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La faglia del Centrodestra

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La faglia del Centrodestra

Giovanni Pizzo  |
lunedì 03 Aprile 2023

Per il centrodestra non vincere in tutti e quattro i capoluoghi di provincia siciliani al voto sarebbe una sconfitta, ma la competizione c'è.

Intanto una buona notizia. Agrigento, terra di Greci, è stata scelta Capitale Italiana della Cultura. Agrigento oggi è governata da un sindaco di centrodestra, per quanto autonomista. E qui finiscono le buone notizie per il Centrodestra isolano. Perché la Sicilia tra poco torna al voto e il centrodestra che ha vinto trionfalmente l’anno scorso regionali e politiche è entrato in uno stato confusionale. Perché il centrosinistra è ringalluzzito? Manco per niente.

Perché il vero avversario delle coalizioni in Sicilia da anni è il civismo. Il civismo siciliano riesce a trovare delle leadership riconoscibili, le coalizioni dei partiti, di destra e sinistra no. Al voto vanno 4 città capoluogo, Trapani, Siracusa, Ragusa e Catania. La metà quasi dei capoluoghi provinciali. Il centrodestra dice di aver trovato la quadra in tre città, su Catania rischia la frattura. Ma nelle tre città in cui dichiara di aver trovato un candidato comune i distinguo interni sono molti e promettono sorprese.

A Siracusa, Trapani e Ragusa ci sono tre sindaci uscenti con una forte connotazione civica, che difendono l’autonomia cittadina da scelte straniere determinate da spartizioni di partiti o casati, questo a me e questo a te, in assenza di una visione e di una strategia di soluzione dei problemi locali. Non sarà facile per le coalizioni battere il civismo autonomo, seppur differenziato culturalmente, in queste tre città, anzi potremmo dare per favoriti gli uscenti che approfitteranno delle divisioni delle coalizioni e soprattutto delle faide dei soggetti interni ai partiti. Le faide interne, soprattutto del Centrodestra, oggi sono all’ordine del giorno perché i partiti sono alcuni troppo decomposti e carenti di leadership riconosciute, altri sono nati male e stratificati peggio, altri sono troppo giovani e non ancora consolidati.

E poi c’è il grande problema Catania la città più grande che va al voto in Italia, e quindi quella con più valenza politica. Fratelli d’Italia ha già avanzato due candidature su quattro, Trapani e Ragusa, ma vuole anche Catania. La città Etnea è un feudo storico della destra, sia locale che emigrata, vedi La Russa e Urso. Ma in questa città è presente la componente più forte elettoralmente della Lega che ha avanzato la candidatura della Sudano. Il ras del voto Luca Sammartino si può dire che aveva scelto la Lega, abbandonando Renzi, perché il partito di Salvini gli poteva concedere la candidatura nella piazza catanese, per farne roccaforte inespugnabile. Ma la scelta è stata fatta ormai più di un anno fa, e di questi tempi sono secoli. Il mondo politico è cambiato, la Lega di Salvini si è più che dimezzata a livello nazionale e alle regionali ha preso gli stessi voti di Lombardo e Cuffaro, e meno di De Luca, che sono movimenti locali. Certo se la Meloni impone un suo uomo su Catania, dopo aver scelto pure le altre piazze siciliane, è solo in una logica del più forte a Chigi e non nel contesto locale, dove i numeri sono stati minori rispetto ad altre aree del Paese. Se Sammartino cede può dire addio ai suoi sogni di gloria sia a livello locale che regionale, accetterà di perdere senza combattere?

Ovviamente questa strategia di dominio con minor consenso, i centristi coalizzati sono più numerosi dei meloniani, può produrre fratture e delusioni, soprattutto quando le scelte apicali non hanno l’appeal per tenere insieme delle coalizioni. Anzi per ora i candidati proposti sembrano più nomi di appartenenza soggettiva, nemmeno partitica, che leader cittadini riconosciuti. Questo potrebbe innescare un movimento classico di Vespro siciliano, in cui gli elettori, indipendentemente dai capi e capetti locali, divergono dalle scelte dei partiti e contraddicono pure le loro precedenti.

Parliamoci chiaro: se il Centrodestra non prende, dopo il successo elettorale di pochi mesi fa, tutti i capoluoghi, è politicamente una sconfitta. Derivante dall’incapacità di scegliere classi dirigenti. Questo aprirebbe una faglia nella narrazione di un Centrodestra vincente ad oggi decantata, non solo a livello regionale ma anche nazionale. Giorgia Meloni è forte, il Centrodestra molto meno, sarebbe la lettura.

Così è se vi pare.

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