Intervista al percussionista siciliano Riccardo Caruso dell'Accademia Karajan dei Berliner Philharmoniker - QdS

Intervista al percussionista siciliano Riccardo Caruso dell’Accademia Karajan dei Berliner Philharmoniker

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Intervista al percussionista siciliano Riccardo Caruso dell’Accademia Karajan dei Berliner Philharmoniker

Sandy Sciuto  |
martedì 06 Febbraio 2024

Il musicista è l'unico italiano a essere stato ammesso alla rinomata e prestigiosa accademia berlinese

Riccardo Caruso, classe ’97 e palermitano di nascita, è l’unico italiano nella storia dell’Accademia Karajan dei Berliner Philharmoniker ad avere vinto un posto da Accademista nella prestigiosa Istituzione berlinese in qualità di percussionista. L’importante affermazione segue di qualche mese altro identico risultato ottenuto presso la Philharmonisches Staatsorchester Hamburg.

Caruso è anche l’unico italiano a essere stato ammesso alla rinomata e prestigiosa classe di strumenti a percussione dell’Hochschule Hanns Eisler di Berlino dove attualmente frequenta il Biennio di specializzazione in percussioni d’orchestra. Attivo nell’ambito musicale sia in qualità di interprete sia in quello di compositore, la sua sensibilità artistica lo vede operante anche in ambito extracolto. Per parlare di questo suo importante traguardo, di percussioni e di musica abbiamo intervistato Riccardo Caruso che si è raccontato con genuinità e onestà.

Riccardo, qual è il valore aggiunto di studiare in contesti così rinomati a livello internazionale?

“Per me è un approfondimento notevole degli studi perché avrò l’opportunità di suonare per due anni con i Berliner Philharmoniker e di poter apprendere fino in fondo la cultura dell’orchestra da loro.
Il suo percorso con la musica si declina attraverso le percussioni”.

Si ricorda il primo approccio con questi strumenti?

“Il primo approccio è stato da piccolissimo. Mio padre suonava le canzoni dei Beatles al pianoforte. Avevamo un film dei Beatles dove suonavano i loro brani più famosi e, vedendoli, mi sono subito innamorato di Ringo Starr. Da lì, ho chiesto ai miei genitori una batteria giocattolo che era
diventata la mia attrazione principale”.

Cosa la affascina da sempre delle percussioni?

“Mi affascina che è un mondo molto variegato. La differenza tra noi e gli altri musicisti è che noi abbiamo una gamma di strumenti molto varia. Ad esempio, nel campo orchestrale, abbiamo tantissimi strumenti come il tamburo, la gran cassa, i piatti e i timpani. Noi non ci annoiamo mai”.

Quali sono i suoi Maestri di riferimento e di ispirazione?

“I Maestri con i quali sono cresciuto e dai quali ho preso spunto per formare il musicista che sono e che voglio diventare”.

Cosa è per lei la musica?

“Per me la musica è il modo più profondo di esprimere se stessi. È come un linguaggio più facile, ma allo stesso tempo anche più difficile da decifrare”.

Come si relaziona con la musica c.d. “commerciale”?

“A me piace molto la musica commerciale. Dipende che cosa, ovviamente. Io sono un amante del jazz. Parallelamente ai miei studi di musica classica, ho anche una band a Berlino con cui suono jazz. Mi piace molto capire cosa succede e come si evolve la musica perché è il mio linguaggio preferito. La mia cantante preferita è Giorgia, però degli anni ’90. Ascolto tutto, ma alcune cose per me oggi sono superflue”.

È l’ennesimo cervello in fuga che trova spazio e arricchimento in uno
Stato che non è casa sua. Come la vive?

“Fa un po’ male. Questo è il tasto più dolente. Per noi italiani, non è bello dover essere sempre in fuga però siamo in tanti così. Mi reputo una persona normalissima come gli altri e che ha tanta voglia di fare.
Semplicemente in Italia non c’è data la possibilità di poterci esprimere per quelli che sono i nostri valori, le nostre intenzioni o la nostra volontà. Sebbene abbiamo tanta arte che scorre nelle nostre vene per via delle numerose contaminazioni avute nel corso della storia, non è facile perché subentrano altre dinamiche per le quali non è possibile di fatto avere delle concrete possibilità. Nel mio campo, a proposito di orchestre, a Berlino ce ne sono sette stabili. In Italia, invece, arriviamo a una decina in totale. La differenza di possibilità è evidente”.

Che ruolo ha ad oggi la Sicilia nel suo percorso musicale?

“Essere siciliano è una particolarità perché noi abbiamo un modo di vivere la vita e una cultura molto particolare, soprattutto associata al sole e al mare che sono elementi che danno gioia ad ogni essere umano. Mi reputo fortunato di venire da una terra ricca di emozioni come la Sicilia. Cerco sempre di ricordarmi la mia provenienza perché dà qualcosa che rende particolare. Quando posso tornare, per me è sempre motivo di orgoglio e felicità”.

Dentro il cassetto, quali sogni ci sono da realizzare?

“Continuare a lavorare per come sto facendo. Non è una cosa molto concreta, ma so che per realizzare i sogni bisogna solamente lavorare”.

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