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Emigrazione, in un secolo e mezzo tre milioni di sicliani sono andati via in cerca di fortuna

Michele Giuliano

Emigrazione, in un secolo e mezzo tre milioni di sicliani sono andati via in cerca di fortuna

martedì 12 Luglio 2022

Sono i dati del 34esimo Rapporto Italia dell’Eurispes. Addii legati esclusivamente alle opportunità occupazionali

PALERMO – Tre milioni di siciliani hanno lasciato casa, famiglia, amore, amici, certezze, per andare a cercare fortuna altrove, in una terra meno amata ma anche meno difficile. In 146 anni, a partire da pochi anni dopo l’unità d’Italia e sino al 2019, sono stati tanti, tantissimi gli isolani che hanno scelto, per il bene economico della propria famiglia, di trasferirsi al di fuori dei confini nazionali. Dunque addii legati quasi esclusivamente per opportunità occupazionali che in Sicilia non sono riusciti a trovare.

In totale sono quasi 30 milioni gli italiani che sono andati all’estero

I dati vengono dal 34esimo rapporto Italia dell’Eurispes, l’ente italiano che si occupa di studi politici, economici e sociali. In totale, sono stati quasi 30 milioni che, tra il 1869 e il 2019 hanno lasciato i confini nazionali, quasi la metà della popolazione italiana odierna. Di questi, il 46% degli espatriati italiani appartiene al Nord e il 44% al Sud. Se si guarda alle regioni, ecco il Mezzogiorno che recupera strada: se la regione con il maggior numero di espatri è il Veneto, con 3.756.183 espatri, il 13% del totale, subito a seguire troviamo la Campania, con 3.046.355 (10%) e la Sicilia con 2.996.872 espatriati (10%); subito dopo, la Lombardia, con 2.825.118 partenze (10%) e il Piemonte, con 2.555.493 espatri (9%).

Buona parte degli emigrati non è più tornata

Buona parte di questi emigrati non ha più fatto ritorno stabilmente in Italia: il numero di rimpatriati, per l’intero periodo considerato, è di 11,9 milioni, per cui il numero di italiani effettivamente emigrati dal 1869 al 2019 è pari a circa 17 milioni (17.527.992). Subito dopo l’unificazione politica dell’Italia, l’emigrazione era proibita o controllata; solo con la legge “Crispi” (1888) l’emigrazione divenne completamente libera.

Nei decenni a cavallo tra la fine del 19esimo secolo e l’inizio del 20esimo, l’emigrazione italiana sale fino al 24,9% tra il 1901-1910. Dal 1899 al 1910, ad esempio, gli italiani occupano il primo posto nell’emigrazione verso gli Stati Uniti. È stata poi la legislazione fascista (1927-1946) a introdurre restrizioni, in particolare con la rottura dei rapporti tradizionali con gli Stati Uniti, impedendo e controllando i movimenti della popolazione.

È stata poi la legislazione repubblicana a cercare di elaborare una prospettiva internazionale e di includere l’emigrazione di lavoratori in accordi bilaterali o multilaterali sul lavoro, per inserire la forza lavoro italiana nella costituzione di una Comunità Economica Europea integrata. Una nuova fase di emigrazione è stata registrata tra il 2007 e il 2019: in questo periodo sono stati registrati poco più di un milione di espatriati, di cui ben 520.067 (51%) appartengono al Nord, 178.782 (18%) al Centro e 318.784 (31%) al Mezzogiorno. Ciò nonostante, la Sicilia si mantiene sopra la media nazionale dell’indice di emigrazione, insieme al Molise e alla Calabria al Sud.

In questi anni emergono nuove tipologie di espatriati

Se si fa il saldo con coloro che sono rimpatriati, il numero effettivo degli emigranti scende a 512.934, di cui, 148.585 appartengono al Mezzogiorno. In questi anni emergono nuove tipologie di espatriati, come l’emigrazione “di rimbalzo” o “previdenziale”: la prima riguarda chi, dopo anni di emigrazione e successivamente al rientro in Italia in vecchiaia, preferisce ritornare nel paese di emigrazione, dove risiedono i figli o altri componenti della propria famiglia; la seconda, invece, riguarda i pensionati che ritengono più vantaggioso il soggiorno all’estero. Già nel 2012 erano stati raccolti dati al riguardo, ed era emerso come la popolazione in movimento fosse per lo più giovane, tra i 25 e i 34 anni, per almeno due terzi di sesso maschile; come motivazione della partenza, sia il lavoro che la ricerca di un luogo diverso in cui vivere. In contraddizione con lo stereotipo dei “cervelli in fuga” però, tra gli italiani che partono per l’estero, di 25 anni e più, solo il 31,1% è laureato.

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