Intervista ad Andrea Ostellari, sottosegretario di Stato alla Giustizia - QdS

Intervista ad Andrea Ostellari, sottosegretario di Stato alla Giustizia

redazione

Intervista ad Andrea Ostellari, sottosegretario di Stato alla Giustizia

Gabriele D'Amico  |
sabato 22 Aprile 2023

“Il reato di tortura non si tocca, ma occorre garantire gli agenti contro inutili incriminazioni”

Il mondo penitenziario necessita certamente di interventi volti a rinnovarlo. Per capire il programma del Governo abbiamo intervistato il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Ostellari.

Onorevole, il personale degli istituti penitenziari è attualmente sotto organico. Sono previste nuove assunzioni?
“Nonostante la scorsa legge di bilancio fosse condizionata dalla necessità di fornire aiuti alle famiglie contro la crisi energetica, il Governo ha già dato un segnale con uno stanziamento per l’assunzione extra di 1000 agenti di Polizia penitenziaria. Questo basta? No, ma siamo al lavoro per recuperare altre risorse e aumentare le dotazioni. Entro il primo semestre del 2024 saranno circa 5000 le nuove unità in servizio”.

Gli ispettori del Cpt hanno definito le carceri italiane violente e sovraffollate nella recente relazione scaturita dalle visite effettuare l’anno scorso nei centri detentivi italiani. Violenze tra detenuti ma anche da parte del personale. Il ministero come intende affrontare questa grave situazione?
“Bisogna anzitutto cambiare visione e comporre divisioni ideologiche che non aiutano a risolvere i problemi. Il carcere può essere visto come una gabbia dove rinchiudere chi ha sbagliato, in attesa che esca e finisca per tornare a delinquere. O come un luogo dove recuperare le persone, facendole lavorare invece che guardare il soffitto o, peggio, programmare nuovi reati. Io preferisco la seconda ipotesi e credo che gli investimenti debbano andare in questa direzione. Più spazi per far lavorare i detenuti, più personale e agenti della Polizia Penitenziaria”.

Come mai ci sono carceri molto sovraffollate e altre con molti posti ancora a disposizione? State prevedendo un piano per una redistribuzione?
“Eventuali redistribuzioni devono tenere conto di due principi: il principio di territorialità, secondo il quale è necessario favorire l’assegnazione di un condannato ad un istituto prossimo alla sua residenza o a quella dei suoi congiunti. E il principio classificazione: le carceri non sono tutte uguali ed è fisiologico che le case circondariali, che accolgono detenuti “nuovi giunti” o in regime di media sicurezza, patiscano una maggiore movimentazione rispetto agli istituti di reclusione ad alta sicurezza”.

Secondo i dati del ministero attualmente ci sono oltre 5.300 detenuti in più rispetto a quelli che il sistema penitenziario può accogliere. Sono previste costruzioni di nuove carceri?
“Sono certamente previste aperture di nuove sezioni o ristrutturazioni di padiglioni in istituti già esistenti, da nord a sud. In alcuni casi i lavori termineranno già entro la fine del 2023. Il ministro Nordio, peraltro, ha più volte annunciato la volontà di riadattare alcune caserme dismesse”.

Altra emergenza è quella relativa ai suicidi in carcere: da inizio anno 15. Fenomeno sintomo di un disagio vissuto da chi vive il carcere per motivi di lavoro o perché detenuto. Quali iniziative il governo attuerà per arginare questo fenomeno?
“Il motto della Polizia Penitenziaria è ‘Despondere spem munus nostrum’. Significa il nostro compito è garantire la speranza. Lavoriamo perché ciò accada, con una maggiore assistenza anche sanitaria e psicologica ai ristretti, con più possibilità di formazione e lavoro in carcere e, parallelamente, più rispetto per gli agenti di Polizia Penitenziaria, il cui duro e prezioso lavoro va raccontato di più, anche dalla stampa”.

Come può coesistere il principio costituzionale di rieducazione e reinserimento quando i detenuti sono costretti a convivere in ambienti sovraffollati?
“La sentenza cosiddetta ‘Torreggiani’ della Corte di Strasburgo, risalente al 2013, impone all’Amministrazione penitenziaria il rispetto di una metratura minima per ciascun singolo detenuto. Le prescrizioni sono rispettate. Certo, servono strutture con più spazi per il trattamento, adeguate ad una moderna nuova visione della detenzione”.

Condividere una cella in dieci potrebbe essere considerata una tortura?
“Dipende dalla metratura della cella. Come sopra, è cogente la sentenza ‘Torreggiani’”.

Il garante nazionale dei detenuti ha detto di “non volersi misurare” con un eventuale declassamento del reato di tortura ad aggravante. Quale sarebbe lo scopo di un intervento legislativo del genere? E quale il risvolto in carcere?
“Il ministro Nordio ha chiarito che il reato di tortura non si tocca. Il tema è un altro: garantire alla Polizia Penitenziaria la facoltà di agire senza il rischio di inutili incriminazioni, che nella grandissima parte dei casi si risolvono con archiviazione dell’imputato. Questo anche a tutela dei detenuti. Se un ristretto appicca fuoco ad una cella e non vuole uscire, per salvarlo gli agenti sono costretti a trascinarlo fuori con la forza. Ad oggi questa azione potrebbe anche essere oggetto di incriminazione”.

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