L’inflazione in Sicilia non molla la presa - QdS

L’inflazione in Sicilia non molla la presa

Michele Giuliano

L’inflazione in Sicilia non molla la presa

venerdì 24 Febbraio 2023

I dati Istat sull’inizio del 2023 sono ancora impietosi, la corsa al rialzo dei prezzi mantiene lo stesso trend del 2022. L’elaborazione dell’Unc: Catania è la città con la percentuale più alta

PALERMO – L’inflazione in Sicilia non sembra voler mollare la presa, anzi. Ormai la doppia cifra è una certezza, e ai freddi numeri, nella vita di tutti i giorni, si va ad accompagnare un quadro a tinte fosche in cui tante famiglie hanno serie difficoltà ad arrivare a fine mese, in una vita che permette ormai soltanto di pagare le bollette e fare la spesa cogliendo le offerte sui volantini. L’Unc, unione consumatori, ha stilato la top ten delle città più care d’Italia tra i capoluoghi di regione e i comuni con più di 150 mila abitanti, elaborando i dati Istat.

Nel mese di gennaio appena trascorso, Catania si trova al settimo posto in termini di rincaro annuo per una famiglia composta da 3 persone, con un aumento di 3.152 euro, ma si trova al primo posto in termini percentuali, salendo ben al 12,6%. La seconda, Genova, scende quasi di un punto percentuale all’11,8%. Il rincaro più alto in euro si registra a Bolzano, con ben 3.647 euro spesi in più in un anno, mentre la percentuale più bassa registrata tra le prime dieci città è del 9,6%, a Brescia.

Non è solo Catania a segnare numeri record in termini di aumenti dei prezzi. Se si guarda alle città più care nella sola Sicilia, altri capoluoghi non sono da meno, superando di gran lunga città ben più grandi e titolate: Palermo arriva all’11,7%, seguita da Messina all’11,5% e Siracusa all’11,4%. Ancora, Trapani all’11% e Caltanissetta al 10,3%. Numeri in controtendenza rispetto ai valori generali registrati nella penisola: secondo i dati definitivi di gennaio resi noti dall’Istat e rielaborati da Unioncamere, l’inflazione annua scende al 10% dall’11,6% del mese precedente.

Grazie soprattutto all’inverno più caldo di sempre in molti paesi europei e, in seconda battuta, al tetto al prezzo del gas, sono diminuiti i costi dei beni energetici e conseguentemente l’inflazione. In particolare, a raffreddare l’inflazione è stato soprattutto il mercato tutelato.

L’energia elettrica del mercato tutelato è crollata del 18,1% su dicembre, il gas del mercato tutelato del 36% sempre sul mese precedente, mentre la luce del libero solo del 9,6%. Dato ancora più assurdo quello del gas del libero mercato, che sale del 2,6% su dicembre. Rispetto a un anno prima, se nel mercato tutelato il prezzo della luce e il gas segnano una variazione, rispettivamente, del +6,1% e del -33,4%, nel libero decollano ancora del +174,8% per la luce e del +117,8% per il gas.

“Ecco perché il governo deve rinviare la fine del mercato tutelato – afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori – considerato anche che i condomini, i luoghi di culto e le associazioni, anche no profit, tutti incomprensibilmente assimilati alle microimprese, è prevista, per l’energia elettrica, già al primo aprile 20123, tra poco più di un mese”.

Secondo Unioncamere, inoltre, vanno prorogati il taglio degli oneri di sistema e la riduzione dell’Iva sul gas al 5%, anche per il secondo trimestre 2023, visto che con la legge di bilancio si è intervenuti solo fino a fine marzo.

“La riduzione delle bollette – conclude Dona – è, infatti, fondamentale per continuare a calmierare i prezzi. L’emergenza inflazione è ben lungi dall’essere risolta. Il costo della vita resta insostenibile”. Secondo i dati Istat rielaborati da Unioncamere, per una coppia con due figli, l’inflazione al 10% significa una stangata pari a 3.167 euro su base annua, di cui 969 solo per mangiare e bere. Per una coppia con un figlio, la spesa aggiuntiva annua è pari a 2.931 euro, 875 per cibo e bevande. In media, a livello nazionale, per una famiglia il rincaro è di 2.514 euro. Il primato spetta sempre alle famiglie numerose con più di tre figli, che vedono la spesa annua aumentare di oltre 3.500 euro, 1.200 solo per i prodotti alimentari.

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