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Leucemia linfatica cronica, una convivenza possibile

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Leucemia linfatica cronica, una convivenza possibile

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martedì 05 Ottobre 2021

Il 50% dei pazienti presenta una malattia non attiva, senza sintomi e può condurre una vita assolutamente normale.

Ogni anno in Italia si stimano circa 3.400 nuovi casi di leucemia linfatica cronica, un tumore del sangue che colpisce i linfociti B. È la più frequente fra le leucemie (30% di tutte le diagnosi).

Il 50% dei pazienti presenta una malattia non attiva, senza sintomi e può condurre una vita assolutamente normale. Proprio per far comprendere a tutti i pazienti affetti da questa patologia che una malattia cronica consente un futuro in cui si possono ancora fare progetti, parte oggi la campagna nazionale “La leucemia linfatica cronica nella mia vita, un futuro da vivere” realizzata con il sostegno di AstraZeneca e il patrocinio di AIL (Associazione Italiana contro Leucemie, linfomi e mieloma) e presentata in una conferenza stampa a Roma.

Il progetto prevede una sezione dedicata all’interno del sito AIL (www.ail.it/llcunfuturodavivere)
con diversi contenuti: un video emozionale, podcast in 3 puntate con le voci
dei pazienti e dei loro caregiver, quattro video interviste con clinici e un
instant book, risorse pensate per supportare i pazienti e i loro familiari
nella corretta lettura del concetto di cronicità e nella convivenza con la
malattia. Obiettivo è quello di trasmettere ai pazienti un concetto positivo:
convivere con la patologia, cronicizzandola, è possibile, perché non ha
scadenza.

“La leucemia linfatica cronica è una patologia linfoproliferativa, cioè
una neoplasia del sistema linfatico, caratterizzata da un accumulo di linfociti
B nel sangue periferico, nel midollo osseo e negli organi linfatici (linfonodi
e milza) – spiega Francesca
Mauro
, Professore Associato Istituto di Ematologia, Sapienza
Università di Roma -. Ha un andamento clinico molto eterogeneo: la maggioranza
dei pazienti non presenta sintomi, arriva alla diagnosi in seguito a controlli
eseguiti per altri motivi e rimane stabile per anni senza necessità di terapia.
In questi casi adottiamo la strategia di ‘watch and wait’, cioè ‘osserva e
attendi’, nella quale il medico monitora l’andamento della malattia. Per i
pazienti può essere difficile accettare che alla diagnosi di leucemia non
seguano trattamenti, ma alcuni studi clinici che in passato hanno cercato di
valutare l’impatto di una terapia anticipatoria sulla sopravvivenza globale non
hanno dimostrato un vantaggio nei pazienti affetti da questa forma di malattia.
È importante spiegare al paziente che la terapia spesso non serve sin dal
momento della diagnosi e che sarà inserita solo se la malattia nel tempo
diventerà clinicamente più importante. Quindi, il paziente deve comprendere che
conviene attendere e che l’attesa non rappresenta una perdita di tempo, ma un
tempo libero da trattamenti in cui la qualità di vita e di relazione è meglio
conservata. Va anche ricordato che alcuni pazienti hanno bisogno di cure anche
dopo anni e che alcuni hanno una malattia stabile che non richiederà mai
trattamento. Quindi, in moltissimi casi, possiamo dare al paziente la notizia
che condurrà una vita normale, senza bisogno di interventi farmacologici anche
per molto tempo. In base agli esami che vengono eseguiti nei centri ematologici
specializzati, sono valutate alcune caratteristiche biologiche delle cellule
leucemiche che permettono di prevedere come si comporterà la malattia nel tempo
ed anche quale è il trattamento più appropriato”.

“La persona con leucemia linfatica cronica oggi può mantenere le sue
abitudini di vita, le relazioni con la famiglia, con gli amici e la carriera
professionale e, soprattutto, può guardare al futuro con progettualità –
afferma Antonio Cuneo,
Direttore Unità Operativa Ematologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria di
Ferrara -. Vi è una minoranza di pazienti che sviluppa precocemente sintomi e
presenta una malattia progressiva. I segni, di solito, sono rappresentati da
ingrossamento dei linfonodi, anemia e piastrinopenia con febbre, sensazione di
affaticamento e perdita di peso e, quando sono presenti, indicano l’opportunità
di iniziare la terapia. La tradizionale immuno-chemioterapia è ancora efficace
ma solo in alcuni casi. La revisione delle linee guida europee però ha ridotto
i pazienti candidabili a questo approccio, per cui le terapie mirate sono
destinate a diventare sempre più lo standard di cura, garantendo un’efficacia
ed una tollerabilità molto elevate, fondamentali per questi pazienti ‘cronici’.
Pertanto, anche le persone che presentano sintomi e che, quindi, richiedono un
trattamento oggi possono condurre una vita normale grazie alle terapie
innovative, che devono essere effettuate nei centri specializzati di
ematologia”. 

“La leucemia linfatica cronica è tipica dell’età più avanzata, il 40%
delle diagnosi è effettuato oltre i 75 anni e solo il 15% entro i 50 –
sottolinea Sergio
Amadori
, Presidente nazionale AIL -. L’età media alla diagnosi
è di circa 70 anni. Nella gran parte dei casi la malattia progredisce
lentamente e, nei pazienti più anziani, over 75, può essere difficile
riscontrare una differenza dell’aspettativa di vita rispetto alla popolazione
generale. La campagna ‘La
leucemia linfatica cronica nella mia vita, un futuro da vivere

vuole favorire una nuova narrativa di questa patologia del sangue, basata su
una rivalutazione in chiave positiva del concetto di cronicità, che non è una
condanna ma un’opportunità per gestire a lungo termine la patologia. Il
progetto si articola in un percorso motivante e interattivo per aiutare i
pazienti nella corretta accettazione della diagnosi e per supportarli nella
convivenza con la malattia. Le informazioni rilasciate dagli esperti a partire
dalle domande dei pazienti saranno raccolte in un instant book che valorizzerà
e consoliderà i risultati della campagna, un compagno di viaggio per
rassicurare i pazienti e vincere il senso di disorientamento e solitudine”.
L’instant book sarà diffuso in formato digitale attraverso il sito di AIL e in
versione cartacea nelle sezioni locali dell’Associazione.

“Siamo orgogliosi di questa iniziativa che abbiamo l’onore di presentare
insieme ad AIL – conclude Mirko
Merletti
, Vice Presidente Oncology AstraZeneca -.  Il
nostro obiettivo è contribuire a migliorare il percorso di cura di pazienti
affetti da tumori ematologici, impegnandoci al fianco di tutti gli
interlocutori del Sistema Salute. Ogni persona che entra in contatto con una
neoplasia ematologica, che sia essa un paziente, un caregiver o un familiare,
rappresenta dunque la ragione del nostro impegno quotidiano non solo nella
ricerca scientifica e questa iniziativa – la prima per noi in ematologia – ne è
un esempio. Una campagna che nasce dall’ascolto dei bisogni dei pazienti e
pensata per accompagnarli nel loro percorso di vita con la patologia”.

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