Cultura, industria “ricca” ma sottovalutata: ecco un potenziale asso nella manica in tempi di magra - QdS

Cultura, industria “ricca” ma sottovalutata: ecco un potenziale asso nella manica in tempi di magra

Patrizia Penna

Cultura, industria “ricca” ma sottovalutata: ecco un potenziale asso nella manica in tempi di magra

venerdì 03 Novembre 2023

Conti pubblici, la coperta è corta? La risposta è la valorizzazione di un settore che può diventare “locomotiva”: la cultura

“Con la cultura non si mangia? Mi pare che i mei atti concreti vadano nella direzione di affermare che con la cultura si mangia! Guardiamo il Pantheon: con un biglietto modesto generiamo risorse importanti”.

Lo ha detto qualche giorno fa il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, riferendosi allo sforzo che l’Esecutivo guidato da Giorgia Meloni sta compiendo già dal suo insediamento (il Governo ha spento la prima candelina proprio qualche settimana fa) nel tentativo di trasformare la cultura in qualcosa di concreto, di superare quella percezione meramente “teorica” della cultura come qualcosa di astratto e di sostituirla con una visione nuova e più pragmatica di un settore con un potenziale economico enorme, rimasto per troppo tempo inespresso.

La presentazione del restauro del Vittoriano e della mostra ‘La Dea Roma e l’Altare della Patria’, avvenuta qualche giorno fa, ha rappresentato un altro importante traguardo perfettamente in linea con gli obiettivi che fin dall’inizio Sangiuliano si è posto. Una azione duplice: da una parte restituire dignità a luoghi simbolo del nostro Paese, come appunto l’Altare della Patria. Dall’altra puntare sulla piena condivisione di questo patrimonio con tutto il pubblico: ricercatori, turisti, cittadini. Dunque non una tutela fine a sé stessa ma che vada di pari passo con la valorizzazione.

Le scelte del Governo nella legge di Bilancio 2024

Con un occhio particolare ai giovani: “È soprattutto a loro che abbiamo cercato di parlare; sono loro che abbiamo provato in particolar modo ad avvicinare alla cultura”, ha sempre ripetuto il ministro. La legge di Bilancio 2024 contiene novità sul fronte della tax credit per il cinema ma anche tagli al Fondo per il cinema. All’articolo 14 del testo bollinato dalla Ragioneria generale dello Stato è prevista l’agevolazione per le opere cinematografiche al 40%, ma viene anche inserita la possibilità di “prevedere aliquote diverse” o di “escludere l’accesso al credito d’imposta” per determinate imprese o gruppi di imprese mentre non appare alcun riferimento al tetto per il credito d’imposta “riferibile al compenso attribuito al singolo soggetto in qualità di regista, sceneggiatore, attore e altra figura professionale”. Nella parte sulla revisione della spesa (art. 88), poi, è previsto il taglio da 750 a 700 milioni annui del Fondo per il cinema.

Rendere più efficiente la spesa pubblica

Sulle scelte operate dal Governo, il ministro è stato molto chiaro precisando che i tagli non sono finalizzati a penalizzare il settore ma a rendere semmai più efficiente la spesa pubblica: “Mi sono permesso di dire che ci sono cose sospette che fanno riflettere e film finanziati con svariati milioni di euro da contributi pubblici che vengono visti da pochissime persone e sono stato crocifisso sui giornali da una casta molto ricca. Ho toccato un santuario di potere”.

Le assunzioni al MiC

Un aspetto molto importante dell’attività svolta dal ministro Sangiuliano, ha riguardato poi le assunzioni al MiC. Ad un mese dal suo insediamento è stato varato un concorso per 518 figure professionali. Ma il ministero è andato oltre: è in dirittura d’arrivo un nuovo concorso per 100 figure professionali destinate proprio all’amministrazione. “Figure come ingegneri, chimici, fisici e biologi che prima non venivano perché pagati poco e che adesso facciamo quasi dirigenti”, ha commentato Sangiuliano. Ed effettivamente, per diventare locomotiva la cultura ha bisogno di competenze. Investire nelle professionalità diventa fondamentale perché le risorse umane sono parte integrante di quel processo di piena valorizzazione del nostro immenso patrimonio artistico e della nostra identità culturale a cui tutti i Governi, ad oggi, hanno detto di voler puntare. La cultura italiana gode di una fama che è mondiale. Le nostre bellezze, i nostri monumenti spesso non hanno bisogno di presentazioni, sono al centro dell’attenzione dei Paesi stranieri e il mondo intero ce le invidia.

Proiettare la cultura italiana in una dimensione internazionale

Da questa consapevolezza è scaturita l’esigenza di pensare, incanalare, proiettare la cultura italiana in una dimensione internazionale. Ad inizio ottobre, ad esempio, il MiC ha partecipato alle celebrazioni per il Columbus day a New York. “Abbiamo voluto stabilire un contatto diretto con le comunità italiane presenti in tutto il mondo”, ha spiegato Sangiuliano il quale, lo scorso agosto ha guidato la delegazione italiana al G20 dei Ministri della cultura riuniti a Varanasi, l’antica Benares, sulle rive del Gange e fra i luoghi più sacri dell’India, “potendo constatare in prima persona un rinnovato interesse verso l’Italia”. Qualche giorno fa si è recato al Louvre chiedendo alla direttrice del museo la restituzione di sette vasi rubati a Ostia. “Si tratta – ha spiegato il ministro – di reperti rubati negli anni ‘40, ‘50 e ‘70 e la direttrice, davanti a tanti testimoni tra i quali giornalisti di ‘Le Monde’, ha ammesso che effettivamente si tratta di beni rubati dalla mafia e ha detto che mai nessun ministro italiano aveva avuto il coraggio prima di rivendicare i propri beni”. Infine, l’iniziativa del ministero della Cultura che consente l’ingresso gratuito, ogni prima domenica del mese, nei musei e nei parchi archeologici statali, un successo che ha visto il coinvolgimento di famiglie, turisti ma soprattutto giovani. A settembre, solo per citare un dato, l’affluenza registrata è stata di 269.114 persone: numeri importanti che testimoniano un rinnovato interesse per i beni culturali italiani, troppo spesso rimasti nascosti.

Carlo Alberto Tregua e Gennaro Sangiuliano

Quando da Direttore del Tg2, Sangiuliano diceva: “Ci ho messo 40 anni per costruirmi”

Era il 25 luglio 2020, il Quotidiano di Sicilia pubblicava l’intervista a Gennaro Sangiuliano quando ricopriva il ruolo di Direttore del Tg2.
Un lungo colloquio che ha toccato diversi temi tra cui lo stato di salute dell’Europa ma anche l’importanza di contrastare la burocrazia e la malapolitica.
Vi riproponiamo di seguito alcuni passaggi.

Qual è la sua opinione sull’attuale situazione europea?
“L’Europa è una grande entità storico-culturale che esiste da sempre, prima ancora della sua costruzione giuridica. Nasce da una comunanza linguistica, letteraria, artistica. Con Carlo V e il Sacro Romano Impero Germanico, ‘il regno su cui non tramonta mai il sole’, si realizza una sua prima unità politica. Inoltre, c’è una comune base religiosa, perché alla base di tutto ci sono le radici giudaico cristiane. Tuttavia, l’Europa politica di oggi non è all’altezza delle aspettative dell’Europa culturale. Prezzolini in ‘L’Italia finisce: ecco quel che resta’ (1939) sosteneva la tesi dell’inadeguatezza degli italiani di oggi rispetto alla loro storia passata. Allo stesso modo, mi sembra ci sia un’inadeguatezza dell’Europa di oggi rispetto alla sua grande cultura e tradizione. Il ‘mercanteggiamento’ a cui a volte assistiamo, non è all’altezza di quella che dovrebbe essere la costruzione europea”.

La questione di fondo è che i Paesi cosiddetti frugali vorrebbero che anche i Paesi mediterranei avessero delle regole comuni, abbattessero il debito pubblico avessero una previdenza sostenibile, non distribuissero sussidi…
“Non dimentichiamo che proprio alcuni di questi rigoristi sono quelli che poi fanno del dumping fiscale… È stata fatta un’unione monetaria senza fare un’unione fiscale, questo è chiaro. Se non hai un’equità fiscale è difficile avere un’equità distributiva”.

Il problema poi è tradurre i tanti passaggi burocratici in benefici per i cittadini…
“Soprattutto in un momento in cui imprese, aziende e la gente che lavora hanno bisogno di un’immediata liquidità. La gente, soprattutto dopo l’emergenza sanitaria ed economica che ha investito il nostro Paese, ne ha bisogno immediatamente”.

Come usciamo da quest’impasse? Governanti di buonsenso cosa potrebbero fare?
“Secondo me il tema a monte è culturale. Ci vorrebbe una ribellione culturale contro quello che io chiamo il ‘Pudpc’ e cioè il Partito unico del politicamente corretto. Dovremmo buttare giù il partito più invasivo e che ha prodotto più danni nel nostro Paese”.

A fronte della necessità di avere più cultura, mi pare che il livello medio di ignoranza sia aumentato…
“Le nostre classi dirigenti si sono molto impoverite negli anni. È sotto gli occhi di tutti. Siamo passati da Spadolini, Moro, Fanfani, Berlinguer, Almirante a… Non voglio fare nomi”.

Allora la politica si studiava nelle scuole…
“E aveva un suo cursus honorum. Cominciavi con fare il consigliere comunale, l’assessore, poi il sindaco, il consigliere provinciale, il consigliere regionale e infine, se avevi stoffa, arrivavi a Roma. Adesso la classe politica si crea nei talkshow televisivi. Tuttavia, in un sistema di competizione globale, ci sono gli altri Paesi del mondo come termine di paragone. Ho scritto la biografia di Xi Jinping, il leader cinese. Ha cominciato facendo il vice sindaco di un piccolo comune di 20.000 abitanti. Per arrivare dove è arrivato ci ha messo quarant’anni, quindi ha conosciuto a fondo delle realtà e ha studiato dei meccanismi. Lo stesso vituperato Putin, per sette anni ha fatto il vice sindaco di San Pietroburgo, quindi anche lui inizialmente si è misurato con problemi concreti. Solo dopo è arrivato a essere il Presidente della Federazione Russa. In Italia questa capacità di formare la classe dirigente si è persa”.

Ci si meraviglia che le decisioni del Governo non arrivino al territorio: siamo ostaggio della burocrazia. È anche questo un fatto culturale?
“Secondo me abbiamo perso un principio di autorità che significa rispetto delle regole e dei ruoli, nonché una certa visione culturale del mondo e della vita. Oswald Spengler, nel libro ‘Il tramonto dell’Occidente’ (1918) preconizza una lenta decadenza dell’Occidente stesso. Decadenza che è determinata proprio dalla perdita del principio del rispetto. Una volta, sia nelle famiglie che nelle antiche tribù, le persone anziane venivano ascoltate e rispettate. Questo è l’elemento che abbiamo perso e che sta portando alla decadenza. Tutti pensano di poter fare tutto. Per poter fare ci devono essere competenze ed esperienze che si formano nel corso di decenni. Io, nel mio piccolo, ci ho messo quarant’anni per costruirmi pian piano, assimilando anche da chi era più bravo e aveva più esperienza di me. Ho imparato e sono arrivato dove sono arrivato. Queste dovrebbero essere anche le dinamiche della politica”.

Tag:

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017