Inquinamento e altri danni ambientali, l’Italia ancora nel mirino di Bruxelles - QdS

Inquinamento e altri danni ambientali, l’Italia ancora nel mirino di Bruxelles

Rosario Battiato

Inquinamento e altri danni ambientali, l’Italia ancora nel mirino di Bruxelles

sabato 04 Luglio 2020

La Commissione Ue ha inviato al nostro Paese due lettere di messa in mora e un parere motivato. Rischia anche la Sicilia, già coinvolta in 10 infrazioni per il mancato rispetto dell’ambiente

PALERMO – Altre tre frecce, di dimensione e portata differente, sono state scagliate dalla Commissione Ue contro l’Italia. Si tratta di due lettere di messa in mora e di un “parere motivato”, rispettivamente primo e secondo stadio della procedura comunitaria d’infrazione, per violazioni della legislazione ambientale dell’Unione, in particolare per materie relative all’inquinamento atmosferico, per carenze della legislazione nazionale in relazione al danno ambientale e per i ritardi nel regolamento per il riciclaggio dei materiali ricavati dalla rottamazione delle navi.

EMISSIONI
La prima infrazione riguarda la “direttiva Nec” del 2016 (Ue 2016/2284) sugli impegni nazionali di riduzione delle emissioni. Quest’ultima stabilisce che gli Stati assumano degli impegni nazionali di riduzione (rispetto al 2005, per il periodo 2020-29 e dal 2030 in poi) delle emissioni per i cinque più importanti inquinanti atmosferici: gli ossidi di azoto (Nox), i composti organici volatili non metanici (Covnm), il biossido di zolfo (So2), l’ammoniaca (Nh3) e il particolato fine (Pm2,5).

Agli Stati membri era stato richiesto di sottoporre alla Commissione, entro il primo aprile 2019, i loro primi “Programmi nazionali per il controllo dell’inquinamento atmosferico”, da aggiornare poi almeno ogni quattro anni, e a scadenza più breve se richiesto dai nuovi dati. In quest’ottica l’Italia risulta, assieme al Lussemburgo, uno dei Paesi più in ritardo per la notifica a Bruxelles del proprio piano nazionale, nonostante i richiami della Commissione già a maggio scorso, quando era stata presentata solo una bozza. Adesso ci sono 90 giorni per mettersi in regola.

DANNO AMBIENTALE
Il secondo capitolo riguarda una direttiva del 2004 in merito alla responsabilità per danno ambientale (2004/35/Ce). Nello specifico si tratta della mancata garanzia legale, nell’ordinamento italiano, del diritto, per tutte le categorie di persone fisiche e giuridiche, di ricorrere presso le autorità nazionali competenti affinché intervengano per prevenire o riparare i danni all’ambiente, con azioni correttive che devono essere imposte all’operatore responsabile.

Inoltre, questa specifica direttiva garantisce anche che le conseguenze finanziarie dell’azione correttiva vengano messe a carico dell’operatore economico che ha causato il danno. Già una sentenza pregiudiziale del giugno 2017 della Corte europea di giustizia aveva messo in evidenza questo aspetto. La Commissione, a tal proposito, ha verificato la legislazione di tutti gli Stati membri in relazione a questo diritto, concludendo che ben 16 Stati, tra cui l’Italia, non si sono ancora adeguati. Anche in questo caso ci sono circa 3 mesi per risolvere questa situazione.

RICICLO MATERIALI DELLE NAVI
La situazione è più seria per quanto riguarda la terza infrazione che riguarda il regolamento del 2013 sul riciclaggio dei materiali ricavati dalla rottamazione delle navi (Ue 1257/2013). In questo caso si è arrivati al “parere motivato”, ultimo avvertimento prima del ricorso in Corte europea di giustizia, per la mancata adozione di misure volte a prevenire l’elusione del Regolamento sul riciclaggio dei materiali della navi dopo la loro rottamazione, e in particolare di un regime di sanzioni applicabili a chi viola queste norme Ue. In particolare, il regolamento stabilisce che tutte le navi di grandi dimensioni, battenti bandiera di uno Stato membro, siano riciclate in modo sicuro e sostenibile. L’Italia, dopo una prima lettera di messa in mora, ha risposto con la designazione delle autorità competenti e delle persone di contatto, ma non è ancora soddisfacente, secondo quanto richiesto dalla Commissione, il meccanismo sanzionatorio per chi viola o elude le norme Ue in questo campo.

I CASI SICILIANI
Anche la Sicilia, pur non avendo un ruolo specifico in questi ultimi richiami, è parte in causa, secondo l’ultimo aggiornamento del dipartimento Politiche europee sulla base della Banca dati Eurinfra e riportato nel documento “Procedure d’infrazione di interesse per la Regione Siciliana” aggiornato al 20 giugno dello scorso anno, in ben 10 procedure che riguardano l’ambiente. Ci sono le quattro per la depurazione – su una di queste già si pagano le sanzioni pecuniarie –, le due sulla qualità dell’aria e in particolare in relazione al superamento dei valori del limite di PM10 e sull’obbligo di rispettare i livelli di biossido di azoto (2015-2043), un’altra per i rifiuti pericolosi e le discariche, e le ultime tre che riguardano la gestione del rumore ambientale nelle aree urbane, il monitoraggio delle qualità delle acque e la mancata designazione delle Zone speciali di conservazione e delle misure di conservazione previste dalla Direttiva Habitat.

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