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La mafia, gli appalti, ora la confisca: chi è l’imprenditore Li Pera

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La mafia, gli appalti, ora la confisca: chi è l’imprenditore Li Pera

Roberto Greco  |
domenica 19 Marzo 2023

La DIA ha eseguito un provvedimento di confisca di beni nei confronti di Giuseppe Li Pera. E il suo nome evoca il “dossier mafia-appalti” e l’indagine voluta da Giovanni Falcone. Ecco la sua storia

“A volte ritornano” è il titolo scelto per la versione italiana di “Night Shift”, la prima antologia di racconti di Stephen King che contiene gran parte delle storie brevi più vecchie scritte da King pubblicata nel 1978. Lo stesso titolo, “Sometimes They Come Back”, fu utilizzato per il film firmato Tom McLoughlin, uscito nel 1991, la cui trama è tratta da una delle storie dell’antologia di King.

Perché “a volte ritornano”? Perché, proprio il 17 marzo, un venerdì 17 degno di Stephen King, la DIA di Caltanissetta ha dato esecuzione ad un provvedimento di confisca nei confronti di un imprenditore originario di Polizzi Generosa (PA), ma da anni residente a Caltanissetta il cui nome è Giuseppe Li Pera, geometra.

Chi è Giuseppe Li Pera?

Attivo sulla scena imprenditoriale a partire da metà anni Ottanta, è accusato di avere accumulato il proprio patrimonio stando a stretto contatto con i vertici di Cosa nostra. Il geometra Li Pera, nel 2007, è stato condannato per associazione mafiosa, dopo oltre 15 anni in cui è stato anche collaboratore di giustizia.

Sul geometra e sul suo disinvolto operato posero gli occhi anche i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino nell’ambito dell’inchiesta su mafia e appalti. Li Pera sarebbe stato uno dei soggetti più in vista nel cosiddetto sistema Siino, con cui Cosa nostra controllava gli appalti pubblici con la compiacenza di politici e funzionari pubblici. A quell’epoca il Li Pera era dipendente della “Rizzani de Eccher”, società del Nord Italia attiva nei lavori pubblici anche in Sicilia.

Tuttavia Li Pera avrebbe lavorato non solo per favorire l’impresa, ma anche per allacciare rapporti con i boss, rapporti che in futuro gli avrebbero consentito una più facile ascesa imprenditoriale.

La vicinanza di Li Pera a Cosa nostra, nel tempo, lo portò ad avere rapporti con figure del calibro di Antonino e Giovanni Buscemi, Giovanni Brusca, Angelo Siino, Mario Giuseppe Scinardo, Vito Nicastri, Francesco Scirocco, Diego Rinella, Calogero Pulci.

Li Pera è stato ritenuto anche vicino all’imprenditore Pietro Di Vincenzo, in passato numero uno di Confindustria e destinatario di una confisca di beni dall’ingente valore.

La collaborazione con la Giustizia di Li Pera iniziò nel giugno 1992 e si interruppe nel gennaio del 2001, anno in cui cominciò l’ascesa imprenditoriale della sue numerose società, intestate a prestanome e operanti nei settori dei parchi eolici in provincia di Catania, Messina e Trapani, dell’edilizia privata residenziale, attraverso la realizzazione di numerosi appartamenti e locali commerciali a Serradifalco, nonché di un parco acquatico e relative strutture di ristorazione a Caltanissetta e, in ultimo, di prestigiosi residence costituiti da ville mono e plurifamiliari a schiera, lungo il litorale tirrenico a est di Palermo da Trabia a Campofelice di Roccella. Li Pera, inoltre, è stato oggetto di in sequestro di beni nel luglio 2020.

Le investigazioni preventive della DIA, si legge nella nota che ha comunicato la confisca, “hanno disvelato un quadro d’insieme composito, caratterizzato da un complesso reticolo societario, solo formalmente riconducibile a vari soggetti (fisici e giuridici direttamente o indirettamente al predetto collegati) e, solo apparentemente, svincolato da connessioni con il mondo della criminalità organizzata, lo stesso, già dal 2007, risultava condannato definitivamente per il reato di cui all’art. 416 bis c.p., al termine di complesso percorso giudiziario, le cui origini risalgono al 1991, nell’ambito dell’indagine del R.O.S. comunemente denominata ‘mafia e appalti’.

Nell’ambito di tale sistema era emersa anche la figura dell’odierno proposto (Li Pera, ndr.) il quale, alla fine degli anni ‘80, quale dipendente di una grossa società del nord Italia (la Rizzani de Eccher, ndr.), attiva nel settore delle grandi opere negli appalti pubblici, non soltanto si prodigò in favore di quella società per ottenere illeciti vantaggi in termini di aggiudicazione e gestione degli appalti in Sicilia ma, grazie alla sua vicinanza al contesto mafioso dell’epoca, ne trasse personale illecito arricchimento tramite una impresa allo stesso direttamente riconducibile”.

“Dossier mafia-appalti”, di cosa si tratta

La DIA parla del “dossier mafia-appalti”. Riavvolgiamo il nastro del tempo e torniamo al febbraio 1991. Il 20 febbraio 1991, i carabinieri del Ros depositarono alla procura di Palermo l’”informativa mafia e appalti” relativa alla prima parte delle indagini che seguirono un input di Giovanni Falcone.

L’invio del dossier seguì l’informativa del 2 luglio 1990 e quella del 5 agosto 1990, a firma dell’allora capitano Giuseppe De Donno, con oggetto “Annotazione relativa alle indagini di polizia giudiziaria esperite in merito ad una associazione di tipo mafioso tendente al controllo e/gestione di attività economiche concessioni appalti e servizi pubblici” indirizzate al dottor Giovanni Falcone e al dottor Guido lo Forte.

Il dossier passò per le mani prima dell’allora capo della procura di Palermo, Pietro Giammanco, e poi dei sostituti Guido Lo Forte, Giuseppe Pignatone e Roberto Scarpinato. Il 9 luglio 1991 la procura chiese cinque provvedimenti di custodia cautelare e, ai legali dei cinque arrestati, fu stranamente consegnata l’intera informativa del Ros, anziché gli stralci relativi alle posizioni dei diretti interessati, con il risultato che tutti i contenuti dell’indagine vennero resi pubblici, vanificando il lavoro degli investigatori.

La vicenda provocò una frattura insanabile tra il Ros e la procura di Palermo e diverse polemiche sui giornali, che parlarono addirittura di “insabbiamento” della parte d’indagine che chiamava in causa esponenti politici.

Il 13 luglio 1992, sei giorni prima della strage di via d’Amelio, fu presentata dai sostituti procuratori della Repubblica Guido Lo Forte e Roberto Scarpinato, con il visto del Procuratore della Repubblica Pietro Giammanco, un’argomentata richiesta di archiviazione, archiviazione che sarà presentata il 22 luglio 1992, tre giorni dopo la strage di via d’Amelio, e posta in essere, con la restituzione degli atti, il 14 agosto 1992.

Roberto Greco

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