Quel guazzabuglio della gestione dei rifiuti: ancora scarsa l’aggregazione tra i Comuni - QdS

Quel guazzabuglio della gestione dei rifiuti: ancora scarsa l’aggregazione tra i Comuni

redazione

Quel guazzabuglio della gestione dei rifiuti: ancora scarsa l’aggregazione tra i Comuni

Chicco Testa  |
martedì 11 Giugno 2024

Spunti interessanti sulla governance di settore nell’ultimo “Green Book” redatto da Utilitatis, centro di ricerca nazionale. L’87% delle gare viene bandito a scala di singolo comune, di solito di medie o piccole dimensioni

Ormai i Rapporti che descrivono il settore dei rifiuti urbani sono molti: il Rapporto Rifiuti urbani di Ispra, quello di Assoambiente “Italia che ricicla”, da anni ormai anche il Green Book redatto da Utilitatis, Centro di ricerca nazionale di settore, con aggiornamento 2023 presentato pochi giorni fa. Un volume ricco di informazioni e numeri, sia di natura tecnica, ma soprattutto economica e gestionale, e questo rappresenta l’aspetto più interessante di questa pubblicazione.

Se i capitoli più tecnici ripropongono, con alcune elaborazioni, i dati già contenuti nel Rapporto Ispra (produzione di rifiuti, raccolte differenziate e riciclaggio, deficit impiantistico, inceneritori e discariche, export), i capitoli dedicati all’analisi economica ci consegnano spunti interessanti. Prima di tutto la fotografia della Governance. Se ormai da alcuni anni si sta consolidando (con alcune criticità) la presenza di Arera come regolatore nazionale, l’assetto di regolazione locale appare ancora poco chiara, indefinita e variegata. Parliamo degli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) che le Regioni devono perimetrare.

La mappa degli Ato ancora complicata

La mappa Italiana appare ancora complicata: una regione non li ha voluti costituire (Lombardia), alcune Regioni (3) non li hanno ancora definiti, altre hanno definito ambito molto grandi (regionali) divisi al loro interno in subambiti e aree di raccolta. Insomma il Green Report ci conferma un problema di cui si discute da anni, senza essere arrivati ad una conclusione: quanto è grande “l’ottimalità” di una gestione? Se da un lato in Italia ci sono comuni minuscoli e affidamenti comunali molto piccoli sono di sicuro inefficienti, ambiti troppo grandi generano “diseconomie di scala” e ledono la concorrenza. Basti pensare al dibattito sulla gestione dei rifiuti urbani nella capitale, Roma.

Il ritardo e le difficoltà da parte delle regioni ad individuare con chiarezza “dimensioni gestionali” ottimali segnala (a differenza di quanto avvenuto per il servizio idrico) una specifica caratteristica del settore dell’igiene urbana e della gestione dei rifiuti urbani. Settore in cui per gli impianti esistono evidentemente economie di scala documentate, nella fase dei servizi stradali queste economie sono molto incerte, e molti modelli locali sono possibili.

Il settore rifiuti appare ancora fortemente frammentato

Di certo il settore appare ancora fortemente frammentato, con moltissimi affidamenti, molte aziende (pubbliche e private), molti gli iscritti all’Albo Smaltitori (oltre 170,000). Un capitolo molto interessante del Green Book è quello dedicato alla analisi delle gare d’appalto, che l’istituto di ricerca svolge dall’inizio della sua attività, nel 2004. Analizza le gare svolte dai Comuni dal 2014 al 2023, in tutto oltre 2800 procedure ad evidenza pubblica. Leggendolo si scopre che esiste un’Italia degli appalti, fatta di comuni che scelgono aziende private e fatta di molte aziende che operano in concorrenza, in un mercato dinamico e brillante, di solito poco segnalato nel dibattito pubblico.

Le gare si riferiscono prevalentemente ai servizi di raccolta, non al ciclo integrato dei rifiuti. Per questo la durata degli affidamenti è di solito limitata (fra i 2 e i 5 anni), molto rari quelli superiori al quinquennio. Un elemento che consente un veloce turnover degli operatori ma che forse potrebbe essere regolato meglio per garantire una ragionevole durata degli investimenti e delle modifiche organizzative. L’87% delle gare viene bandito a scala di singolo comune (di solito medio piccoli) ed è molto infrequente che i comuni si associno per bandire una gara, raggiungendo una dimensione ottimale del bacino servito (lo fanno a volte con le Unioni dei Comuni). Anche questo punto andrebbe forse affrontato, favorendo con qualche forma di incentivo l’aggregazione delle stazioni appaltanti, ed evitando così la “burocrazia” delle ATO. Il ricorso alle gare è concentrato in alcune (poche) regioni: la Campania (679 bandi che rappresentano il 24% del totale), la Lombardia (447 gare, pari al 16% del totale) e Calabria (436 bandi, pari al 15% del totale), seguono il Lazio, la Puglia, la Sicilia e la Sardegna.

Eccessiva presenza degli affidamenti in house

Una mappa a macchia di leopardo, che segnala una eccessiva presenza degli affidamenti in house, e che relega l’appalto o la concessione a privati ad una nicchia di mercato importante (circa il 30/32 % della popolazione italiana) ma ancora minoritaria, quando, secondo la legge italiana (152/06) dovrebbe essere la regola.

Il settore dei rifiuti urbani appare da anni solido, con oltre 13 miliardi di fatturato (0,7% del PIL), 86.000 addetti. Il campione di 439 aziende analizzate presenta bilanci in ordine, con redditività crescenti in ragione della dimensione o del fatto che gestiscono impianti e non solo raccolte. Aziende, molte delle quali private, che possono investire e contribuire così, in un regime di mercato, a raggiungere gli obiettivi di economia circolare che ci siamo dati.

Chicco Testa
Presidente AssoAmbiente

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