L'Ermo Colle - QdS

L’Ermo Colle

Pino Grimaldi

L’Ermo Colle

sabato 13 Novembre 2021

In tempi quirinalizi i quindici endecasillabi del più famoso dei Canti di Giacomo Leopardi che compongono la poesia “l’Infinito” scritta, nella finale versione, nel 1819 pare che siano stati “preghierizzati” da quanti, non pochi, pensano con ansia alla seduta in comune del Parlamento e dei 58 rappresentanti delle Regioni che a fine Gennaio dell’anno prossimo eleggerà il 13° Presidente della Repubblica.

E costoro raccolti in muta preghiera ad occhi chiusi, ad immaginarsi in quel palazzo sul Colle per antonomasia, solitario, cinto dalla siepe delle mura e di fatto, con le sue 1.200 stanze, 40 saloni, grande venti volte di più che la Casa Bianca di Washington, veramente “infinito” come appunto il canto del cigno di Recanati. Cui il Colle fu sempre caro al punto da indirlo a scrivere nell’ultimo verso “e il naufragar m’è dolce in questo mare”!
Stupenda poetica a parte è umano e logico che per alcune personalità di alto rango del nostro Paese, politici doc o illustri per altri e significativi meriti, farci un pensierino è d’obbligo. Ed il non farlo è modo di esorcizzare il possibile: per evitare delusioni. Che nella storia della Repubblica (dal 1946) in uno alle sorprese – si pensi ad Einaudi – non sono mancate (Prodi, Marini, Merzagora) ed altri.

E’ chiaro che nessuno dei possibili spiriti eletti possa sentirsi sicuro con un numero di elettori (1008) talmente variegati e senza veri “capi popolo”capaci di irreggimentare il gregge che oggi -senza voler offendere – è veramente tale. Non per nulla Prodi giorni fa ha detto “in tale elezione non è importante il numero dei voti, ma quello dei veti” ben conoscendo uomini, cose e…fatti personali d’antan!
Basti pensare che ben 267 parlamentari dall’inizio della legislatura hanno cambiato casacca e nel gruppo misto ve ne sono circa 100 e non vi è un solo gruppo omogeneo: tutti con correnti e divisioni, violando la legge Merlin che chiuse le case, dette tali.
In queste condizioni le previsioni sono pari e quelle meteorologiche: validità assoluta entro un’ora. E’ pur vero che nei transatlantici dei partiti e giornalisti le carte con le quali si gioca sono tre.

Mattarella accetta un secondo mandato (non pare) con in pectore dimissioni a legislatura terminata (2023) ed elezione a quel momento di Draghi da parte di un Parlamento ridimensionato con 400 Deputati e 200 Senatori che, però, nessuno sa chi saranno.
Draghi fa finalmente sapere (ma è persona seria, non dimentichiamolo) se accetterebbe la elezione al Colle, non prima di esser certo che a guidare il Governo vi sia, con consenso parlamentare, persona di suo fiducia. Draghi non molla Palazzo Chigi e porta a termine il suo mandato magari accettando lo steso ruolo nella XIX legislatura e lavorando per mandare al Colle, innovando, una donna quale – possibile – il ministro della giustizia Cartabia gradita anche a Mattarella per i loro trascorsi di Giudici Costituzionali.

Varie ed eventuali: tutti, da Casini ad Amato alla Casellati, e giù dicendo.
Non citato Berlusconi perché meno se ne parla più chance ha. Chiedere a Gianni Letta, zio del nipote.

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