Disastri ambientali Pa, motore sballato - QdS

Disastri ambientali Pa, motore sballato

Carlo Alberto Tregua

Disastri ambientali Pa, motore sballato

giovedì 09 Novembre 2023

Territorio fragile per noncuranza

I cambiamenti climatici ed ecologici stanno provocando quegli eventi estremi che vengono definiti straordinari, ma che, data la loro continua ripetizione, possono ormai essere ritenuti ordinari.
I disastri ambientali si susseguono creando vittime e danni considerevoli in tutte le regioni del Paese, soprattutto quelle appenniniche, laddove il territorio è più fragile.

Che significa fragile? Significa noncuranza da parte delle istituzioni nazionali, regionali e locali di quei territori, perché se queste ultime avessero fatto prevenzione, avrebbero provveduto a realizzare tutte quelle necessarie opere per rinforzare le zone a rischio, evitando, per esempio, le esondazioni dei fiumi, le frane, l’erosione delle coste. Questa è un’accusa precisa a tali istituzioni.
La carenza di iniziative, di cui sembra che nessuno abbia responsabilità, continua senza soste e grava finanziariamente in maniera cospicua sulle casse dello Stato.
Nessuna istituzione trae insegnamento dai disastri che si verificano ormai sistematicamente, anno dopo anno, che domandano azioni preventive e di resilienza.

Attuare politiche di lotta ai cambiamenti climatici, pulire il letto dei fiumi, creare vasche di fuga quando vi sono le piene, rinforzare gli argini ed aumentarne l’altezza, demolire gli immobili – seppure approvati – che sorgono in terreni adiacenti e quindi in stato di pericolo, e così via, sono alcuni dei provvedimenti che le istituzioni di ogni livello – ciascuno per la propria competenza – dovrebbero prendere per evitare tali eventi sistematici.

È tutto lo Stivale in condizioni precarie, dal bordo superiore (le Alpi), al tacco (Salento), alla punta (Calabria), alle dorsali tirrenica e adriatica, nonché alle isole.
Eppure, nonostante questa constatazione, il Governo di Roma e le giunte regionali e comunali non prendono iniziative per fronteggiare i futuri disastri, non sappiamo se perché non ne abbiano la capacità ovvero facciano un calcolo poco edificante: tutte le attività relative non portano consenso immediato e quindi si mettono in secondo piano.
Questa è la fotografia di una situazione chiarissima e incontestabile.

In questo quadro vi sono due colpevoli condannabili senza appello. Il primo soggetto è il legislatore, il quale approva leggi complicate, astruse, incomprensibili e di difficile applicazione; leggi che sono dotate di porte e finestre e che consentono le interpretazioni più variegate, le quali non individuano con precisione le responsabilità di chi non compie il proprio dovere.
Fa sorridere l’uso italico secondo il quale nelle Pubbliche amministrazioni di diverso livello sono gli stessi dirigenti che fissano gli obiettivi da raggiungere; ovviamente obiettivi di basso livello, cosicché essi possono conseguire risultati facili che producono ricchi premi.
Quindi, per i/le cittadini/e il danno e la beffa: non solo la Pubblica amministrazione non funziona e quindi non produce quelle attività necessarie per il territorio e per i servizi; in più i dirigenti riscuotono, appunto, i premi che i/le cittadini/e pagano loro mediante le imposte corrisposte agli enti.

La Pubblica amministrazione italiana è come un’autovettura che ha il motore sballato, cioè che funziona poco e male, ma non solo: ha anche altri organi che funzionano poco e male.
Come è pensabile che un’auto possa percorrere strade quando i propri organi meccanici non funzionano bene? Si tratta di una diagnosi incontrovertibile certificata dall’incapacità della stessa Pubblica amministrazione di spendere tutti i soldi disponibili per fare le riparazioni del territorio, fabbricare nuove infrastrutture, migliorare la qualità dell’ambiente.

Ogni anno la spesa effettiva e certificata è all’incirca la metà di quella che doveva essere effettuata. Quando non si spende è perché non si fa, in quanto, al rovescio, facendo e realizzando si spende e si certifica.
Poi vengono nominati i commissari, che sono l’ulteriore certificazione del fallimento della Pubblica amministrazione. Se funzionasse, non ci sarebbe bisogno, appunto, della presenza dei commissari e delle loro corti .

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