Foibe, Giornata del Ricordo: tutelare pace e libertà - QdS

Foibe, Giornata del Ricordo: tutelare pace e libertà

roberto greco

Foibe, Giornata del Ricordo: tutelare pace e libertà

Roberto Greco  |
sabato 10 Febbraio 2024

Ieri a Villa Whitaker, alla presenza del prefetto Mariani, le celebrazioni per rinnovare la memoria della tragedia delle Foibe e dell’esodo degli istriani, fiumani e dalmati dalla loro terra

PALERMO – La sala Carlo Alberto dalla Chiesa di Villa Whitaker, sede della Prefettura, ha ospitato ieri, in occasione del ventesimo anniversario della sua istituzione, avvenuta con la Legge 30 marzo 2004 n. 92, la celebrazione del “Giorno del Ricordo”, istituito per conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle Foibe, dell’esodo degli istriani, fiumani e dalmati dalle loro terre alla conclusione del secondo conflitto mondiale.

All’evento commemorativo hanno partecipato gli studenti del Liceo classico Giovanni Meli, del Liceo musicale Regina Margherita, dell’Istituto comprensivo Manzoni-Impastato e della Scuola media statale Antonio Gramsci, che hanno offerto il loro contributo di riflessione e ricordo con elaborazioni artistico-musicali, dedicate alle vittime delle Foibe e agli esuli.

Tra gli intervenuti, oltre alle massime autorità civili e militari, c’era anche Gino Zambiasi, presidente dell’Associazione nazionale degli esuli Giuliano-Dalmati di Palermo e che oggi vive nel capoluogo siciliano. “Sono nato a Fiume – ha raccontato – e mio padre, originario di Barco di Levico Terme, in provincia di Trento, si unì ai legionari di Gabriele D’Annunzio e prese parte all’impresa di Fiume. Lasciammo Fiume nel settembre del 1948. Mio padre fece di tutto per rimanere, ma fu praticamente impossibile farlo. Fummo costretti ad andare via, a lasciare tutto. Il primo approdo per noi fu il campo profughi di Trieste”.

Zambiasi ha assistito con i propri occhi alle scene dei prelevamenti effettuati casa per casa dai soldati di Tito e ricorda che “di fronte casa nostra c’era un italiano, titolare di una piccola drogheria. Una mattina sentimmo la moglie gridare dalle scale. Diceva che il marito non c’era più, che l’avevano portato via. Mario, il droghiere, non era fascista, non aveva ricoperto nessun incarico istituzionale e non era neppure un oppositore politico dei titini. Mario non sarebbe stato capace di uccidere una mosca nel suo negozio. Ma non bisognava essere tutto questo: era italiano e questo bastava, il loro intento era farci andare via in qualsiasi modo. Mio padre poi, non aveva né la voglia né il tempo di correre dietro alla politica”.

L’accanimento era diretto nei confronti di chiunque indossasse la divisa: carabinieri, poliziotti, “persino i postini, che ai tempi indossavano una sorta di uniforme, erano scambiati per ufficiali e quindi soppressi”.

Negli anni successivi all’abbandono della propria casa a Fiume, ha ricordato Zambiasi “ogni agosto veniva a trovarci un vicino di casa di Fiume, un palermitano, che pregava mio padre affinché andasse con lui nel capoluogo siciliano. Diceva che la città era bella come la nostra Fiume, che c’era anche il mare. Così dopo cinque anni, nel 1953, decidemmo di trasferirci qui a Palermo, in una casa a Sferracavallo”.

Dopo aver spiegato ai ragazzi presenti cosa fossero le Foibe, la loro dislocazione geografica di confine e aver ricordato Italo Svevo, facendo notare che il vero nome dello scrittore era Aron Hector Schmitz, ebreo di origini tedesche che, di cultura mitteleuropea, ha tratto il suo pseudonimo dalle due discendenze, italiana e tedesca, che formarono la sua educazione, il prefetto Massimo Mariani ha puntualizzato che “sono quasi 300.000 mila i nostri connazionali che hanno dovuto subire, oltre alle violenze perpetrate nei loro confronti, anche l’esodo che li ha costretti ad abbandonare tutto alle loro spalle. Connazionali che, già italiani di nascita, hanno di deciso di continuare a essere italiani affrontando il lungo viaggio della speranza. Ricordare la tragedia delle Foibe deve essere una nostra pratica quotidiana non soltanto per la tragedia in sé, ma per l’importanza per quanto abbiamo conseguito nel tempo, la pace, la libertà e valori che devono essere salvaguardati il più possibile”.

“Dobbiamo farlo oggi più che mai – ha aggiunto – perché viviamo una stagione caratterizzata da una guerra nel cuore dell’Europa e dalle rivendicazioni territoriali e dei confini, tutte questioni che ritenevamo esserci lasciati alle nostre spalle. Proprio per questo la ‘Giornata del ricordo’ deve essere anche il momento di ricordo di questi valori che ognuno di noi deve portare con sé e, se necessario, difendere”.

Alcuni dei ragazzi presenti hanno presentato delle elaborazioni grafiche da loro realizzate. “Ho voluto immaginare e rappresentare – ha detto una delle ragazze – il dolore di chi ha dovuto lasciare alle sue spalle la casa, quanto aveva e il terrore che hanno subito queste vittime innocenti”.

La commemorazione è stata arricchita dalla presenza dello storico Fabio Lo Bono, delegato per la Sicilia della Società Studi Fiumani-Archivio Museo di Fiume, autore del libro “Popolo in fuga”, che raccoglie le testimonianze della buona accoglienza siciliana riservata agli esuli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e che ha raccontato ai ragazzi presenti il lungo viaggio di chi ha lasciato quei territori e le stragi del 1943 e del 1945. È stata inoltre allestita una mostra documentaria dell’esodo in Sicilia.

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