Fiorella Mannoia a Sanremo con “Mariposa”. “Come una farfalla che imbraccia un fucile” - QdS

Fiorella Mannoia a Sanremo con “Mariposa”. “Come una farfalla che imbraccia un fucile”

redazione

Fiorella Mannoia a Sanremo con “Mariposa”. “Come una farfalla che imbraccia un fucile”

Gino Morabito  |
giovedì 01 Febbraio 2024

L’artista romana porta sul palco dell’Ariston un brano ispirato alla tragica vicenda delle sorelle Mirabal

Attenta all’attualità, Fiorella Mannoia non ha mai avuto paura di prendere posizione, convinta che leggerezza e impegno debbano andare di pari passo. In gara al 74° Festival di Sanremo con la canzone “Mariposa”, si apre per l’artista romana un indimenticabile anno di festeggiamenti.

Torna in gara all’Ariston per la sesta volta con un brano di cui firma in prima persona il testo insieme a Cheope e Carlo Di Francesco. Ce lo racconteresti?

“La canzone è nata durante la visione di una serie che si intitolava ‘Il grido delle farfalle’. Una serie meravigliosa sulle sorelle Mirabal, ovvero ‘las mariposas’, le farfalle. Le chiamavano in quel modo perché erano le più belle di tutto il loro villaggio. Si batterono contro la dittatura dell’allora generale Trujillo, negli anni Sessanta, e fecero una brutta fine. Il Governo le trucidò scaraventandole in un dirupo e tentando di far passare quell’uccisione per un incidente automobilistico. Ma l’opinione pubblica non ci credette e si indignò a tal punto da costringere il dittatore a dimettersi”.

La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne è stata istituita in onore delle sorelle Mirabal. È così?

“Furono uccise – a causa della loro dissidenza – proprio il 25 novembre del 1960. È in loro onore che abbiamo intitolato la canzone ‘Mariposa’. Fatta eccezione del titolo, nel brano poi non si nominano più le sorelle Mirabal, se non nei versi di una farfalla che imbraccia il fucile. Un’immagine che, volendo, potrebbe essere riportata alle donne curde. Ma questa è un’altra storia”.

Per il resto la canzone è un manifesto femminile?

“Ogni frase ha un’immagine evocativa. Si parte dalla strega in cima al rogo passando per la farfalla che imbraccia il fucile, per arrivare al racconto di quello che siamo state, di quello che siamo e di quello che saremo. Libere e orgogliose di cantare il nostro essere donne”.

Sempre dalla parte dell’altra metà del cielo. Che cosa significa questo per te oggi?

“Noi donne dovremmo sentire questa sorellanza. Dico dovremmo perché – ahimè – non è così. Purtroppo, certe volte, sui social si vedono dei messaggi feroci, più di quelli degli uomini, di donne contro altre donne. E questo mi fa molto male. Il mio impegno, l’essere attenta a ciò che mi circonda, a quello che la società oggi vive, lo sento quasi come un dovere. Così come quando abbiamo organizzato ‘Una. Nessuna. Centomila’. Dovevamo fare di più. Allora con Giulia Minoli, Lella Paladino e Celeste Costantino abbiamo deciso di creare una fondazione, della quale io sono presidente onorario, per cercare di portare avanti il nostro desiderio di stare accanto alle donne, soprattutto a quelle in difficoltà”.

Da quel testo cucitole addosso da Enrico Ruggeri e da lei inizialmente bistrattato sono passati ormai trentasette anni. Un lasso di tempo durante il quale hai continuato a cantare quello che le donne non dicono?

“Oggi le donne hanno imparato a dire le cose, ma non tutto. Spesso i drammi si consumano in famiglia e non confessi quello che succede neanche a tua madre, a tuo padre o alle amiche. Quanto a quel testo, poi mi sono venuti quasi i sensi di colpa, perché le canzoni appartengono al pubblico”.

Rossa di capelli e di fede, oggi si presenta con una canzone dalla musica travolgente e il ritmo ballabile. Un’interprete diversa da quella delle ballad, ma pienamente sé stessa. Esistono tante “versioni di Fiorella”?

“Chi viene ai miei concerti conosce le mie diverse sfaccettature. Sa quanto a me piaccia anche giocare, ballare, muovermi. Forse, dal grande palco dell’Ariston, nessuno mi aveva mai visto così. E questa sarà la novità: un testo importante su una musica gioiosa, ritmica, latina”.

Quello di Sanremo è un palco che mette soggezione. Che significato ha per te tornare?

“Vorrei dire di tornare all’Ariston più spensierata, più serena, tranquilla… ma mentirei. Ogni volta che si sale su quel palco, soprattutto in gara, le emozioni sono sempre le stesse, e anche le paure. Non importa quanti anni hai, quante volte ci sei andata e se ci tornerai”.

Il 74° Festival della canzone italiana rappresenta una prima importantissima tappa in questo 2024 così speciale. A settant’anni, quali nuovi progetti?

“Abbiamo delle scadenze impellenti: Sanremo e poi ‘Una. Nessuna. Centomila’ i prossimi 4 e 5 maggio all’Arena di Verona. Però stiamo già cercando di organizzarci per capire che festa vorrò fare. Perché sicuramente è un traguardo speciale, un traguardo da festeggiare”.

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