Il lavoro è un mezzo, mai un fine - QdS

Il lavoro è un mezzo, mai un fine

Carlo Alberto Tregua

Il lavoro è un mezzo, mai un fine

giovedì 04 Gennaio 2024

“Il fine giustifica i mezzi”

Ricordate Niccolò Machiavelli e la sua frase famosa : “Il fine giustifica i mezzi”? Collegato all’ambito lavorativo, questo stabilisce che il lavoro, inteso come impiego di energia, non è fine a se stesso, ma è uno strumento o un mezzo per produrre qualcosa di materiale o immateriale. Questo concetto è però poco diffuso, poco adoperato e assai poco compreso.

Trovare un lavoro qualunque che dia il sostentamento necessario a una famiglia è pacifico, ma questo non è il modo migliore per affrontare la vita, quindi nessuno dovrebbe trovarsi in questa condizione.
I/le giovani, già al penultimo anno della maturità, dovrebbero avere un embrione del loro progetto di vita, cioè pensare a cosa vogliano fare “da grandi”. Perché si pongano in questa posizione mentale occorre soprattutto l’indirizzo dei propri genitori, i quali si dovrebbero preoccupare di illuminare lo scenario verso cui i/le giovani dovranno andare e prospettare le varie possibilità anche in funzione delle opportunità lavorative.

I/le giovani maturati/e, a quel punto, devono scegliere se immettersi nel mondo del lavoro ovvero una facoltà universitaria. Ma anche in questo caso devono guardare avanti dove li/le può portare il titolo triennale o quinquennale. In altri termini, devono guardare il mondo e le opportunità che esso offre senza tralasciare di guardare il proprio territorio, ove comunque esistono tante opportunità.
Quando si è giovani si possiede l’entusiasmo tipico, e anche una leggerezza nell’affrontare la vita, che diminuisce con l’età per poi nella parte terminale diventare anche pesantezza. Non deve mai mancare l’entusiasmo e neanche il senso della concretezza e del realismo, che deve indurre a calcolare il rapporto costi-benefici, cioé la propria capacità di lavoro con il risultato che si vuole raggiungere.

Questo meccanismo non è facile da comprendere per chi ha venti o venticinque anni, in quanto spesso non si ha ancora la consapevolezza adeguata della realtà. Però la cultura e la professionalità che si acquisiscono – anche il buonsenso che può derivare dalla propria famiglia o da esempi luminosi che si guardano – possono indurre i/le giovani a essere concreti/e e a stare con i piedi per terra, valutando i pro e i contro delle varie situazioni.

“Il fine giustifica i mezzi”. Machiavelli lo diceva non sempre in senso positivo, perché spesso pensava a un mezzo idoneo per raggiungere un fine non etico. Ma si sa che il suo era un pensiero appunto “machiavellico” perché nessuno capiva cosa volesse fare e cosa volesse dire. Insomma, un antesignano del “divino” Giulio Andreotti.
Tuttavia, in quella frase c’è del vero ed è, ribadiamo, che il lavoro non deve essere una finalità di ciascun vivente, ma un necessario strumento per raggiungere risultati etici, positivi e concreti.
Chi deve insegnare ai/alle giovani questo rapporto fra mezzo e fine? La Scuola e l’Università sicuramente, ma prima la famiglia (genitori, nonni/e, zii/e, amici/che stretti/e e altri), una famiglia non oppressiva, ma capace di illuminare la strada oscura che sta davanti a tanti di essi, un indirizzo familiare che non deve essere persecutorio, ma piano e aperto, per fare vedere tutte le opportunità e soprattutto abituarli a ragionare prima di parlare e a valutare i fatti per quello che sono.

Ecco dov’è un punto difficile: la buona valutazione dei fatti per quello che sono. Per riuscirci bisogna avere un bagaglio professionale e di esperienze che consentano di valutare le questioni come tali, senza sbavature e senza ampliamenti di scenari improbabili e illogici.
Qualcuno potrebbe obiettare che questo modo concreto di vivere esclude i sogni. Non siamo d’accordo. Per chi ne è capace, è indispensabile sognare, è indispensabile vedere al di là dell’orizzonte, ma sempre con i piedi piantati a terra per evitare di cadere, come diceva una filastrocca: “precipitevolissimevolmente”.
Nella Pubblica amministrazione non esiste il concetto di lavoro sopra indicato, ma, per la gran parte degli/delle operatori/trici dirigenziali ed impiegatizi, esiste un luogo dove si vanno a trascorrere delle ore, non importa quale risultato si produca.
Ecco perché la macchina pubblica è sconquassata e non produce i risultati che dovrebbe, dato il suo rilevante costo economico e finanziario.

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