La politica al tempo del Covid - QdS

La politica al tempo del Covid

Pino Grimaldi

La politica al tempo del Covid

sabato 31 Ottobre 2020

Non sarà un romanzo da paragonare a “L’amore ai tempi del colera” di Gabriel Garcia Màrquez, che rimane una delle “scritture romantiche” più dolci del secolo scorso, né alla descrizione della peste del Manzoni con tratteggi di vita e società, ma sarà testimonianza di un tempo che ha rivoltato come un calzino la vita degli abitanti del pianeta Terra dando brividi e portandoli a rimpiangere tempi detti infausti, ma al paragone quasi appetibili.

Ci si domanda se a fine mandato virale (ne ha uno: già osservato in tutte le pandemie) gli attuali “grosse politischen” saranno ancora in sella a batter moneta o ci possano essere loro successori e se tra questi vi saranno i volti nuovi di ogni epoca o quelli un po’ avvizziti ma con esperienze antivirali e se ci saranno più donne o più uomini come era d’uso prima del Me/too.
Tutti pensano che non sarà come prima, ma neanche come dopo, avendo in mente tutti i “dopo” che si sono succeduti ad ogni grande pandemia.
Nel bel paese non si sogna, ma si pensa. E ciò facendo i politici che si amano tanto (narcisismo imprescindibile) lavorano perché Tomasi di Lampedusa possa ancora una volta aver ragione. Ed ecco Bruno Vespa. Patron della “terza Camera” (anche se tv) esce con il suo “Perché l’Italia amò Mussolini” (Mondadori) mettendo alle corde Scurati che ha scritto il suo secondo volume della quadrilogia su “M” e tutti coloro che per celebrare il centenario parlano e sparlano di quel 1920 anno in cui iniziò a finire la pandemia la “spagnola” durante i tre anni della quale solo la gioia di una guerra finita e vinta due anni prima poté mitigare ciò che accadeva, ma che vide avvenimenti che hanno dato volto al XX secolo.

Manco a dirsi che l’anchorman non si lascia sfuggire la visione globale e dedica sei capitoli al virus, ma dopo avere “inventrato” il suo lavoro su quell’uomo che in bombetta e dalla redazione del Popolo d’Italia attese che fosse “convocato” dal Re per governare l’Italia lasciando i suoi militi a Napoli in attesa di una “marcia” che fu “sfilata” sotto i balconi del Quirinale. La storia – amarcord Felliniano – eccola a ripetersi! E l’aquilano doc lancia l’idea del sopravvissuto al virus, pur alla sua nobile età, Berlusconi, come successore di Mattarella che, sant’uomo, aveva cominciato a prepararsi a binare (come i preti a dir due messe) un altro settennato, felice di battere con 14 anni di presidenza Roosevelt rieletto quattro volte, ma per morte il 12 Aprile 1945 si fermò, a 13 anni. Ballon d’essai? In parte, certo; ma pare che il discorso sarebbe stato fatto a destra con accettazione e dell’interessato e degli altri due pilastri così liberi di contendersi la premiership.

Màrques chiude con i due innamorati stravecchi che si sfiorano come nella Sistina le mani rinsecchite ma sempre dolci nei loro cuori. La politica tra i tanti mali alla fine chinerebbe “la fronte al massimo fattore”.
Cosa non possa combinare un virus, di aspetto ultramicroscopico allettante, è inimmaginabile!

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