La morte della famiglia - QdS

La morte della famiglia

Pino Grimaldi

La morte della famiglia

sabato 24 Giugno 2023

Attesa e concretatasi senza neanche un funerale. Fine naturale, dopo circa 40.000 anni di homo sapiens. Non esiste più: e parrebbe con grande gioia di quanti che da tempo sproloquiano su di essa quasi fosse normale togliere alla società il dna consustanziatosi nei millenni attraverso i quali l’umanità si è stabilizzata, è progredita al punto in cui oggi si trova, che altrimenti saremmo ancora allo stato di raccoglitori-cacciatori.

Il Titolo II della Costituzione Italiana esordisce con l’ Articolo 29: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”; e il 30: “è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli anche se nati fuori del matrimonio”.

E furono approvati all’unanimità dal Costituente nel 1947 fotografando lo stato nel quale la famiglia si era sempre trovata: non innovando né reprimendo, ma lungo il corso del fiume dei millenni, non ravvisando alcuna diversificazione: ipse dixit. Ma disattesa in pieno!

In quel momento la famiglia, “prima cellula della società”, aveva già mostrato di ondeggiare squassata come era stata dalla guerra; ma il Costituente ritenne che quello era stato un momento particolare, come tanti nei secoli per eventi bellici e “disse” che il tutto avrebbe ritrovato il suo equilibrio. Non poteva prevedere la follia che a partire dagli anni sessanta del‘900 avrebbe incartato il mondo datosi alla pazza gioia di esistere solo per godere e di individualizzarsi in un narcisismo osceno.

E giunse impetuoso ed aggressivo il tempo della contestazione giovanile. Evangelizzata da filosofi e politici per cambiare tutto e vivere un “nuovo mondo” già osannato con la sua sinfonia da Dvorak. Ma Il musicista aveva elevato un inno alla comprensione, all’amore reciproco, loro ne elevarono una al culto della libertà individuale dove non v’erano genitori e figli: un melting pot nel quale doveva regnare parità di diritti e doveri ma ad usum delphini. E fu crisi!

I genitori si tolsero l’abito degli educatori da essere emulati dai figli, e questi liberi dai gioghi del dovere, dallo studio e gioie vere di vivere nel miglioramento di se stessi, divennero “amici” senza che più vi fosse rispetto soggezione, emulazione gioia di stare insieme. Il desinare assieme fu relegato a compleanni ed eventi particolari. Gli orari dello stare a casa ad libitum di figli e genitori in libertà assoluta, buttando alle ortiche “l’onorare il padre e la madre” che a loro volta gioirono di essere esentati da tanto etico obbligo.

La tecnologia diede – e continua – una mano. E le conversazioni intrafamiliari sostituite da messaggi e video da WhatsApp tagliando ogni legame vero con genitori che, per dimostrare la loro autorevolezza ed amore per la prole, vanno dai docenti che hanno censurato i loro figli a protestare anziché punire i pargoli e chiuderli in una stanza a studiare.
Ora il palcoscenico della vita è completo. Lo spettacolo immondo del calo demografico, degli anziani nelle RSA e della ingordigia del culto del “soi mème” si recita ogni sera.
L’elettroencefalogramma della famiglia è piatto. E sperare è un sogno.

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