Dipendenza dal Mef, limiti di età e altre criticità. I nodi che la riforma non è riuscita a sciogliere - QdS

Dipendenza dal Mef, limiti di età e altre criticità. I nodi che la riforma non è riuscita a sciogliere

redazione

Dipendenza dal Mef, limiti di età e altre criticità. I nodi che la riforma non è riuscita a sciogliere

venerdì 19 Agosto 2022

Volendo fare a lcune considerazioni sulla nuova normativa, è sostanzialmente irrisolto l’annoso problema della dipendenza logistica dei magistrati tributari dal Mef. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, infatti, come è ben noto, attualmente, oltre a curare la gestione amministrativa delle Commissioni, eroga i compensi (attualmente modestissimi) che la legge prevede per il lavoro dei giudici.

Un fatto che viene considerato da molti come una “dipendenza” (seppure solo logistica) dei Giudici nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria e che ha sempre generato, e purtroppo continua ancora a generare, il sospetto della mancanza di terzietà dei giudici tributari. Sospetto che nella realtà è assolutamente infondato, stante la grande professionalità dimostrata dai Giudici delle Commissione Tributarie, ma che certamente nuoce alla figura del giudice che, oltre ad essere, deve anche sempre apparire “terzo ed imparziale”.

Ridotto da 75 a 70 anni il limite di età per l’esercizio della funzione giurisdizionale tributaria. Un “pensionamento”, quest’ultimo, che, nonostante la previsione di una sorta di “decalage”, potrebbe creare problemi nello smaltimento del grosso arretrato giacente presso le attuali Commissioni, stante che, così come ci ricorda l’Associazione Nazionale Magistrati Tributari, applicando le nuove regole, nel giro di quattro anni il numero attuale dei 2.500 giudici sarà ridotto alla metà.

Scarsamente attenzionati i vecchi Giudici Tributari, specialmente quelli “non togati”, ossia non appartenenti alle Magistrature, ma di estrazione Professionale o della Pubblica Amministrazione. Giudici, questi ultimi, che, vincitori di un concorso per titoli, hanno svolto fino ad ora le stesse funzioni degli altri giudici provenienti dalla magistratura con lo stesso impegno degli altri, nonostante il modestissimo trattamento economico, ed una uguale professionalità. Una professionalità la quale, talvolta, è risultata addirittura arricchita dalle competenze di diritto tributario o da quelle di natura contabile specifiche dei giudici di provenienza rispettivamente dell’Amministrazione finanziaria o dell’ordine dei Commercialisti. Una separazione, che addirittura obbliga gli attuali giudici non togati a partecipare ad un difficilissimo concorso pubblico per potere acquisire la stessa dignità degli altri Colleghi appartenenti alla magistratura ordinaria.

Apprezzabile l’intento di deflazionare il contezioso, incentivando gli strumenti di definizione, anche in sede processuale. Positiva la previsione di sanzioni in caso di mancato accoglimento delle proposte conciliative che, dopo il giudizio, sono risultate valide. Addirittura prevista una responsabilità amministrativa (probabilmente eccessiva vista l’enorme complessità della materia tributaria) per il funzionario dell’Amministrazione finanziaria che porta avanti una controversia la quale si conclude con la soccombenza del fisco nonostante la proposta conciliativa dell’altra parte.

Resta affidata all’Agenzia delle Entrate la gestione della “mediazione/reclamo”. Da tanto tempo, invece, si auspicava l’affidamento di tale istituto ad un soggetto terzo e non a quella stessa parte della controversia che ha emanato l’atto contestato. Anche in questo caso si continua ad alimentare il sospetto di mancanza di imparzialità, ossia il sospetto che l’Amministrazione finanziaria difficilmente possa essere disponibile a modificare il proprio operato riducendo l’originaria pretesa fiscale, anche se parzialmente sbagliata.

Perplessità, nonostante la correttezza del principio, desta la disposizione riguardante i poteri delle nuove Corti di Giustizia tributaria, laddove si precisa che il giudice deve fondare la sua decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio, annullando l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o insufficiente, oppure non coerente con la normativa tributaria sostanziale. Una precisazione giusta, ma che avrebbe già dovuto costituire (e certamente ha sempre costituito) il principio fondamentale nella stesura delle sentenze da parte delle Commissioni Tributarie.

Insomma, una normativa che certamente non solo non premia i vecchi giudici tributari (quelli che fino ad ora hanno svolto con il massimo impegno ed il massimo della professionalità l’ingrato e mal retribuito lavoro di giudicare in una materia estremamente importante, dal punto di vista sociale ed economico), ma che probabilmente, condizionata dalla esigenze del Pnrr e dalla fine anticipata della legislatura, non ha rispettato tutte le aspettative dei contribuenti che da troppo tempo attendono una riforma fiscale ed una riforma del processo tributario in grado di semplificare l’attuale apparato fiscale e incrementare la tax compliance.

S.V.

Tag:

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017