Meloni e la “Politica dei due forni” - QdS

Meloni e la “Politica dei due forni”

Carlo Alberto Tregua

Meloni e la “Politica dei due forni”

mercoledì 02 Agosto 2023

Il “Divino” Andreotti insegnava

Il non dimenticato “Divino” Giulio Andreotti, di cui se ne sono dette di cotte e di crude, aveva una grandissima conoscenza del ruolo politico e della stessa politica, di uomini e cose e dei loro funzionamenti.
Già sottosegretario di Stato ad appena 27 anni, condusse la sua stagione da protagonista fino alla morte, quando aveva 94 anni.
Una costante del suo comportamento, che divenne famosa prima della caduta di quel sistema politico (1994), era la cosiddetta “Politica dei due forni”.
Sosteneva Andreotti che bisogna sempre avere un’alternativa: comprare il pane nel forno A oppure nel forno B, scegliendo il migliore o il meno peggiore.
Insomma, una politica realistica che lo portò a diventare sette volte Presidente del consiglio e a restare un punto di riferimento anche quando di lui si parlava per i supposti legami, attraverso Salvo Lima, con la mafia siciliana. Accusato da diverse procure di avere baciato Totò Riina rispose con una battuta fulminante: “Io non bacio neanche mia moglie”.
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Perché vi citiamo Andreotti? Proprio per la sua “Politica dei due forni”. Ed è a questa politica che si dovrebbe ispirare la Presidente del consiglio Giorgia Meloni nei rapporti internazionali, tenendo conto del fatto che il tessuto produttivo ed economico del nostro Paese ha necessità di muoversi contestualmente sia con gli Stati Uniti d’America di Joe Biden che con la Cina di Xi Jinping.
I due contendenti dell’economia mondiale da un canto si odiano, dall’altro si rispettano anche perché hanno un intenso scambio economico nell’una e nell’altra direzione e, non dimentichiamolo, moltissimi giovani cinesi vanno a studiare nelle migliori Università americane imparando e portando in Patria le più moderne tecnologie e i più vasti saperi.
Proprio per quello che scriviamo sarebbe altamente opportuno che Giorgia Meloni mantenesse rapporti con entrambi i Paesi, in modo da utilizzare al massimo le possibilità di sviluppo, sia attingendo alle moderne tecnologie americane, sia dando sempre maggiori sbocchi alle imprese italiane sull’immenso mercato cinese.
Il governo Conte fece una cosa buona: l’accordo con la Cina denominato “La via della seta”. Su questa linea hanno corso le nostre imprese, sia quelle tecnologiche che quelle del lusso, le quali stanno trovando in Cina uno sbocco di incalcolabili dimensioni. Ora, la presidente Meloni sta subendo una forte pressione da parte degli Usa per abbandonare quegli accordi, ma la Donna, che ha appunto il buonsenso delle donne, sta temporeggiando perché capisce benissimo che tranciare i rapporti con la Cina non è nell’interesse del nostro Paese perché gli farebbe perdere “il secondo forno”, il che costituirebbe una sorta di indietreggiamento dello sviluppo.
Si capisce che chi è in una posizione di forza, come Joe Biden, tenti di avere la totale appartenenza dei propri satelliti, ma l’Italia non deve essere satellite di nessuno, forte della propria storia millenaria, della propria cultura, del genio di tanti inventori, delle proprie arti poetiche, musicali e letterarie.
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Dunque, ci auguriamo che Meloni abbia rappresentato al presidente degli Stati Uniti la necessità di mantenere vivo il rapporto con la Cina, non solo non diminuendone l’intensità ma anche consentendo alle proprie imprese di aumentare il proprio fatturato su quell’immenso territorio.
La Presidente del consiglio, intelligente e acuta, immaginiamo capisca quanto andiamo scrivendo anche se questo messaggio non è comune ai maggiori quotidiani italiani e non è presente nelle reti radio-televisive, pubbliche e private e neppure sui siti Internet ad alta frequentazione.
Già il nostro Paese sta scontando l’appiattimento sulla linea statunitense per quanto concerne l’Ucraina, con la forte penalizzazione che inflazione, e. di più, speculazione, stanno avendo nei confronti della popolazione italiana.
Essere autonomi dagli Usa non significa contrastarli, anzi, tessere sempre maggiori rapporti ma non in uno stato di subordinazione. Allo stesso modo si dovrà operare nei confronti della Cina.

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