Insularità, un principio rimasto solo sulla “Carta” - QdS

Insularità, un principio rimasto solo sulla “Carta”

redazione

Insularità, un principio rimasto solo sulla “Carta”

Vittorio Sangiorgi  |
venerdì 07 Aprile 2023

Nell’ultima legge di bilancio solo 5 milioni per le Isole. La Sardegna va allo scontro, la Sicilia sceglie la linea del dialogo

La modifica e la riformulazione dell’articolo 119, come noto, ha reintrodotto il tema delle isole e della cosiddetta condizione di insularità nella Costituzione italiana. Un traguardo raggiunto dopo un lungo iter burocratico che costituisce un indirizzo di cui Governo e Parlamento devono tener conto in vari ambiti come, ad esempio, l’allocazione delle risorse economiche e gli investimenti infrastrutturali. Tale traguardo, tuttavia, rappresenta di fatto solo il primo passo per garantire una piena ed effettiva applicazione del principio costituzionale e, quindi, adottare e promuovere “tutte le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità”. Vale a dire che è necessario un percorso di attuazione da parte del Governo nazionale, tramite uno degli strumenti legislativi previsti dalla nostra Carta costituzionale, che rappresenti l’ultimo e più importante tassello del grande mosaico dell’insularità. Che serva qualcosa in più, che sia necessario fare meglio e di più – d’altra parte – risulta evidente dall’ultima legge di bilancio che, numeri alla mano, ha previsto soltanto dieci milioni di euro in favore delle isole maggiori italiane in ossequio al “nuovo” principio costituzionale.

Un’inezia se si considera che i cittadini isolani sono 6 milioni 576 mila suddivisi tra Sicilia, Sardegna e le 80 isole minori, praticamente il 10% della popolazione nazionale, e che gli aspetti su cui intervenire sono molti e di fondamentale importanza. Si pensi solo ai cosiddetti quattro pilastri della società civile: sanità, istruzione, trasporti e infrastrutture, giustizia. Una cifra che stona anche con i 100 milioni cadauno per le due isole maggiori stanziati dalla precedente legge di bilancio. Certo, va riconosciuto che quella del Governo Meloni per la stesura e l’approvazione della finanziaria è stata una vera e propria corsa contro il tempo, che i binari su cui muoversi erano tracciati, che vi erano emergenze enormi come il caro energia e che si è operato in un’era di “vacche magre”.

Tuttavia era lecito attendersi qualcosa in più, motivo per cui la Regione Sardegna ha deciso di impugnare la stessa legge di bilancio presso la Corte costituzionale. Decisione non condivisa dalla Sicilia perché, come ha spiegato il presidente regionale Schifani, si è “scelto di seguire un percorso diverso, quello del confronto, non dello scontro”. Vedremo quali saranno gli esiti di questo ricorso e come si evolverà la situazione ma – lo dicevamo – il deludente intervento della legge di bilancio impone la necessità di ulteriori mosse governative utili ad ultimare il percorso di attuazione del principio di insularità.

In questo contesto si inserisce il Disegno di legge sull’autonomia differenziata elaborato da Roberto Calderoli, ministro per gli Affari regionali e le autonomie locali. Un testo che ha mosso i primi passi con il doppio sì in Consiglio dei Ministri e con l’approvazione della conferenza Stato – Regioni. In quest’ultimo caso, com’era annunciato, si è registrato il no degli Enti a guida centrosinistra (Emilia – Romagna, Toscana, Puglia e Campania).

Il Ddl costituzionale targato Calderoli, d’altra parte, è stato molto criticato perché ritenuto penalizzante nei confronti del Meridione. Accuse respinte nettamente dallo stesso ideatore, che ha ribadito più volte di non voler “spaccare l’Italia” ed ha anzi legato l’autonomia differenziata all’insularità. Concetto sposato da Giorgio Mulè, esponente siciliano di Forza Italia e vicepresidente della Camera, che ha definito le due misure complementari ed ha dato qualche indicazione su ciò che serve per la piena attuazione del principio di insularità. Mulè, infatti, ha parlato di un fondo già previsto per colmare quella situazione di svantaggio di cui parla il nuovo articolo 119, presso il ministero dell’Economia. Un fondo che potrà essere attivato dopo l’insediamento della Commissione bicamerale sull’insularità, prevista nelle prossime settimane. E all’insularità si fa riferimento anche nel Ddl della discordia e, precisamente, all’articolo 9 (che, di seguito, riportiamo integralmente). Ci siamo chiesti per quale motivo si sia scelto di ribadire nuovamente tale principio in Costituzione anziché procedere speditamente per la sua piena attuazione.

La volontà del ministro Calderoli e, più in generale, dell’Esecutivo Meloni era forse quella di ribadire l’assenza di contrasto tra autonomia differenziata ed insularità. Vedremo quali saranno le prossime tappe e come si muoverà concretamene il Governo. Certo è che è urgente una piena ed effettiva applicazione dell’articolo 119, soprattutto alla luce dell’attuale momento storico e dell’opportunità offerta dal Pnrr. Legare i fondi destinati al Sud e alle aree più svantaggiate della nazione al riconoscimento costituzionale appare doveroso. Occorre invertire la rotta e colmare quel divario esistente tra aree isolane e “terraferma”: ricordiamo, a tal proposito, che secondo le stime di Eurostat sul Pil pro capite in Europa, un isolano sconta un gap annuo di circa 10 mila euro. Gap che cresce leggermente in Sardegna e Sicilia le quali, nel 2018, registravano valori rispettivamente di 20 mila e 17 mila euro a fronte della media comunitaria pari a 34 mila euro. Un Paese a due velocità non cresce e si arena: sostenere lo sviluppo e la crescita delle isole significa quindi sostenere lo sviluppo e la crescita di tutta l’Italia.

Cosa dice l’articolo 9 del Ddl sull’autonomia differenziata

Ai fini della promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale, dell’insularità, della rimozione degli squilibri economici e sociali e del perseguimento delle ulteriori finalità di cui all’articolo 119, quinto e sesto comma, della Costituzione, anche nei territori delle Regioni che non concludono le intese, lo Stato, in attuazione dell’articolo 119, commi terzo e quinto, della Costituzione, promuove l’esercizio effettivo dei diritti civili e sociali che devono essere garantiti dallo Stato, dalle amministrazioni regionali e locali nell’esercizio delle funzioni riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni o alle funzioni fondamentali di cui all’articolo 117, secondo comma, lettere m) e p), della Costituzione, previa ricognizione delle risorse destinabili, anche attraverso:

a) l’unificazione delle diverse fonti aggiuntive o straordinarie di finanziamento statale di conto capitale, destinate alla promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale, alla rimozione degli squilibri economici e sociali e al perseguimento delle ulteriori finalità di cui all’articolo 119, quinto comma, della Costituzione, semplificando e uniformando le procedure di accesso, di destinazione territoriale, di spesa e di rendicontazione, al fine di garantire un utilizzo più razionale, efficace ed efficiente delle risorse disponibili, e salvaguardando, al contempo, gli specifici vincoli di destinazione, ove previsti, nonché la programmazione già in corso alla data di entrata in vigore della presente disposizione. Resta comunque ferma la disciplina prevista dall’articolo 4 del decreto legislativo 31 maggio 2011, n.88

b) l’unificazione delle risorse di parte corrente e semplificazione delle relative procedure amministrative

c) l’effettuazione di interventi speciali di conto capitale da individuare mediante gli strumenti di programmazione finanziaria e di bilancio di cui all’articolo 7, comma 2, lettere a), d) ed f) della legge 31/12/2009, n 196.

d) il Governo informa la Conferenza unificata, ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 81, circa le attività poste in essere ai sensi del comma 1 del presente articolo.

“Seguire il modello Baleari, dove lo Stato copre il 70% dei costi per i trasporti”

Per approfondire i temi di carattere costituzionale e i risvolti politici, economici e sociali del principio di insularità abbiamo intervistato Gaetano Armao, professore dell’Università di Palermo, nonché ex vicepresidente ed assessore all’Economia della Regione siciliana. Attualmente presiede l’Associazione per l’insularità che – insieme ad altre realtà isolane italiane – ha dato vita all’Osservatorio Sicilia- Sardegna.

Una realtà che, come spiega Armao, “nasce dall’esigenza di rendere effettivo e attuale la riforma costituzionale. Per fare questo serve un monitoraggio continuo, non solo sulla Legge di Bilancio che è stata infatti impugnata dalla Regione Sardegna – ma su ogni questione dirimente. Penso ai prezzi dei voli, che in questi giorni sono inaccettabili. Speriamo che gli esposti ad Antitrust e Autorità di vigilanza portino risultati, ma ritegno possa essere molto più proficua la richiesta dell’attuazione piena, da parte del Governo centrale, della carta costituzionale. Non dimentichiamo che i ministri e il presidente del consiglio giurano sulla Costituzione, quindi hanno tutti giurato ossequio al riconoscimento dell’insularità. Da parte nostra – prosegue Armao – monitoreremo tutti i provvedimenti. Lo abbiamo già fatto evidenziando che il rapporto sulla coesione – presentato dal ministro Fitto al Parlamento – non menziona l’insularità. Abbiamo segnalato al ministro questa situazione problematica. La nostra è un’attività propositiva, non di critica ma tesa ad evidenziare quanto sia importante adottare questo principio. Lo strumento legislativo migliore per completare il percorso? Nessuno di noi è in condizione di dire al Governo quello che deve fare. Spetta proprio all’Esecutivo decidere se prevedere uno stanziamento annuo in Legge di Bilancio o se fare un provvedimento specifico per le isole”.

Tema caldo è certamente quello dell’impugnazione – dinanzi la Corte Costituzionale – della Legge di Bilancio 2023 da parte della Regione Sardegna. Sul punto Armao chiarisce quello che ritiene un paradosso: “Lo scorso anno, quando non era ancora in essere la previsione costituzionale lo Stato assegnò 100 milioni a ciascuna regione, adesso che la riforma è diventata realtà solo 5. Non si possono stanziare queste cifre a fronte degli studi – condotti dalle stesse Regioni di Sardegna e Sicilia – che hanno accertato che i costi annui dell’insularità, per le due isole maggiori, ammontano a 15 miliardi. Bene ha fatto la Sardegna a rivolgersi alla Corte costituzionale, mentre la Sicilia e il presidente Schifani hanno optato per una strategia diversa, volta al negoziato. La strategia vincente, quale che sia, porterà benefici ad entrambi i territori. Diversificare le modalità d’azione, da questo punto di vista, può essere utile. È evidente che la previsione della Legge di Bilancio e quindi le risorse da assegnare, non sono assolutamente adeguate. La legge di bilancio va cambiata e vanno stanziate risorse adeguate alle esigenze dei territori. A tal proposito segnalo che Associazione per l’insularità, da me presieduta, ha presentato un’opinione sulla questione sollevata dalla Sardegna”.

Strettamente connesso con il tema insularità è il Ddl per l’Autonomia differenziata voluto dal ministro Calderoli che – lo abbiamo detto – menziona lo stesso principio del “nuovo” articolo 119. Armao spiega così la questione: “Ciò che proponeva il ministro non era adeguato al principio di insularità e vi è stato un intervento risolutivo nell’ultimo giorno utile prima dell’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri. È proprio la concatenazione tra articolo 116 e 119 che impedisce di attuare il regionalismo differenziato senza una piena attuazione del principio di insularità. Perché il terzo comma dell’articolo 116, su cui si basa il Ddl per l’autonomia differenziata, sancisce che la si può attuare nel rispetto di quanto stabilito dall’articolo 119, il cui sesto comma prevede il principio di insularità e le misure di riequilibrio. Misure di riequilibrio che, ad esempio, contemplano gli interventi per garantire la continuità territoriale”.

Per far fronte a quella naturale condizione di “svantaggio economico – sociale” derivante dall’insularità, il modello da seguire secondo Armao è quello delle isole spagnole delle Baleari. “Tramite un accordo con lo Stato, quella regione, ha ottenuto la copertura, per il 70%, dei costi per merci e persone residenti, sia per i voli che per il trasporto marittimo. Questa è la nostra prospettiva, sia per Sicilia e Sardegna che per le isole minori. L’intervento del Governo, insomma, non deve prevedere contributi per le compagnie, ma per cittadini ed imprese. Non si possono pagare 700 euro per andare e venire da Roma o Milano, né i nostri albergatori possono pagare lo scotto dovuto alle spese maggiori dei turisti per venire in Sardegna o Sicilia”.

Armao, in conclusione, reclama interventi immediati ed efficaci: “Con garbo e con rispetto non daremo tregua. Vigileremo e monitoreremo tutto con approccio collaborativo. Dopo aver esaminato i piani, i progetti, i programmi, i fondi segnaleremo al Governo e alle grandi aziende come Ferrovie dello Stato e Terna, quanto viene destinato all’insularità e quanto no. È evidente che su questo diremo ciò che non va, faremo presente quello che manca. Attendiamo l’insediamento Commissione bicamerale sull’insularità, crediamo possa essere un importante elemento di stimolo. Il problema è che dopo quattro mesi ancora non si è insediata, mi auguro che il Parlamento la nomini presto e, quindi, che possa iniziare a lavorare. Noi, intanto, portiamo avanti un’attività nell’interesse di tutti per sostenere che l’insularità deve essere un principio concreto ed attuale, di cui i cittadini devono percepire in modo immediato i benefici e non solo leggendoli sui libri di Diritto costituzionale”.

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