lui vedono il totem del Male, protagonisti sfiancati di un’antimafia di poca lotta e molta carriera, ben diversa da quella di Borsellino e Falcone. Conviene a Cuffaro tutto ciò? Probabilmente no. Ma la convenienza, il calcolo, non è la cifra di Cuffaro.

Lui respira di politica, è come immaginare un uomo senza ossigeno. Certo poi nell’ossigeno, ci possono essere polveri sottili, alcune letali, ma puoi chiedere ad un uomo di smettere di respirare? Per lui la politica è patologia di vita, condizione imprescindibile di una natura, la sua, vocata ontologicamente a questo fin da ragazzo, che faceva proseliti da convitto salesiano nutrendosi di politica e pizzette. Perché la sua bulimia di cibo è seconda solo alla sua bulimia di politica. Cuffaro ci ha spiegato, in interviste e libri, che lui è un altro uomo, ha capito che il consenso fine a se stesso, non solo non serve a nulla, ma è pure dannoso. Ha perfino contestato il cuffarismo, che era più dei suoi fedeli, più realisti del re, che suo.

Cuffaro è estremamente intelligente ed ha capito l’evoluzione epocale che è avvenuta mentre lui scontava la sua pena, studiando come un Gramsci democristiano in carcere. Il mondo è totalmente cambiato, i partiti sono cambiati, gli errori sono davanti agli occhi di tutti, le risorse facili non ci sono più, ci sono molte lacrime e poco sangue nella terra di Totò. E per assurdo Cuffaro è più giovane di Schifani, di Lombardo, del tessitore Cardinale, del paternese La Russa, ma molto più esperto di Sicilia di loro. Ne conosce ogni angolo e contrada.

È stato il primo presidente eletto dai siciliani, che da ogni parte dell’isola  potevano permettersi di conoscerlo e di  incontrarlo almeno una volta. Gli altri sono stati presidenti più provinciali, più di collegio, che con una visione globale. Cuffaro nella parabola dei talenti non è il servo che lo ha sotterrato, lo ha investito e lo ha perso, oggi forse lo ha ritrovato. Quien sabe.

Così è se vi pare.

Giovanni Pizzo

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