Facile distruggere, difficile costruire - QdS

Facile distruggere, difficile costruire

Carlo Alberto Tregua

Facile distruggere, difficile costruire

venerdì 11 Novembre 2022

Sentiamo molta gente che ama darsi delle arie come pavoni, con il rischio che a forza di gonfiarsi possono scoppiare. Per contro, vi sono quelli che valgono e non se ne vantano. Perché questo incipit? Per indicare che molta gente, supponente, ritiene di criticare, anche ripetutamente, ciò che fanno gli altri dimenticando la propria incapacità di fare qualcosa e di farla bene.

Dal che si deduce che è sempre facile distruggere mentre è difficile, o molto difficile, costruire.
Ciò accade perché la gran parte della gente dimentica che prima di reclamare i propri diritti dovrebbe assolvere il compito di completare i propri doveri. Chi non parte dai doveri per arrivare ai diritti, rovesciando tale priorità, è un supponente che non ha la minima voglia di fare quanto dovrebbe mentre continua a blaterare che gli altri – a cominciare dallo Stato – devono dargli qualcosa per soddisfare i suoi diritti.
In fondo, la questione è tutta qui: diritti prima dei doveri o doveri prima dei diritti.

Chi capisce le cose che scriviamo? Chi è dotato di cultura media la quale si accumula leggendo molti libri (decine, centinaia o migliaia); ovviamente libri che inducano ad aumentare le conoscenze e ad alimentare il funzionamento della mente che così diventa più capace di discernere fra il Bene e il Male, fra le cose buone e le cose cattive.

Chi agisce come scritto prima? Purtroppo poche persone. Molte, invece, tendono ad accollare agli altri le colpe della propria pochezza, nascondendo invece le proprie responsabilità sulla incapacità di osservare con obiettività e quindi trarne le conseguenze.
Qualcuno dice che non bisogna mai negare niente a nessuno, che le richieste dei cittadini devono essere accolte, a prescindere, che si devono fare scelte anche politiche basandosi sui sondaggi ed altre amenità di questo genere.

La verità è un’altra. Quando è il momento di negare, bisogna negare. Negare non è durezza e non significa escludere qualcuno da qualcosa. Negare – quando è giusto – è un modo corretto di applicare le regole etiche che devono essere al primo posto in una Comunità.

Tutto ciò accade perché non viene messo al primo posto della scala dei valori di chi opera o di chi lavora quello che viene bistrattato da molti: il merito.
Sull’argomento vi sono diverse tesi diffuse anche dai media sociali che lo indicano con il suo contrario: il demerito.

Costoro, anziché considerarlo un elemento molto positivo di chi opera bene, lo considerano falsamente un privilegio. Non si sa bene perché e per cosa, salvo la risibile tesi che bisogna difendere i più deboli e incapaci, livellando al basso la qualità delle opere delle persone.
Dal che si giustificano l’invidia e la gelosia di chi non si è mai voluto impegnare e quindi non ce la fa, nei confronti di chi invece emerge con le proprie forze e con i propri sacrifici.
Perché di questo si tratta, non vi può essere il raggiungimento di un buon obiettivo se le capacità non vengono “condite” con il sudore e la fatica.

Proprio quando non si privilegia il merito ma – come accade in alcune famiglie o in alcuni ambienti – si regala l’ottenimento di un obiettivo o il successo senza merito alcuno, è come somministrare arsenico, non quello a gocce ma quello molto più pericoloso che è la diffusione di idee venefiche e tossiche.

Possiamo sintetizzare che “il successo regalato è successo avvelenato”. Guai a fare capire a un giovane o a qualcuno meno giovane che può conseguire un risultato positivo facilmente, senza impegnarsi a fondo e senza pensare che nulla è gratuito e per qualunque cosa bisogna pagare un prezzo anche rilevante.

Le questioni che abbiamo analizzato dovrebbero essere oggetto dell’insegnamento nelle scuole a partire dai ragazzi di 13 anni per fare capire come effettivamente funzionano le cose e per evitare che le cretinerie diffuse nei media sociali possano attecchire.
In altre parole, la scuola dovrebbe far erigere all’interno della mente dei ragazzi la capacità di distinguere il Bene dal Male con nettezza e senza nessuna opacità. Oppure la scuola non serve a niente.

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