Disabili picchiati sui social, processo alla città di Licata - QdS

Disabili picchiati sui social, processo alla città di Licata

redazione web

Disabili picchiati sui social, processo alla città di Licata

mercoledì 27 Gennaio 2021

Nessuno, denunciano i Carabinieri, nel centro dell'Agrigentino è intervenuto per fermare i tre che li pestavano in strada. La Prefetto, nella giornata della memoria, parla di "erba malefica della prevaricazione"

“Buon compleanno vita miaaa sei meglio di un fratello per me vita mia”.

Così, sul proprio profilo Facebook, Antonio Casaccio, 26 anni, faceva gli auguri a Gianluca Sortino, di 23 (nella foto, tratta da Fb).

I due – con una terza persona, Angelo Marco Sortino, di 36 anni – sono stati sottoposti a fermo, ieri a Licata, nell’Agrigentino, perché avevano malmenato, schernito, addirittura legato con del nastro adesivo facendoli poi ruzzolare come fossero giocattoli in mezzo alla strada alcuni disabili, filmando tutto con gli smartphone e postando le immagini sui social.

I tre fermi – per tortura, sequestro di persona e violazione di domicilio – sono stati firmati ieri dal procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio e dal pm Gianluca Caputo e eseguiti dai Carabinieri di Licata. Entro oggi i pm dovrebbero chiedere la convalida del fermo davanti al Gip.

“Nella giornata della memoria – ha commentato la prefetto di Agrigento Maria Rita Cocciufa -, fatti come quelli verificatisi a Licata ci ricordano che l’intolleranza, la mancanza di rispetto nei confronti del diverso sono ancora attuali e purtroppo presenti nella nostra comunità. Con questa operazione è stata tagliata alla radice l’erba malefica della prevaricazione del più forte”.

Parlando dell’indagine di Procura e Carabinieri che ha portato ai tre fermi, la Prefetto ha sottolineato come sia stato “un lavoro egregio, ma anche complesso, perché dai video si vedevano le violenze, ma non gli autori. Un lavoro che conferma l’attenzione delle forze dell’ordine e la presenza dello Stato in un territorio veramente difficile anche per questo genere di fenomeni che sono inaccettabili”.

Anche perché la vicenda ha portato, sui social, all’apertura di un vero e proprio processo nei confronti della comunità di Licata, visto che nei filmati i disabili che chiedevano, e a gran voce, aiuto, ma i passanti anziché prestare soccorso, oppure chiedere anonimamente l’intervento delle forze dell’ordine, si giravano dall’altra parte e acceleravano il passo, con un’unica eccezione: una donna.

“Per strada – ha evidenziato il comandante provinciale dell’Arma, il colonnello Vittorio Stingo – passavano decine e decine di persone, ma nessuno s’è fermato a prestare aiuto alle vittime, portatori di handicap o incapaci di intendere e di volere Non c’è stata nessuna collaborazione e questa indifferenza collettiva per la sofferenza altrui ci ha colpito. Il branco era costituito da giovani, alcuni sposati e padri di figli, che riprendevano le loro violenze con i cellulari per poi diffondere i video sui social per schernire questi soggetti deboli”.

“Social – ha aggiunto – che da mezzi di comunicazione diventano strumento di diffusione di violenza”.

“Ci siamo ritrovati – ha sottolineato il comandante della compagnia di Licata, il capitano Francesco Lucarelli – davanti alla ‘banalità del male’, perché gli indagati ridevano della sofferenza di queste persone. E’ emersa anche la cultura, come direbbe Papa Francesco, dello ‘scarto’. Le vittime sono state considerate alla stregua di oggetto inutile con il quale potersi dilettare”.

La sottocultura cui appartengono i fermati è immediatamente leggibile da un’analisi veloce dei loro profili facebook: esaltazione della criminalità e del cosiddetto “onore” mafioso, immagini di armi, canzoni “napoletane” dedicate ai carcerati, una dichiarazione d’amore a Niko Pandetta, neomelodico catanese nipote del boss mafioso Turi Cappello, e un intero carosello di orrori filmati scaricati dal social cinese TikTok.

Anche le sevizie, come detto, sono state riprese con i cellulari e caricate sui social: su facebook o su whatsapp e così i carnefici continuavano a deridere le loro vittime.

Una delle vittime sarebbe stata colpita con un bastone, legata con nastro adesivo e abbandonata per strada fino a quando una passante non ha liberato il malcapitato.

In altre occasioni ai disabili presi di mira sarebbe stato imbrattato il volto con della vernice. Oppure erano stati legati a una sedia con un secchio in testa e picchiati.

Secondo i pm non si può escludere che la banda – forse c’erano ancora altri complici – si sia resa protagonista di altri episodi oltre a quelli finiti al centro dell’inchiesta e gli accertamenti sono ancora in corso.

Cinque anni fa Casaccio venne fermato, sempre dai Carabinieri, per aver aggredito, con un complice, un agricoltore sfregiandolo al volto con una bottiglia rotta.

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