Mafia, Contrada: 30 anni fa mio arresto ingiusto, sono morto dentro

Mafia, Bruno Contrada: “30 anni fa il mio arresto ingiusto, quel giorno sono morto dentro”

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Mafia, Bruno Contrada: “30 anni fa il mio arresto ingiusto, quel giorno sono morto dentro”

Redazione  |
sabato 10 Dicembre 2022

Bruno Contrada fa fatica a parlare. Seduto sul suo divano di velluto verde, torna indietro con la memoria a quella vigilia di Natale di 30 anni fa

(di Elvira Terranova) “Io ho quasi 92 anni e non penso che mi resti ancora molto da vivere, ma non aspetto la morte con timore o paura. E sa perché? Perché io sono già morto dentro, quella mattina del 24 dicembre del 1992. Quando una decina di uomini della Dia vennero ad arrestarmi a casa mia, davanti a mia moglie Adriana e a mio figlio poliziotto”. Bruno Contrada fa fatica a parlare. Seduto sul suo divano di velluto verde, torna indietro con la memoria a quella vigilia di Natale di 30 anni fa. Quando l’allora alto dirigente del Sisde venne arrestato con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. “Già, 30 anni fa. Quel giorno oltre a togliermi la libertà, si presero anche la mia dignità, di uomo dello Stato. Di funzionario che ha servito lealmente l’Italia…”, racconta in una intervista esclusiva all’Adnkronos. Una vicenda giudiziaria molto lunga e tortuosa, oltre che altalenante, terminata con la sentenza della Corte europea per i Diritti dell’Uomo di Strasburgo, secondo cui Contrada non doveva essere né processato né condannato perché, all’epoca dei fatti a lui contestati, il reato di concorso in associazione mafiosa non era “chiaro né prevedibile”.

La sentenza e il carcere

In primo grado Bruno Contrada, alla vigilia di Pasqua del 1996, fu condannato a dieci anni di carcere, ma la sentenza fu ribaltata in appello e l’ex 007 venne assolto. Poi, il colpo di scena in Corte di Cassazione. I giudici con l’ermellino annullarono l’assoluzione con rinvio ed il processo tornò alla Corte d’appello di Palermo che, il 25 febbraio del 2006, confermò la condanna in primo grado a dieci anni. Sentenza diventata definitiva nel 2007 e Bruno Contrada, che era stato sottoposto a una lunga custodia cautelare in carcere, ritornò prima in cella e poi ai domiciliari per riconosciuti motivi di salute.

Il 7 luglio del 2017 la decisione della Corte di Cassazione per la quale la sentenza di condanna è “ineseguibile e improduttiva di effetti penali”. “Sono trascorsi 30 anni – racconta Contrada con un filo di voce- Dopo la decisione della Corte di giustizia europea e della Cassazione mi è stato restituito tutto da un punto di vista giudiziario, amministrativo e burocratico. Ma non mi sono stati ridati otto anni di privazione della mia libertà, la distruzione della mia carriera, l’umiliazione e la devastazione della mia famiglia, oltre che le tante umiliazioni subite. Le ferite morali ricevute, inguaribili e indimenticabili”. Contrada si ferma. Guarda nel vuoto. E dopo qualche minuto di silenzio, aggiunge: “Sa, io non ho mai provato il sentimento dell’odio e neppure adesso lo provo, verso nessuno. Neppure verso coloro che con consapevolezza e perfidia mi hanno colpito. Conosco, però, e tuttora permane in me il sentimento del disprezzo, specie per gli uomini delle istituzioni che nella mia vicenda, umana e giudiziaria, non hanno compiuto il loro dovere…”.

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