La Sicilia sprofonda, dati Istat disastrosi sul Bes - QdS

La Sicilia sprofonda, dati Istat disastrosi sul Bes

Paola Giordano

La Sicilia sprofonda, dati Istat disastrosi sul Bes

giovedì 27 Giugno 2019

Deludente il confronto tra province siciliane e resto d’Italia sul rapporto dedicato al Benessere equo e sostenibile. Un disastro dall’ambiente al lavoro, dall’istruzione al benessere economico, dalla sanità alla sicurezza

PALERMO – In Sicilia si troverà anche la chiave di tutto, come scriveva il grande Goethe, ma senza toppe non c’è chiave che tenga. E i numeri dell’ultimo aggiornamento realizzato dal’Istat in merito al sistema di indicatori del Benessere equo e sostenibile dei territori, riferiti alle province e alle città metropolitane italiane, lo confermano: qualunque sia l’indicatore preso in esame – e il noto report dell’Istituto nazionale di statistica ne analizza più di cinquanta – il risultato non cambia.
Viviamo in una regione che garantisce poco o nulla e offre ancora meno. Dai tassi di occupazione più tristi d’Europa alla scarsa accessibilità negli edifici scolastici, dall’impercettibile densità del patrimonio museale all’abbondante dispersione idrica, l’Isola fa acqua da tutte le parti. Anche letteralmente…

Se analizzando singolarmente le cifre registrate dalle nove province emerge un quadro dell’Isola di per sé sconfortante, è il confronto con il Centro-Nord a dare alle siciliane il colpo di grazia: sono tutte bocciate.

Nella tabella sottostante abbiamo “accoppiato” a ciascuna siciliana una cugina del Nord o del Centro che conta all’incirca lo stesso numero di abitanti e abbiamo effettuato il raffronto sulla base dei più significativi dei 56 indicatori – che nel dossier sono articolati in undici domini (Salute; Istruzione e formazione; Lavoro e conciliazione dei tempi di vita; Benessere economico; Relazioni sociali; Politica e istituzioni; Sicurezza; Paesaggio e patrimonio culturale; Ambiente; Innovazione, ricerca e creatività; Qualità dei servizi).

Partiamo dall’area relativa ai livelli di istruzione: le siciliane registrano una percentuale di persone diplomate che sfiora in media il 51 per cento. Il primato negativo spetta ad Enna con il suo 49 per cento, lontana da Vercelli di quasi 10 punti. A spuntarla nel confronto con la provincia centro-settentrionale di pari popolazione è solo Siracusa, che con il suo 59,3 per cento stacca Mantova di due punti percentuali abbonandanti. Il divario più netto – ben 18 punti percentuali – è invece quello presente tra Agrigento e Parma: 52,2 per cento la prima contro 70,1 per cento la seconda.

Scenario analogo si verifica per i giovani laureati: solo Siracusa conquista la vittoria per il rotto della cuffia su Mantova. Tutte le altre risultano sconfitte dal confronto con le province benchmark, con Ragusa che registra la percentuale di proclamati più bassa (14,9 per cento), con ben 12 punti meno di Pescara. Tra le siciliane supera quota 20 per cento, oltre alla citata provincia aretusea, quella girgentiana che però si piega di fronte al 32,2 riportato da Parma.

Un altro indicatore interessante è il saldo migratorio (differenza tra iscritti e cancellati per trasferimento di residenza) rapportato sulla base dei laureati residenti. Il quadro che ne risulta è allarmante: Caltanissetta ed Enna sono le province da cui si scappa di più, mentre Catania e Ragusa risultano quelle più “attrattive”, pur registrando tassi di mobilità negativi. Il gap che separa le nostre province da quelle confrontate è enorme: se nel nisseno su mille laureati ne mancano all’appello 57, a Siena il dato è nettamente migliore: a fare le valigie è solo un laureato su mille. Anche le tre citta metropolitane registrano dati nettamente peggiori rispetto alle province competitor: Brescia batte Palermo 0,4 a -26,4; Catania con il suo -21,9 dista una quindicina di punti da Bergamo; e Messina perde 20 laureati in più rispetto a Perugia.

Sul fronte benessere economico non c’è alcun spiraglio di vittoria per le isolane: anche Messina, che si attesta tra le siciliane come provincia più “ricca”, con i suoi 14.700 euro scarsi pro capite, nulla può a confronto con i quasi 18 mila euro di Perugia. Il divario più grande si registra tra Agrigento (12.300 euro) e Parma, dove di euro pro capite ne sono disponibili quasi 23 mila.

Altro tasto dolente si dimostra per le siciliane l’ambiente. I polmoni verdi nelle nostre province sono infatti risicati, specie se confrontati con le province benchmark.La provincia meno green tra le siciliane è Trapani (5,8 mq per abitante) che subisce una sonora sconfitta da Cagliari, che di metri quadri per abitante ne possiede quasi 55. Unica mosca bianca è Agrigento che, disponendo di ben 91,5 metri quadrati di verde urbano per abitante, stravince contri i 10,6 metri quadrati per abiutante di Parma.

La questione più spinosa – ambientale ma non solo – per tutte le province isolane è però quella relativa ai rifiuti: le siciliane registrano percentuali di raccolta differenziata bassissime, lontane anni luce dai livelli delle altre province: Enna ad esempio è ferma all’11 per cento, mentre Palermo non supera il 18 per cento. La provincia con la migliore performance è Caltanissetta ma anch’essa è distante – di ben otto punti – dal dato di Siena.

Gli unici dati che all’apparenza sono positivi riguardano il numero di delitti denunciati: qui in linea di massima e siciliane vincono. Si tratta però di una vittoria amara perché il fatto che si denuncino pochi furti e rapine in abitazioni (sono questi i delitti presi in esame dall’indicatore Istat) non vuol dire necessariamente che si registrino pochi di tali delitti ma potrebbe significare semplicemente che si scelga di denunci poco.

Ultimo degli otto indicatori estrapolati dal Bes è il dato relativo all’emigrazione ospedaliera in altra regione, vale a dire la percentuale di residenti ricoverati in altra regione per ricoveri ordinari acuti sul totale dei residenti ricoverati. Se Messina, Siracusa ed Enna hanno percentuali più basse rispetto ai competitor, le restanti sei registrano dati più alti, con trapani che addirittura supera la soglia del 10 per cento.

Le performance delle nostre province sono insomma da dimenticare: dall’ambiente al lavoro, dall’istruzione al benessere economico, dalla sanità sanità alla sicurezza l’Isola arranca su tutti i fronti. Recuperare è possibile: le Istituzioni devono però fare la loro parte, attuando misure concrete e incisive. Altrimenti continueremo a fare acqua da tutte le parti.

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