Italia in recessione deve tagliare i servizi - QdS

Italia in recessione deve tagliare i servizi

Carlo Alberto Tregua

Italia in recessione deve tagliare i servizi

mercoledì 19 Ottobre 2022

Impossibile altro debito

Il Fondo monetario internazionale, la Banca centrale europea e la Banca d’Italia indicano che il nostro Paese andrà in recessione il prossimo 2023 anche per effetto della speculazione sui prezzi dei beni primari, fra cui quelli energetici, e dell’inflazione, che si è scatenata prima negli Stati Uniti e poi ha contagiato il Vecchio Continente.

Il Governo Draghi non ha affrontato la questione economica, che sta travolgendo imprese e famiglie, se non distribuendo sussidi e importi di vario genere per tentare di arginare la valanga di aumenti che si sono abbattuti su famiglie e imprese italiane.
L’ha fatto sapientemente, facendo poco debito, e trovando nelle pieghe del bilancio dello Stato decine e decine di miliardi, con i quali ha diminuito l’impatto degli aumenti sui costi di gestione imprenditoriale e sui bilanci dei cittadini.
Tuttavia, tale minimizzazione non è riuscita a compensare gli enormi aumenti, per cui ora la gente comincia a sentire i morsi del calo dell’economia e, come prima si scriveva, assaggerà quelli della recessione.

Con quali criteri affronterà la stesura del Bilancio 2023 il prossimo Governo Meloni? Dovrà certo far quadrare il cerchio, ovvero fare le nozze coi fichi secchi. Tradotto: dovrà tagliare spese se vorrà sostenere il sistema economico e le famiglie e non potrà in ogni caso aumentare il debito pubblico.
Un’operazione di sesto grado di difficoltà, anche perché le piazze si scateneranno, alimentate dai sindacati, per chiedere e chiedere, senza mai indicare da dove dovrebbero arrivare le risorse per esaudire tali richieste.

Il nostro Paese, in funzione di una sorta di “carità pelosa”, cioè per venire incontro a tutte le richieste, è entrato in una spirale pericolosa, la quale fa peggiorare la situazione economica di giorno in giorno. Ci spieghiamo meglio.
Se il Governo continuerà a distribuire risorse finanziarie (cioè uscite di bilancio) senza che esse producano ricchezza, occupazione e imposte (cioè entrate), l’indebitamento aumenterà, ma soprattutto si entrerà in una fase recessiva che potrebbe durare tutto il 2023 e sforare negli anni seguenti.

Recessione significa diminuzione del Pil, delle imposte e quindi delle entrate.
Si verifica così quella situazione maledetta, tipica a tutti i soggetti indebitati, in cui essi hanno bisogno di contrarre ulteriori debiti per far fronte alle pressanti richieste di chi chiede il saldo di quelli precedenti.
Ma è difficile trovare nuovi soggetti capaci di finanziare nuovi debiti e, anche se si trovassero, questi pretenderebbero interessi elevati. Insomma, continua il processo di strangolamento del debitore, il quale alla fine di questo percorso porta i libri in tribunale.

Ma lo Stato italiano non può portare libri in tribunale. Tuttavia, potrebbe trovarsi nella dannata situazione in cui si trovò la Grecia nel 2009, la quale fu costretta a tagliare la spesa corrente, anche quella dei servizi essenziali, riducendo pensioni e stipendi dei dipendenti pubblici, togliendo assistenza ai disabili, diminuendo i finanziamenti alla sanità e così via.
Inoltre, la Grecia dovette vendere tutti i “gioielli di famiglia”, cioè porti, aeroporti e altre infrastrutture principali.

Ricordiamo che la Grecia si ridusse in questo stato perché un certo giorno dai bancomat non uscì più un euro. Per cui, a prescindere dalle manifestazioni oceaniche, tutti si dovettero rassegnare a ridurre il loro tenore di vita e con esso si ridusse fortemente anche il Pil.
Sia chiaro, il nostro Paese non è la Grecia, sia perché ha una popolazione sei volte superiore, sia perché ha un Pil circa dieci volte superiore e poi ha un apparato produttivo e distributivo d’avanguardia, che molti ci invidiano.
Nonostante ciò, il Governo, proprio per non arrivare alla condizione greca, sarà costretto a ridurre anziché aumentare le dotazioni finanziarie ai servizi pubblici, perché verranno meno le entrate e non sarà più consentito nuovo debito in quanto sarà possibile solo – al massimo – emettere nuovi titoli di Stato per pagare quelli in scadenza.
Una situazione iugulatoria che, di riffa o di raffa, Giorgia Meloni e i suoi ministri dovranno affrontare.

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