Infortuni sul lavoro, impennata in Sicilia in nove mesi 56 morti (sette in più del 2018) - QdS

Infortuni sul lavoro, impennata in Sicilia in nove mesi 56 morti (sette in più del 2018)

Michele Giuliano

Infortuni sul lavoro, impennata in Sicilia in nove mesi 56 morti (sette in più del 2018)

venerdì 08 Novembre 2019

L’Inail rivela un aumento statistico di incidenti anche mortali: a settembre oltre 2 mila denunce. Le cose non vanno meglio sul fronte delle malattie professionali (1.193 denunce)

PALERMO – Tanto parlare di sicurezza sul lavoro, con una legislazione che si aggiorna ma che non trova, evidentemente, riscontro nella vita quotidiana dei lavoratori: il numero degli incidenti sul lavoro, gravi e mortali, sono in aumento in Sicilia.

È quanto emerge dalle ultime rilevazioni statistiche fatte dall’Inail, l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. Stando ai dati Inail, in Sicilia, nel solo mese di settembre scorso, sono state registrate 2.020 denunce d’infortunio, mentre nello stesso periodo del 2018 erano state 1.857.

Nella sola Palermo si è passati dalle 402 registrate nel settembre dell’anno scorso alle 478 di quest’anno, nello stesso periodo. Un trend che segue la stessa linea d’onda di quello registrato a livello nazionale, con 3.180 morti nell’ultimo triennio, contro i 1.018 nel 2016, 1.029 nel 2017 e 1.133 nel 2018. L’aumento nell’isola riguarda i casi mortali: dai 49 del periodo gennaio-settembre 2018, si è passati ai 56 registrati nello stesso periodo del 2019, mentre a Palermo i caduti sul lavoro tra gennaio e settembre di quest’anno sono stati 17, contro i 13 nello stesso periodo del 2018.

Gli incidenti mortali sul lavoro aumentano, soprattutto in Sicilia, e questo dato è inaccettabile. Non vogliamo più assistere alla semplice retorica del ‘piangere il giorno dopo’, servono scelte ben precise e immediate – commenta il segretario generale della Uil Sicilia, Claudio Barone -. Il numero degli ispettori del lavoro è insufficiente, non ci sono norme valide se non c’è chi vigila per farle rispettare. Bisogna smetterla con questo atteggiamento ipocrita, chiediamo una convocazione immediata, insieme all’Inail, per intervenire e garantire ai siciliani massima sicurezza nei luoghi di lavoro”.

Le cose non vanno meglio sul fronte delle malattie professionali: sul territorio regionale, infatti, si è passati dalle 1.123 denunce del periodo gennaio-settembre 2018 alle 1.193 nello stesso periodo di quest’anno, mentre a Palermo i casi di malattia professionale sono pari a 195 per il periodo gennaio-settembre 2019, contro i 155 nel medesimo periodo del 2018. “Segno, questo – scrive l’economista Franco Garufi – che la famosa ‘quota cento’ non ha risolto i problemi creati dalla ‘legge Fornero’ e che lavoratori sempre più vecchi pagano a prezzo più caro le carenze nella sicurezza determinate dai mancati investimenti aziendali, dalla non attuazione dei percorsi formativi pur esistenti e dall’insufficienza delle strutture della Regione addette ai controlli, ispettorati del Lavoro e Asp in particolare”.

Un miglioramento potrebbe venire fuori dalle iniziative intraprese dal Consiglio di indirizzo e vigilanza per il riconoscimento dell’autonomia finanziaria dell’Inail, affinché l’istituto possa disporre dei propri avanzi di bilancio per finanziare nuove o maggiori attività; auspichiamo – dice Michelangelo Ingrassia, presidente del comitato consultivo provinciale dell’Inail – che l’istituenda Commissione d’inchiesta sulla sicurezza nei luoghi di lavoro cominci da qui”.

I dati dovrebbero essere la base da cui partire per sviluppare una proposta politica efficace. “Pur di guadagnarsi un salario si accetta di tutto – dice ancora Franco Garufi – sotto-retribuzione, lavoro nero, il rischio di cadere da un’impalcatura precaria in un cantiere non a norma, di finire schiacciato da un carrello in un supermercato oppure di venire ucciso da una trave mal collocata. Non basta più esprimere cordoglio dopo ogni morte. Ora è tempo di rimboccarsi le maniche e di fare di tutto per sottrarre chi lavora al ricatto del rischio come unica alternativa alla disoccupazione”.

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