Migranti, più che un’emergenza ormai è un esodo - QdS

Migranti, più che un’emergenza ormai è un esodo

Ivana Zimbone

Migranti, più che un’emergenza ormai è un esodo

giovedì 13 Aprile 2023

Gestione confusa dentro e fuori i confini nazionali. Finora inutile il dialogo con i Paesi nordafricani. E così gli sbarchi continuano e si sono già quadruplicati.

ROMA – Stato di emergenza. Così il Governo guidato da Giorgia Meloni ha deciso di fronteggiare il fenomeno delle migrazioni. In particolare, come reso noto nella giornata di lunedì, il Consiglio dei ministri ha esaminato i dati presentati dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi in relazione al forte incremento dei flussi migratori verso l’Italia registrato nell’anno in corso, che sta determinando situazioni di gravissimo sovraffollamento nei centri di prima accoglienza e, in particolare, presso l’hotspot di Lampedusa.

“Da tali dati – hanno spiegato da Palazzo Chigi – consegue la necessità di provvedere con urgenza all’attuazione di misure straordinarie per decongestionare l’hotspot di Lampedusa e per realizzare nuove strutture, adeguate sia alle esigenze di accoglienza sia a quelle di riconoscimento e rimpatrio dei migranti che non hanno i requisiti per la permanenza sul territorio nazionale”.

Su proposta del ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare Nello Musumeci, il Cdm ha pertanto deliberato la dichiarazione dello stato di emergenza sull’intero territorio nazionale per sei mesi e stanziato cinque milioni di euro per l’attuazione degli interventi urgenti, a valere sul Fondo per le emergenze nazionali. Una decisione, come affermato dalla premier Giorgia Meloni, presa “per dare risposte più efficaci e tempestive alla gestione dei flussi”.

Ma intanto, mentre si fatica per svuotare gli hotspot come quello di Lampedusa, gli sbarchi continuano: soltanto ieri circa settecento persone sono sbarcate a Catania.

Migranti, i numeri

I numeri, insomma, non lasciano spazio alle interpretazioni: raffrontando i primi tre mesi di quest’anno con il 2022, gli arrivi sulle coste italiane si sono quadruplicati. Parliamo di 27.280 persone contro le 6.832 di dodici mesi prima. E con questi dati crescono anche quelli delle morti in mare. Dopo la strage di Cutro e il cordoglio espresso dalle istituzioni, altri trenta migranti sono morti in acque Sar libiche, con l’ormai solito rimbalzo di responsabilità tra chi quelle persone avrebbe dovuto tentare di salvarle.

Intanto, il Governo punta a limitare il fenomeno moltiplicando gli accordi atti a controllare le frontiere, affinché si impedisca fisicamente ai disperati di raggiungere il Vecchio Continente. Dopo il potenziamento dell’accordo Italia-Libia e il Decreto Ong (1/2023), finalizzato a ridurre le capacità delle organizzazioni di compiere salvataggi in mare, il ministro Matteo Piantedosi si è recato in Costa d’Avorio per finanziare il progetto Civit-Oim. E con il Decreto Cutro (20/2023) sono state modificate le procedure per la protezione speciale che sostituisce la protezione umanitaria. A chi sceglie il “rimpatrio volontario assistito” l’Italia consegna soldi in contanti.

Il provvedimento in questione, non ancora convertito in legge, deve paradossalmente il suo nome alla tragedia avvenuta sulle coste calabresi e limita ulteriormente i criteri per la protezione speciale, introdotta dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini in abrogazione della protezione umanitaria. Si abrogano di fatto le concessioni introdotte dall’ex ministro Luciana Lamorgese e si elimina, per esempio, il diritto alla vita privata e familiare dai criteri per il divieto di espulsione. Quest’ultima, tuttavia, è solo un atto amministrativo che quasi mai si conclude con l’effettivo rimpatrio. Basti pensare che nel 2021 le decisioni di rimpatrio sono state 25.451, mentre i rimpatri effettivi soltanto 3.838. In questo quadro il Belpaese punta pure ad ampliare la rete dei Centri di permanenza per il rimpatrio e promette di offrire ai cittadini di Paesi terzi che “decidessero” di far ritorno “a casa” una sorta di buona uscita: counselling pre-partenza, biglietto di ritorno, soldi in contanti per gli spostamenti da consegnare poco prima del viaggio, contributo economico per beni e servizi spendibili solo nel Paese di provenienza.

Si tratta di emergenza?

Ma davvero in Italia l’immigrazione è paragonabile a un’emergenza? Secondo i dati Eurostat, i cittadini non comunitari regolarmente presenti nel mondo (aggiornamento al 1° gennaio 2022) non vedono il primato europeo: l’Asia ne ha ben 1.109.331; l’Africa ne ha 1.085.572; l’Europa 986.574. Circa i richiedenti asilo in Europa, secondo i dati aggiornati ad agosto 2022, l’Italia è l’ultimo dei maggiori Paesi Ue, con meno di 44 mila unità. Al primo posto si trova la Germania, con un totale di 116 mila richiedenti asilo, al secondo la Francia (con poco meno di 83mila) e al terzo la Spagna (circa 74mila). Inoltre, tra il 2012 e il 2021 la Germania ha ricevuto quasi 2,3 milioni di richieste, la Francia ne ha ricevute circa 863 mila, l’Italia appena 592 mila. Se si rapporta il numero di richiedenti asilo alla popolazione residente, l’Italia è in 15esima posizione nell’Ue: un richiedente ogni cento persone residenti.

Il ministro dell’Interno Piantedosi ha recentemente affermato che “Calabria e Sicilia non possono diventare il campo profughi d’Europa”. Ma i dati suggeriscono che i richiedenti asilo si stanzino soprattutto nelle regioni italiane più ricche: Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte. È bene poi ricordare anche un altro dato: sommando i dati di tutto il 2021 e del 2022 sono sbarcate nel nostro Paese 172mila persone; gli ucraini che a seguito della guerra con la Russia sono stati accolti all’interno dei confini italiani, secondo dati Anci, sono stati 173mila.

Tra dovere costituzionale di assistere chi è in difficoltà e volontà politica di arginare i flussi migratori, abbiamo chiesto a Salvatore Zappalà, docente di Diritto internazionale dell’Università di Catania, un commento ai provvedimenti adottati finora dal Governo in tema di migrazioni. “Le norme internazionali – afferma – da tempo immemorabile prevedono un obbligo di salvare la vita alle persone che si trovano a rischio in mare. Naturalmente quelle norme non avevano come oggetto il tema delle migrazioni, che pongono problemi di tipo radicalmente diverso e in cui entrano in gioco altre logiche. Tuttavia, non vi è dubbio sul fatto che le persone su un’imbarcazione che si trovino in situazione di pericolo devono essere prese in considerazione in quanto persone, non in quanto migranti. La questione dell’ammissione e dell’allontanamento degli stranieri dal territorio dello Stato è un problema di tipo diverso”.

Quindi, torna prepotentemente d’attualità il ruolo delle Ong. “Non credo sia ipotizzabile – aggiunge Zappalà – e forse non è nemmeno giusto, pensare di fare a meno della società civile organizzata, visto che le Ong sono un’etichetta generale dietro cui stanno tante diverse organizzazioni. È anzi un fatto positivo che le associazioni siano coinvolte, ma certo questo non deve essere una ‘scusa’ per le istituzioni per non fare la loro parte. Dev’esserci una strategia Ue, non ci sono dubbi. La difficoltà è proprio nel trovare i giusti equilibri che permettano di sviluppare tale strategia comune”.

Roberto Ammatuna, sindaco di Pozzallo: “Fenomeno sottovalutato da tutti”

Tra i centri da sempre in prima linea sul fronte delle migrazioni c’è anche Pozzallo, la cui Amministrazione comunale, retta dal sindaco Roberto Ammatuna, chiede da tempo maggiore supporto da parte dei Governi nazionale e regionale. E in questo senso, non le manda certo a dire, definendo senza mezzi termini la dichiarazione dello Stato di emergenza “pannicello caldo”, una “misura spot” che “non serve assolutamente a nulla”.

Sindaco, qual è la situazione a Pozzallo?
“La stessa di sempre, perché uguale è l’atteggiamento del governo nei confronti dell’immigrazione. Il fenomeno è stato colpevolmente sottovalutato da tutti i Governi. Ma se quelli di centrosinistra hanno mantenuto una cultura più umana, per esempio rispondendo alla strage di Lampedusa con Mare Nostrum e Missione Sofia, quelli di centrodestra lo fanno a tutt’oggi in maniera rozza e razzista, incrementando insicurezza e illegalità. Oggi i migranti, quando non muoiono in mare, rimangono per settimane bloccati negli hotspot. Dopo, senza alcuna protezione speciale, possono soltanto ‘sperare’ di riuscire a vivere come clandestini, magari grazie a piccoli lavori. In passato questo non accadeva. A Pozzallo, per esempio, abbiamo un centro Sai con tanti giovani che vanno a scuola e lavorano, portando avanti con responsabilità il loro percorso di integrazione”.

Il Governo ha risposto alla tragedia di Cutro con un decreto omonimo. Lei che ne pensa?
“Un decreto che promette pene esemplari per gli scafisti, che non paiono così spaventati, ma riduce drasticamente le possibilità di ottenere la protezione speciale da parte dei migranti, senza alcuna comprensione della drammaticità del problema. Si tratta di un ulteriore atto di disumanità. Lo dimostra il fatto che nell’ultima Finanziaria non c’è stato un solo rigo dedicato al fenomeno, nonostante venga detto che si tratti di un’emergenza”.

Quindi non ritiene che l’immigrazione sia un’emergenza?
“Da medico posso affermare che l’emergenza è caratterizzata dall’immediatezza di una circostanza sopravvenuta all’improvviso. L’immigrazione, al contrario, è un fenomeno sempre esistito, un problema strutturale che cresce e decresce ciclicamente pure in funzione del contesto geopolitico. La Libia, per esempio, è ormai controllata da Russia e Turchia, che utilizzano i migranti come strumento di pressione nei confronti dell’Occidente”.

A tal proposito, il Governo ha rinnovato il Memorandum Italia-Libia, siglato un nuovo accordo con la Costa d’Avorio per limitare il fenomeno e vuole promuoverne altri. Ritiene questa strategia efficace?
“Un mese fa circa ho incontrato il ministro Piantedosi, ma è da tempo che i rapporti tra Comuni e ministero dell’Interno non esistono più. Questo dimostra come il Governo sia in uno stato confusionale e non sappia come affrontare la questione. Basti pensare che, fino a poche settimane fa, la presidente del Consiglio Meloni si diceva contenta per aver consegnato altre motovedette ai libici, mentre proprio i libici sequestravano un peschereccio di Pozzallo. E poi, mentre nelle acque Sar libiche annegavano altri trenta migranti, Meloni manifestava soddisfazione per l’intesa sull’immigrazione ottenuta con l’Europa. In realtà, in Europa si era deciso di rinviare ancora una volta la questione. Mi pare si utilizzi l’argomento soltanto per propaganda politica, per mancanza di argomenti e per distogliere l’attenzione dall’incapacità del Governo di affrontare i veri problemi del nostro Paese e di utilizzare il Pnrr”.

In questo quadro, come si sta muovendo la Regione Siciliana?
“La Regione Siciliana è la bella addormentata nel bosco. La Giunta finge che l’immigrazione non esista, non sostiene i Comuni che affrontano il fenomeno e, nell’ultimo bilancio, non ha finanziato alcuna iniziativa nel merito”.

Cosa crede si debba fare per affrontare in modo efficace il tema dei migranti?
“Bisogna lasciare in pace le Ong, unico aiuto paragovernativo nel soccorso in mare, viste le mancanze dell’Italia e dell’intera Europa. E poi serve una missione europea, una politica estera che affronti non tanto il controllo delle coste, quanto le questioni economiche del Nord Africa e delle altre aree povere. Non esistono altre strade. All’interno del nostro Paese, poi, servono piccole comunità di accoglienza diffuse sul territorio, soluzione per una vera integrazione. Ma mi pare si preferisca alimentare l’assurda paura del diverso, considerando tale soltanto chi proviene dalle zone povere e non chi viene dall’Ucraina, giustamente accolto a braccia aperte”.

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