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Franco Gabrielli  |
giovedì 09 Febbraio 2023

La strategia di marketing finalizzata a creare forti aspettative da parte del pubblico

di Franco Gabrielli
Filosofo

Tra i vari anglicismi, ha assunto oggi una certo rilievo la parola inglese Hype, letteralmente “montatura, gonfiamento”, ad indicare la strategia di marketing finalizzata a creare forti aspettative da parte del pubblico in merito a un certo evento o prodotto.

In altri termini, si prepara l’immissione sul mercato di un prodotto, di un servizio, di un evento, generando un’attesa spasmodica organizzata attorno al desiderio degli utenti.

Il desiderio, rispetto al bisogno, ubbidisce alla logica della mancanza, per sua natura mai pienamente colmabile, e per questo continuamente presente, martellante, insopprimibile, a fare da sfondo permanente al modo di essere degli umani.

Accrescendo il desiderio per l’uscita di un prodotto, lavorando sull’insopprimibile sentimento di attesa da parte dei fruitori, il marketing crea una sorta di tempo mitico, in cui il prodotto assume quasi le sembianze di un dio pagano e salvifico che giunge per realizzare, portare a compimento le attese più alte degli umani.

È, in pratica, una forma di seduzione, di fascinazione dell’anima, che si trova, a un certo punto, totalmente identificata, dimentica del resto, con l’attesa stessa dell’evento che sta per irrompere.

La messa in scena del prodotto o dell’evento è più importante del prodotto o dell’evento stesso: come direbbe Jacques Lacan, il significante predomina sul significato.

Il tutto finisce per generare quella che Jean Baudrillard, riferendosi all’accumulo e alla profusione dei grandi magazzini, definisce “salivazione fiabesca”. Tuttavia, si aprono qui due possibili falle di questa operazione di marketing.

La prima falla, di ordine etico, riguarda la seduzione, che non dovrebbe rispondere sempre alle logiche del sensazionalismo, della passività del fruitore, dell’usa e getta, “dimentica e apriti al nuovo”, “scarta e compra”, ma anche a quella che un grande pensatore del nostro tempo, Gilles Lipovetsky, chiama la seduzione aumentata, responsabile.

Tale seduzione non ha niente a che fare con un impossibile quanto vago regno dello spirito, semmai con l’idea vitale, creativa, concreta di una società capace di scorgere dell’altro oltre il godimento, la fruizione immediata, l’urgenza dell’adesso o presentismo estremo.

Ecco le sue precise parole: “La nostra responsabilità è quella di promuovere, al posto di una seduzione passiva, una seduzione aumentata, una seduzione suscettibile di dare impulso a passioni ricche e buone, quelle che consentono lo sviluppo di sé, l’arricchimento delle esperienze e delle facoltà umane”.

La seconda falla, di tipo psicologico, concerne il rischio di bruciare il prodotto o l’evento ancora prima che esca sul mercato, avendo saturato l’immaginario degli utenti con la continua celebrazione della sua attesa, della sua imminente uscita, generando, magari, anche aspettative troppo alte.

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