Le famiglie attendono da 600 giorni il ritorno dei ragazzi bielorussi - QdS

Le famiglie attendono da 600 giorni il ritorno dei ragazzi bielorussi

Maria Francesca Fisichella

Le famiglie attendono da 600 giorni il ritorno dei ragazzi bielorussi

mercoledì 20 Ottobre 2021

Prima il Covid, poi le tensioni internazionali hanno bloccato questo programma di solidarietà. Sono settanta i nuclei siciliani che aspettano da quasi due anni notizie da Roma e Minsk

PALERMO – Di certo tutti conosciamo quanto un’attesa, seppur breve, possa essere percepita come un tempo infinito, dove pensieri confusi si accavallano e si rincorrono come biglie impazzite. Un’attesa, poi, che si trascina ormai da oltre seicento giorni deve essere una prova assai dura. Eppure è quella che sta segnando le vite delle famiglie ospitanti e dei minori bielorussi che nel nostro Paese sono accolti quattro mesi all’anno per soggiorni terapeutici, che rientrano nei programmi solidaristici post-Chernobyl, e a oggi bloccati nel loro Paese, senza la possibilità di raggiungere affetti consolidati per via della pandemia prima e dalla politica a seguire.

Una storia di solidarietà lunga trent’anni, che dunque si è interrotta bruscamente. Abbiamo ripercorso le tappe di questa vicenda con il presidente Sergio De Cicco e con il consigliere, Marco Mochi dell’Associazione di volontariato Puer Onlus (Ente morale che nasce ufficialmente nel dicembre 1993).

Il presidente ripercorre la timeline di questa vicenda illustrando come si sono susseguiti fino a oggi i fatti che hanno portato alla manifestazione del 7 ottobre scorso a Roma, davanti alla Farnesina. Si sperava di riaprire i percorsi di accoglienza già nel dicembre del 2020 grazie a un protocollo di sicurezza, che non ha più trovato la sua efficacia con il riaffacciarsi di un nuovo aumento dei contagi. Trascorrono i mesi; in primavera inoltrata – ad aprile – l’Associazione chiede un incontro con i responsabili bielorussi per capire se esista o meno la volontà di riprendere il percorso. L’incontro c’è e risulta assai proficuo. Addirittura vi partecipa il direttore responsabile della compagnia aerea bielorussa, il quale si impegna ad assicurare voli Covid-free (per bambini e accompagnatori). Il 24 maggio tutto sembra dire che sia la volta buona, ci racconta il presidente De Cicco. E invece, a bloccare ancora una volta gli ingranaggi ci pensa l’incredibile dirottamento a Minsk del volo Ryanair tra Atene e Vilnius, che polarizza tutta l’attenzione della politica estera europea. Da qui le sanzioni alla Bielorussia, tra cui il divieto di sorvolo dello spazio aereo comunitario per la compagnia Belavia. “Interveniamo cercando di far pressione sul Ministero degli Esteri – ci spiega De Cicco – perché la Commissione europea scrive che nonostante le sanzioni sono autorizzati i voli umanitari. E puntando ogni chance su questa possibilità inviamo la documentazione al ministero degli Esteri affinché si possa interloquire con l’Ambasciata bielorussa a Roma”.

Trascorre l’estate, aspettando una risposta che non arriva. E si giunge all’autunno 2021. E in gioco rimangono sempre i sentimenti di minori e adulti, i quali – questi ultimi – qualora volessero raggiungere i ragazzi dovrebbero far scalo in Turchia (per via del divieto di sorvolo) con un notevole aumento dei costi del viaggio…

Il presidente De Cicco ricorda un dato non di poco conto: questi programmi nati a seguito del disastro di Chernobyl hanno accolto in Italia ben 750.000 ragazzi in trent’anni e il nostro Paese si conferma campione di accoglienza senza eguali. Sono sempre i numeri a parlare: il consigliere Marco Mochi ci dice che in Sicilia sono settanta le famiglie ospitanti. Il Lazio ne conta 190, la Lombardia cinquanta e altrettante il Piemonte, Emilia Romagna, Puglia e Calabria ne contano ciascuna quaranta, la Liguria venti e così anche la Toscana e l’Abruzzo. L’Umbria dieci, il Molise cinque e la Sardegna trenta.

Dunque, se appare chiaro, come ci dice il presidente De Cicco, che le Istituzioni italiane ed europee abbiano fatto tanto, manca ora quel passo in più che dia una soluzione a questo stallo, che è di difficile comprensione per chi è ormai da quasi due anni attesa di un abbraccio.

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