Mafia, i "colletti bianchi" di Brescia adesso negano - QdS

Mafia, i “colletti bianchi” di Brescia adesso negano

redazione

Mafia, i “colletti bianchi” di Brescia adesso negano

domenica 29 Settembre 2019

Il direttore dell'Agenzia delle Entrate smentisce di aver intascato da un imprenditore locale una mazzetta con la mediazione degli esponenti della "stidda". I sindacati di Polizia, "La mafia è al Nord, occorrono uomini e mezzi"

Ha negato ogni accusa il direttore dell’Agenzia delle Entrate di Brescia, Generoso Biondi, arrestato con l’accusa di corruzione nell’ambito della maxi inchiesta della Dda del capoluogo lombardo che ha portato in cella 69 persone.

Nel corso dell’interrogatorio in carcere si è avvalso della facoltà di non rispondere, ma ha reso una dichiarazione spontanea negando di aver intascato parte di una mazzetta da sessantacinquemila euro offertagli da un imprenditore locale.

Nell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia, oltre a fatture false per duecentotrenta milioni di euro, è emerso infatti un giro di mazzette che, con la mediazione di “colletti bianchi” lombardi sul libro paga della “stidda” mafiosa, ha coinvolto appartenenti alla Pubblica amministrazione. Ossia, oltre al direttore Generoso Biondi, anche il funzionario dell’Agenzia delle Entrate Alessandro De Domenico, che avrebbero entrambi agevolato delle pratiche di alcuni contribuenti.

In carcere con l’accusa di corruzione è finito anche il maresciallo della Finanza Francesco Liguoro che ha invece risposto al gip e avrebbe fatto le prime ammissioni.

Interrogatorio in mattinata anche per Rosario Marchese, di 33 anni, di Gela, in provincia di Caltanissetta, il quale, trapiantato a Brescia, avrebbe costituito una cellula autonoma della “stidda” e contribuito a mettere sù il sistema mafioso che passava attraverso i “colletti bianchi” lombardi.

“Il mio assistito si è avvalso della facoltà di non rispondere, ma ha solo negato con forza l’accusa di mafia”, ha spiegato lasciando il carcere il suo legale Domenico Servillo.

Intanto il portavoce dell’Associazione nazionale funzionari di Polizia, Girolamo Lacquaniti, commentando l’operazione condotta a Brescia della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza, ha sottolineato “la camaleontica capacità delle mafie di infiltrarsi nei diversi settori economici soprattutto nelle zone più ricche del Paese”.

Nel Nord Italia, secondo Lacquaniti, “esistono insediamenti legati a famiglie delle diverse forme mafiose presenti in Italia, capaci di inquinare l’economia e di diventare un autentico cancro”.

“Proprio per questo – ha concluso – crediamo che gli investimenti di uomini e mezzi per contrastare le diverse forme di criminalità mafiosa sia una priorità per il nuovo governo, consapevoli che non esistono isole felici o regioni immuni da tali rischi”.

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