Lavoro, durante il lockdown 6,5 milioni di smartworkers - QdS

Lavoro, durante il lockdown 6,5 milioni di smartworkers

redazione

Lavoro, durante il lockdown 6,5 milioni di smartworkers

mercoledì 04 Novembre 2020

Durante la fase più acuta dell’emergenza sanitaria lo smart working ha coinvolto il 97% delle grandi imprese, il 94% delle pubbliche amministrazioni e il 58% delle Pmi per un totale di 6,58 milioni di lavoratori agili, circa un terzo dei lavoratori dipendenti, oltre dieci volte più dei 570mila censiti nel 2019. Sono i dati dell’osservatorio sullo smart working della School of management del Politecnico di Milano.

Il maggior numero di smart worker lavora nelle grandi imprese (2,11 milioni), nelle Pmi sono 1,13 mln, nelle microimprese con meno di 10 dipendenti sono e nella Pa sono 1,85 mln i lavoratori agili. A settembre tra rientri consigliati e obbligatori, difficoltà e incertezze nell’apertura delle sedi di lavoro, gli smart worker che hanno lavorato anche da remoto sono scesi a 5,06 milioni, suddivisi in 1,67 mln nelle grandi imprese, 890mila nelle Pmi, 1,18 mln nelle microimprese e 1,32 mln nella P.A.

In media i lavoratori nelle grandi aziende private hanno lavorato da remoto per la metà del loro tempo lavorativo (circa 2,7 giorni a settimana), nel pubblico 1,2 giorni a settimana. Lo smart Working è ormai entrato nella quotidianità degli italiani e destinato a rimanerci. Al termine dell’emergenza si stima che i lavoratori agili, che lavoreranno almeno in parte da remoto, saranno complessivamente 5,35 milioni, di cui 1,72 mln nelle grandi imprese, 920mila nelle Pmi, 1,23 mln nelle microimprese e 1,48 mln nella P.A.

Per adattarsi a questa nuova normalità del lavoro il 70% delle grandi imprese aumenterà le giornate di lavoro da remoto, portandole in media da uno a 2,7 giorni alla settimana, una su due modificherà gli spazi fisici. Nelle Pa saranno introdotti progetti di smart working (48%), aumenteranno le persone coinvolte nei progetti (72%) e si lavorerà da remoto in media 1,4 giorni alla settimana (47%), rispetto alla giornata media attuale. L’applicazione dello smart working durante la pandemia ha dimostrato come un modo diverso di lavorare sia possibile anche per figure professionali prima ritenute incompatibili, ma ha anche messo a nudo l’impreparazione tecnologica di molte organizzazioni. Più di due grandi imprese su tre hanno dovuto aumentare la dotazione di Pc portatili e altri strumenti hardware (69%) e di strumenti per poter accedere da remoto agli applicativi aziendali (65%).

Tre pubbliche amministrazioni su quattro hanno incoraggiato i dipendenti a usare i dispositivi personali. Il 50% delle Pmi non ha potuto operare da remoto. A livello organizzativo, invece, è stato difficile mantenere un equilibrio tra lavoro e vita privata per il 58% delle grandi aziende e il 28% dei lavoratori e per il 33% delle organizzazioni i manager non erano preparati a gestire il lavoro da remoto. Nonostante le difficoltà, questo smart working atipico ha contribuito a migliorare le competenze digitali dei dipendenti (per il 71% delle grandi imprese e il 53% delle P.A.), a ripensare i processi aziendali (59% e 42%) e ad abbattere barriere e pregiudizi sul lavoro agile (65% delle grandi imprese), segnando una svolta irreversibile nell’organizzazione del lavoro.

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