Mezzogiorno, Draghi, Recovery e “linea di Giufà” - QdS

Mezzogiorno, Draghi, Recovery e “linea di Giufà”

Giuseppe Lazzaro Danzuso

Mezzogiorno, Draghi, Recovery e “linea di Giufà”

lunedì 08 Febbraio 2021

SuperMario alla prova della questione Meridionale. Per Fleres “Farà tutto il necessario”. Busetta ricorda, “Da Conte nessun piano per il Sud” e invita a lasciarlo lavorare. Patruno pone la questione del “Razzismo geografico”. Novecentomila posti di lavoro in Sicilia rilanciando la piattaforma logistica del Mediterraneo

Alla luce di quanto avvenuto dall’Unità d’Italia a oggi, probabilmente dovremmo riconsiderare la predizione di Leonardo Sciascia: non è stata soltanto la “linea della palma” a procedere verso nord, portandovi mafia e corruzione (sempre che non vi prosperassero già), ma anche quella che potremmo chiamare “linea di Giufà”, lo stupidissimo furbo di tante favole siciliane e del Sud.

“L’Italia sarà quel che il
Mezzogiorno sarà” diceva Giuseppe Mazzini, ma tutti i governanti, a
cominciare da Camillo Cavour, preferirono puntare su una “locomotiva” economica
che trascinasse i altri vagoni di quell’Italia giovane. Almeno fino a Roma.

“Ciò però – sottolinea Salvo Fleres, segretario del movimento sicilianista Le Api –  costrinse i Savoia a imporre al Meridione, fino ad allora florido, un modello che ne uccise il tessuto produttivo. E poiché le sorti di quegli italiani di serie B non interessavano ai governanti, le inevitabili ribellioni vennero bollate come brigantaggio, criminalizzazione che consentì efferati episodi di autentica pulizia etnica”.

Salvo Fleres (Le Api)

La
rapina da 840 miliardi di euro

A distanza di oltre centocinquant’anni la situazione non è mutata di molto, se pensiamo che nel gennaio del 2020, illustrando al Paese l’annuale Rapporto, il presidente di Eurispes Gian Maria Fara svelò la colossale rapina perpetrata dal Nord ai danni del Sud e per l’astronomica cifra di 840 miliardi di euro: quattro volte la cifra del Recovery fund destinata all’Italia.

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella con Mario Draghi

Oggi Mario Draghi riprende le consultazioni con buone probabilità di successo e va ricordato come l’attuale presidente del consiglio incaricato, aprendo nel 2009 un convegno su “Il Mezzogiorno e la politica economica in Italia” da lui voluto come governatore di Bankitalia, aveva auspicato che, con il federalismo fiscale la maggiore autonomia si coniugasse con una maggiore responsabilità.

L’imbroglio
della “spesa storica”

“Un appello caduto nel vuoto – ricorda
Fleres – visto che poi venne l’imbroglio del meccanismo della ‘spesa storica’
collegata al Federalismo: le regioni che avevano speso di più, quelle del Nord,
magari con scandali come quello della Sanità privata in Lombardia, ripianato
dallo Stato, avrebbero potuto continuare a scialacquare. Le povere regioni del
Sud avrebbero dovuto rassegnarsi a leccare la sarda. Ma attenzione: l’autore
della legge sul federalismo fiscale è quel Roberto Calderoli che per conto del
suo partito, la Lega Nord, portò a termine un’altra operazione inquietante:
quella legge elettorale da lui stesso definita una porcata”.

La
linea di Giufà

E torniamo alla “linea di Giufà”: se dalla nascita della Repubblica a oggi abbiamo avuto sessantasei governi e ventinove presidenti del Consiglio, mentre la Germania, che usciva tagliata in due dalla guerra, ne ha avuti appena nove, il motivo è che l’elettorato del nostro Paese ondeggia tra assistenzialismo e tentativi di sviluppo. E questo perché il grande nodo del Mezzogiorno indicato da Mazzini non è mai stato sciolto. E con esso quello dei tanti piccoli Sud che si trovano in ogni parte d’Italia: le grandi periferie abbandonate.

L’economista Pietro Busetta

“Nelle ultime elezioni politiche – ricorda l’economista Pietro
Busetta –, il grande voto popolare meridionale per il Movimento cinque stelle era
un messaggio chiaro alla classe politica nordcentrica: ‘O mi sviluppi o mi
mantieni’. Certo, con l’assistenzialismo non si va da nessuna parte e non va
sprecata l’opportunità del Recovery: con quei fondi si può davvero pensare a
investimenti per uno sviluppo del Mezzogiorno”.

SuperMario e il
Mezzogiorno

Sono in tanti a chiedersi se questa epocale missione possa essere compiuta da colui il quale è stato ribattezzato SuperMario per aver fatto, al culmine della crisi del debito sovrano europeo, “Tutto il necessario” per salvare la moneta unica. Magari con il supporto di quel Sergio Mattarella che, con Draghi, è l’unico italiano unanimemente apprezzato fuori dall’Italia.

“In Sicilia – sottolinea Fleres – ci auguriamo che Draghi faccia
tutto il necessario per riequilibrare il Paese nelle infrastrutture e nei
servizi, pensando soprattutto ai nostri giovani costretti a emigrare per
trovare lavoro. Nell’agosto scorso, durante il Meeting di Rimini, proprio sui
sussidi ha detto: ‘finiranno e resterà la mancanza di una qualificazione
professionale’. Bisogna dunque percorrere la strada maestra dello sviluppo del
Mezzogiorno”.

Il “Razzismo
geografico”

E la prima questione da porre a Draghi, secondo l’editoralista della Gazzetta del Mezzogiorno di Bari, Lino Patruno, è quella del “Razzismo geografico”.

L’editorialista della Gazzetta del Mezzogiorno Lino Patruno

“Da vent’anni – spiega – l’Italia non cresce, sotto il
profilo economico. O perlomeno cresce, a stento, soltanto una sua parte: il
nord. Adesso il Recovery darà la possibilità di una crescita globale del Paese,
sempre che, seguendo l’indicazione di Ursula Von der Leyen e dell’Europa,
l’Italia destini al Sud una percentuale vicina al settanta per cento dei 209
miliardi concessi”.

La denuncia di
Cateno De Luca

Invece, prima che Draghi ricevesse l’incarico, il sindaco di
Messina Cateno De Luca aveva puntato l’indice contro il Governo Conte:
“solo il trentaquattro per cento andrà al Sud”. E il meridionalista
Pino Aprile, collegato con Messina, aveva spiegato come, per di più, “di ogni
somma che arriva al Sud, il quarantuno per cento torna al Nord per la
dipendenza economica del Mezzogiorno dal Settentrione”.

Le lobbies, anche politiche, del nord, sono agguerritissime: e
secondo alcuni è per questo che Draghi riceve, per ora, tanti consensi.

Il motivo, spiega Patruno, sta nel fatto che “anche nella distribuzione
dei fondi del Recovery, la ‘locomotiva del Nord’ vorrebbe continuare a essere
preferita a scapito del Sud”.

“La classe dirigente settentrionale – conferma l’economista
Pietro Busetta – si fa cogliere spesso da crisi bulimiche”.

La favola dell’efficienza
del Nord

“E la favola che ci raccontano – gli fa eco Salvo Fleres – è
sempre quella dell’efficienza delle regioni del nord, infranta peraltro
dall’impatto con il covid e dai plateali fallimenti, solo per fare un esempio,
del governatore leghista della Lombardia Attilio Fontana e del suo pupillo
Giulio Gallera. Salvini lo ha difeso a muso duro fin quando ha potuto. Poi è
stato costretto a mollarlo”.

La “locomotiva”, dunque, è sempre affamata di denaro,
“e che importa se – aggiunge Patruno -, in aperta violazione della nostra
Costituzione, continueranno a mancare al Sud asili nido, treni veloci,
ospedali, scuole, università, condizioni per intraprendere”.

Draghi si faccia una passeggiata al Sud

Mario Draghi al Quirinale

E poiché, nell’affrontare questa nuova (o eterna?) “questione
meridionale”, Draghi dovrà, come diceva Luigi Einaudi, “prima di
tutto conoscere, poi discutere, poi deliberare”, l’invito di del
giornalista pugliese è di venire a vedere con i propri occhi quale sia la
situazione del Sud: “Si faccia una passeggiata là dove ci sono tutte le
risposte ai problemi del Paese”.

Da Conte nessun
piano per il Sud

Un suggerimento condiviso anche da Busetta, che però aggiunge
l’invito a “non parlare al manovratore”.

E sottolinea: “Siamo già in ritardo, perché, al di là di
confusi accenni a turismo e agricoltura, Conte non aveva messo a punto alcun
piano di sviluppo per il Sud. Quindi, visto che dovrà ripartire da zero,
lasciamo lavorare Draghi, che ha troppa esperienza per commettere errori, sulla
ripartizione degli investimenti del Recovery per il Mezzogiorno e per l’Italia.
Poi, sul suo progetto, discuteremo”.

Busetta si limita a ricordare l’esigenza di “un nuovo posizionamento dell’Italia sullo scacchiere del Mediterraneo sfruttando i porti commerciali della Sicilia, come Palermo, Augusta, Porto Empedocle, che devono essere messi in condizioni di competere con Tangeri e Rotterdam ridisegnando la mappa dei commerci a favore del nostro Paese”.

Il progetto per il porto di Palermo

Sicilia piattaforma
logistica del Mediterraneo

Anche Fleres parla di “rendere il territorio meridionale una
piattaforma, nel Mediterraneo, funzionale per l’Italia e per l’Europa, capace
di intercettare operativamente i flussi del grande traffico internazionale
delle merci che con il raddoppiato canale di Suez si dirige verso l’Atlantico”.

“E rilanciare la piattaforma logistica del Mediterraneo – aggiunge
il presidente de Le Api Andrea Piraino – consente di utilizzare quelli che probabilmente
sono gli unici fattori economici capaci di determinare una grande espansione
del Pil italiano”.

Potenziare le
Zone economiche speciali

“Occorre – aggiunge Busetta – potenziare in modo assoluto le
Zone economiche speciali, partite nel Mezzogiorno ma non ancora nella nostra
Isola. Servono una vera alta velocità e ovviamente l’attraversamento stabile
dello Stretto di Messina”.

Già, il Ponte, un sogno legato a doppio filo con quello dello
sviluppo del Mezzogiorno, perché, come afferma Fleres, “collegherebbe la
Sicilia, quindi il cuore del Mediterraneo, alle reti stradali e ferroviarie
europee, completando il corridoio Berlino-Palermo”.

E questo lo si potrà ottenere soltanto con le infrastrutture, “utili
– ricorda Busetta – anche a potenziare seriamente il turismo”.

“Inoltre – aggiunge – riusciremo ad attrarre investimenti
dall’estero se potenzieremo la sicurezza nelle Zes, a diminuiremo la tassazione
per le imprese che assumono e avvieremo un cuneo fiscale non
generalizzato”.

Novecentomila
posti di lavoro in Sicilia

“L’Europa – sottolinea Busetta – con l’operazione Recovery ci sta chiedendo
di eliminare le disparità tra Sud e Nord Italia. In Sicilia ci servono novecentomila
posti di lavoro per metterci al pari del Nord e superare la politica dei bonus
e degli aiutini”.

“Nel settore logistico – conferma Piraino – il numero di posti di lavoro che potrebbero nascere è nell’ordine delle centinaia di migliaia, a cui si aggiungerebbe l’insediamento manifatturiero per la trasformazione di materie prime e semi lavorati che richiamerebbe grandi investimenti da tutta Europa”.

Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea

“Se l’Ue – conclude Busetta – sta mettendo a disposizione
dell’Italia fondi ben più cospicui rispetto a quelli di altri Paesi, è proprio
per consentire di superare, in cinque anni, questo gap. Lasciamo dunque lavorare
Draghi e da Siciliani e da uomini del Sud facciamo la nostra parte”.

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