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Emergenza idrica in Sicilia, dighe fuori uso: la mappa del disastro

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Emergenza idrica in Sicilia, dighe fuori uso: la mappa del disastro

Claudia Marchetti  |
venerdì 17 Giugno 2022

La situazione delle dighe in Sicilia è questa: in molti casi, si tratta di invasi con lavori in corso, in manutenzione, sperimentali, soggetti a limitazioni se non fuori servizio.

E’ emergenza idrica in Sicilia. Negli ultimi anni la situazione irrigua dei terreni dell’isola così come la precarietà delle dighe e delle condutture che portano l’acqua nelle case e nelle attività commerciali, andava già nella direzione di quello che oggi è un vero e proprio “Sos Acqua”.

Dalla Provincia di Trapani, con le difficoltà al serbatoio San Giovannello e soprattutto con i guasti ai pozzi di Bresciana, fino all’agrigentino, con buona parte della popolazione che vede l’acqua col contagocce. Persino il palermitano, nell’ultimo mese di maggio, come fanno sapere dal Comune, ha visto una serie di disservizi, iniziata con la manutenzione all’Acquedotto Nuovo Scillato che aveva subito una copiosa tanto da ‘bloccare’ diversi comuni costieri ed alcuni quartieri della Città, poi con i guasti all’adduttore di Sciara, e tutta una serie di manutenzioni alle tubazioni di Camporeale e dei distretti Politeama e Centro Storico. 

Diga Agrigento

Ed è proprio dal trapanese che arriva il grido dall’allarme dei proprietari dei fondi rientranti nel comprensorio della Diga Trinità, situata a Castelvetrano, che alimenta i vigneti che portano il territorio ad essere il più vitato d’Italia con 117.658 ettari, ovvero il 17,5% della superficie nazionale. 

Fuoriuscite di acqua dalla Diga Trinità

“Da diverse settimane le paratoie della Diga Trinità sono aperte, provocando la fuoriuscita dell’acqua che si riversa in mare. Se questa situazione non verrà fronteggiata al più presto, la Diga disporrà di un quantitativo di acqua di 3 milioni di metri cubi, a fronte di una capacità di 18 milioni, limitando l’irrigazione estiva”, affermano i presidenti delle cantine Colomba Bianca, Paolini, Europa, Petrosino e Birgi. 

Insomma, bisogna rispettare gli standard stabiliti nel febbraio 2022 dal Ministero che ha limitato la quota degli invasi, tenendo aperte le paratoie. Ciò perché nel novembre del 2021 c’è stato un evento straordinario e imprevedibile: nel trapanese sono caduti per 18 ore, 11 milioni di metri cubi d’acqua. Un evento definito dagli esperti “cinquecentenario”. 

Il grido d’aiuto lanciato dagli agricoltori di Trapani

Gli agricoltori trapanesi si sono presentati nelle scorse ore uniti e un primo incontro si è tenuto su Skype tra tutti gli attori della filiera (imprenditori, sindacati, agricoltori). 

Dino Taschetta

In questo incontro abbiamo lanciato il grido d’aiuto verso le Istituzioni per cercare di fare un piano d’azione comune – afferma il Presidente di Colomba Bianca, Dino Taschetta -. Siamo graziati, perché negli ultimi anni ha piovuto molto, però basta un anno di siccità per farci perdere tutto. Chiediamo alla politica di mettersi ad un tavolo per studiare le strategie ad hoc, altrimenti rischiamo di non riuscire ad intercettare i fondi del Pnrr. Sono molto preoccupato, negli ultimi tempi vedo posti occupati da gente che ha tante competenze ma non si sa cosa faccia e in quali termini. Non vogliamo fare una guerra, ma anzi vogliamo lavorare in sinergia. Ci sono zone più piovose e altre meno, bisogna quindi interconnettere le dighe, senza acqua diventa difficile fare viticoltura in Sicilia”

Dall’assessore alle Infrastrutture della Regione Marco Falcone, i produttori attendono ancora una risposta: “Il ministero competente ha abbassato ulteriormente la quota d’invaso portando a circa 3 milioni il volume disponibile per l’irrigazione. Standard che sono molto al di sotto delle esigenze consortili”. 

“La produzione del territorio servito dalla Diga Trinità è di circa600mila quintali di uva che, moltiplicata per una media di 40 euro a quintale, corrisponde a 24 milioni di euro Perdere anche solo il 20% vuol dire buttare al vento 4,8 milioni con grave danno per il settore e tutte le famiglie che vi lavorano”, dicono ancora i viticoltori. 

Dighe in Sicilia, la mappa del disastro

Ma la situazione delle dighe in Sicilia è questa: in molti casi, si tratta di invasi con lavori in corso, in manutenzione, sperimentali, soggetti a limitazioni se non fuori servizio.

Allo stato attuale sono 46, di cui 10 ad Enna: Cuba e Pasquasia che non hanno nessun utilizzo, la Don Sturzo è irrigua come la Nicoletti, l’Olivo, Pozzillo, Sciaguana e Pietrarossa; Villarosa è industriale. Ad Agrigento sono irrigue le dighe Arancio, Castello, Furore, Gibbesi, Laghetto Gorgo, San Giovanni, Santa Rosalia e Cannamasca. L’AICA, l’azienda idrica dei comuni dell’agrigentino – subentrata a Girgenti Acque – stima perdite fino al 50% raccogliendo i disagi che i tanti agricoltori dell’hinterland stanno vivendo da molti, troppi mesi.

Nel nisseno, Cimia, Comunelli e Disueri sono dighe irrigue ma mal tenute. Tant’è che la Prefetta Chiara Armenia ha chiesto l’aggiornamento dei Piani di emergenza “… per fronteggiare situazioni di pericolo che possono compromettere la stabilità e la sicurezza dello sbarramento. I competenti organismi regionali con il concorso degli enti gestori, procedano a una revisione dei documenti di Protezione Civile redatti per ciascuna delle dighe ai sensi della normativa vigente”. 

Nel palermitano, Fanaco e Pian del Leone sono potabili così come le dighe Rossella e Scanzano della Regione Sicilia; Gammauta, Guadalami Monte e Valle, Piana degli Albanesi e Prizzi sono idroelettriche, Garcia, Poma e Rosamarina sono irrigue così come Marchesa. In gran parte sono gestite dall’Amap.

Anche nel capoluogo siciliano la scarsa manutenzione degli invasi ha provocato quest’anno un eccesso di acqua che non è stato possibile conservare e quindi è finita in mare. A gennaio di quest’anno, grazie alle piogge, si sono aggiunti 16 miliardi di litri d’acqua a quelli già accumulati a fine 2021. Rosamarina contiene oltre 83 milioni di metri cubi d’acqua, mentre Poma ne contiene 73 milioni. Queste ultime due sono gli invasi più ricchi. 

In Provincia di Trapani, da cui parte il grido d’allarme, oltre a Trinità sono irrigue le dighe di Paceco, Zaffarana e Rubino, quest’ultima era stata chiusa un anno fa per la presenza di un’alga rossa altamente tossica per coltivazioni e allevamenti. 

La Regione già a marzo scorso aveva pronto un Piano per liberare gli invasi di propria competenza dai sedimenti che si sono depositati all’interno. Si dovrebbe iniziare da Pian del Leone (AG), da Cimia e Comunelli (CL). Il Governatore Musumeci punta sul Pnrr per attingere fondi da investire negli interventi agli invasi.

Claudia Marchetti

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